Sotto il Campanile 1 marzo 2020

Pubblicato giorno 28 febbraio 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

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Domenica I di Quaresima
01 Marzo 2020 – Foglio n. 102
Con Gesù nel deserto

Incomincia la Quaresima, il periodo dell’anno più ricco di grazia, che porta alla Pasqua di resurrezione. Si parte spesso con l’anima stanca, distratta, intontita, qualche volta persino piena di rimorsi, per giungere alla luce, alla gioia, alla rinascita dello spirito, alla libertà. La mia esortazione è di affrontare senza incertezza e con decisione questo tempo di salvezza, ascoltando l’invito del profeta Isaia: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio” (58, …).
E’ utile progettare qualche forma di digiuno, un po’ di preghiera quotidiana, semplice e spontanea, che apra a Dio e al suo mistero d’amore. Astenersi da un pasto non è difficile. Costa molto di più rinunciare al lusso dello spreco e del superfluo, allontanarsi dall’ingordigia, dal sopruso, dalla smania dell’accaparramento. Più che non sedersi a mensa … , aggiungere un posto a tavola. Anziché non toccare il pane … , condividerlo con chi vive situazioni penose, come i disoccupati, gli stranieri abbandonati a se stessi, senza fissa dimora, i disperati che ci stanno intorno.
È conveniente rinnovare i rapporti con le persone, riscoprendone il volto, l’amicizia, facendo la pace, compiendo gesti di riconciliazione. Con la famiglia, con i colleghi, con il prossimo, con i poveri, con la vita, con la storia, con la geografia della città e – perché no? … – con Dio, con la Chiesa. Instaurare una legame più profondo, totale, gioioso. Dolcissimo. Non come certe medicine che lasciano sempre un fondo d’amaro.
Sento di far mie le parole di don Tonino Bello: “Lasciamo la doppia vita, le disonestà private, gli intrallazzi occulti. Abbandoniamo gli intrighi, le manipolazioni della verità, le ipocrisie di un perbenismo di facciata. Torniamo ad essere uomini limpidi. Innamoriamoci delle trasparenze. Rinnoviamoci interiormente con decisioni radicali, profonde, che diano cadenze nuove alla nostra povera vita”.
È tempo di stare con Gesù nel deserto. Il luogo del silenzio, della solitudine, della paura, dell’arsura e dell’aridità, del buio assoluto, dove venti impetuosi gettano sabbia negli occhi, accecano, disorientano. Qui Dio ci aspetta per parlare al nostro cuore di uomini, riempirlo di fiducia, imprimere nella sabbia le orme della sua volontà, piena di amore, riprendere sotto la sua guida il cammino verso l’alto, la libertà, la comunione, che abbatte ogni muro e ci rende fratelli.

Nel deserto Gesù, affamato e assetato di Dio, ha ritrovato il Padre. Vi è giunto non per restarvi,
scappando lontano dalla gente, ma per attraversarlo e uscirne rinnovato nella volontà di essere il
Figlio, il Servo di Jahwè, Colui che avrebbe preso sulle spalle il male del mondo, per vincerlo con
l’amore. La nostra Quaresima è un viaggio verso l’Oreb, il monte di Dio, alla ricerca del suo vero
volto, che trascende le immagini inventate da noi, per contemplarlo così come gli è.
Aiutaci, Gesù, ad affrontare questo rischio, come hai fatto tu! Donaci il coraggio di entrare nella
logica della “nudità”. Il deserto spoglia, riduce all’essenziale, ti fa sentire povero, come una bisaccia
vuota. E’ un messaggio che devo comunicare ai genitori che non riescono più a convivere,
perché gonfi di sé: nessuno vuole sottomettersi all’altro e hanno ormai deciso di separarsi. Vorrei
spiegarlo anche a chi fa pesare troppo la sua bravura e non lascia mai spazio a nessuno. E vorrei
portarlo anche ai cristiani della comunità, al cui interno ci si frantuma spesso per problemi di
prestigio ed è più facile rinunciare alla ricchezza dei beni che a quella del proprio punto di vista.
E sarebbe opportuno che vi meditassero anche i responsabili della cosa pubblica, perché oggi è
facile parlare di casa comune, ma non si farà mai senza l’umiltà dell’ascolto, con la presunzione
di comandare e non di servire, dimenticando i poveri ai quali è proibito entrare.
Donaci, o Signore, di ascoltare la voce del deserto che parla di alleanza e di amicizia, non di
dominio, di sopraffazione, di potenza, di sopruso, di indifferenza, di omologazione. Anche Jahwè
ai tempi dell’Esodo è sceso a patti con i figli d’Israele e ne ha fatto un popolo di uomini liberi e
uguali. Oggi siamo spettatori di una drammatica fuga di esseri umani alla deriva. Vengono dai
Sud della terra. Alcuni hanno la tua stessa carnagione e ti assomigliano. Invadono le nostre
città. Dormono sotto i ponti, agli angoli delle strade, dove capita. Senza itinerari, senza progetti.
Ce li troviamo alla stazione, nelle fiere, sotto casa, ai parcheggi: con le stuoie colme di collane
invendute e con gli occhi allagati di malinconia. Che cosa ha guadagnato oggi Said? Dove andrà
a mangiare Rashid stasera? Quando qualcuno darà ad Abdullah un lavoro dignitoso? E chi assumerà
Michele a 52 anni compiuti? Che ce ne importa? Razzisti proprio non siamo, e neanche
intolleranti, ma i poveri ci fanno paura. Gesù, abbiamo bisogno di te! Un giorno anche tu hai avuto
sete e ti sei rivolto ai soldati, che ti hanno dato una spugna di aceto. Ma quella volta, innalzato
sul monte, attirasti tutti a te.

Donaci infine, Signore, il coraggio di affidarci a te, di lasciarci guidare dal tuo amore. “Lampada
per i miei passi è la tua parola e luce sul mio cammino” (Sal 119, 105). Nel deserto parla solo
la voce del vento. La tua è più sottile e penetrante. Tu sei amicizia, vicinanza, misericordia. Ci
vuoi felici, esuberanti di vita, uniti in fraternità. Concedici, Signore, di giungere alla Pasqua e di
adorarti, finalmente, in spirito e verità.

don Franco Colombini