Consacrazione

 

CARISSIMI AMICI/E,martedì 4 marzo 2015 è stato redatto il verbale di fine lavori della nuova chiesa. Oggi negli uffici della Curia Diocesana la Parrocchia e l’Impresa hanno raggiunto l’accordo sull’ultimo Sal. Mancano alcuni ritocchi, deve essere ancora richiesta l’agibilità al Comune, ma con questo atto abbiamo terminato. Adesso non vedo l’ora che venga l’Arcivescovo per la consacrazione. Prima di chiudere questa lunga giornata, voglio comunicarvi alcuni miei sentimenti.1.      Sono convinto che la nuova chiesa sia un dono, una grazia, ottenuta per intercessione di Santa Gianna Beretta Molla. La strada è stata tutta in salita. Per niente facile. In alcuni momenti ho temuto che si fallisse. La crisi ci ha giocato dentro alla grande, facendo tremare le Imprese. Qualcuna ha chiuso, altre hanno perseverato stringendo i denti. Abbiamo camminato tra diffidenze e paure. Ad ogni curva ci attendeva un ostacolo. Quando la vetta sembrava vicina, un nuovo dosso scosceso si presentava improvviso e la allontanava. Tante volte sono stato tentato di tornare indietro estenuato! Senza l’aiuto del Signore e dei suoi Santi non ce l’avremmo mai fatta. Ora abbiamo una nuova casa, dove Gesù ci incontra e sta con noi. Vi invito ad accoglierla con fede, rispetto, stupore, venerazione, gratitudine. In queste pietre bianche appare la tenacia e la bellezza di Dio che ci ama e ci parla.

2.      Ho avuto vicino molte persone, insostituibili per la competenza e la professionalità. Mi sono state di grande aiuto. Incontri, riunioni, calcoli, preventivi, programmi, telefonate, sopralluoghi, discussioni, tempo … , tanto tempo dedicato a questa chiesa, nella quale hanno creduto. Ora che è finita, mi sento come una formica davanti a un grattacielo e canto con stupore: “Ricordiamo, Dio, la tua misericordia dentro il tuo tempio” (Sal 47, 10). Dopo la lode al Signore, dico un grazie sincero ai membri della Commissione per gli Affari Economici della Parrocchia, ai professionisti dell’Ufficio Tecnico e Amministrativo della Diocesi. Sono stati bravi, ottimi collaboratori. Hanno perseverato convinti, senza cedimenti, nonostante il logorio, la fatica, la stanchezza, le incomprensioni, la salute cagionevole, gioiosi di lavorare per il Signore e la sua Chiesa. Dire “grazie” è poco, ma lo faccio con l’abbondanza del cuore a nome della comunità, perché hanno realizzato qualcosa di bello per tutti. Vorrei abbracciarli ad uno ad uno in nome di Dio. Grazie!

3.      I parrocchiani hanno seguito i lavori con attenzione, affetto, attesa. Volevano la chiesa subito. Non è mai venuto meno il loro sostegno economico. Un vero miracolo! Quando arrivai parroco a Trezzano il 14 settembre 1997 trovai come disponibilità finanziarie un debito di cinquecento milioni di lire per la Casa Parrocchiale appena rifatta. È stato pagato. Subito dopo fu costruito il Centro Parrocchiale, venne restaurata e consolidata la vecchia chiesa e si apri il cantiere per edificare quella nuova. La Provvidenza ha fatto tutto questo. Non abbiamo conti in banca. Ma quando i soldi servono, ci sono. Ai tempi del profeta Elia la vedova di Zarepta di Sidone ogni giorno trovava nell’orcio una goccia d’olio per impastare una focaccia di pane. Le tante briciole di generosità hanno permesso grandi opere, pietra dopo pietra. Dico grazie alla Conferenza Episcopale Italiana per il contributo dell’otto per mille. Sono riconoscente ad ogni persona che ha dato con cuore, in silenzio.  Ringrazio la comunità per aver tirato fuori le risorse necessarie dalla vita quotidiana. Non ho sciupato niente. Ho accolto ogni centesimo con responsabilità. Vengo da un’umile famiglia di operai, che si è fatta col duro lavoro e i sacrifici. Mia nonna diceva: “Dando i pugni alla bocca”. Il prestito ricevuto dalle Banche è elevato, ma lo restituiremo.

4.      La nostra chiesa è bella, dignitosa, non lussuosa. È fatta di pietra, cemento, legno. Una Croce. In essa si sta bene. È calda. È stato difficile rispettare il piano economico. I tempi prolungati, le difficoltà delle Imprese e degli artigiani hanno elevato i costi non da poco. Nonostante i grattacapi che ci hanno dato, li ringrazio per aver tenuto duro, soprattutto esprimo riconoscenza alla DL Studio Quattroassciati, agli Ingegneri Giampiero Ajani e Bruno Salesi, alla Sicurezza Geometra Federico Belli, alla Ditta degli arredi sacri Camillo Remuzzi, all’Impresa Meraviglia, che ha avuto l’appalto. Sono contento di aver dato lavoro a muratori, scalpellini, falegnami, marmisti, carpentieri, fabbri, impiantisti, giardinieri, tecnici, piastrellisti, liberi professionisti … , padri di famiglia che hanno portato a casa il pane quotidiano guadagnato col sudore della fronte. Quando vedo in Caritas il corteo di chi viene a chiedere aiuto per essere stato licenziato o non avere un’occupazione, mi rendo conto che aver tenuto aperto un cantiere in tempo di crisi è stato un atto di carità cristiana e di fiducia sociale.  Di questo sono fiero e ringrazio Dio per la sua bontà senza confini.

5.      Porto nel cuore un sogno. Dopo l’oratorio e la chiesa, mi piacerebbe costruire una casa della carità, dove distribuire cibo a chi ha fame, ospitare i diversamente abili, gli anziani soli, i più fragili e deboli della comunità – anche chi ha sbagliato e sta riparando il male commesso – , perché continuino a ricevere amore e vivere come in famiglia. Non so se il Signore me lo permetterà. Glielo chiedo ogni giorno per terminare il mio compito.

6.      Sono devoto a Santa Gianna Beretta Molla. L’ho conosciuta da bambino. Mio papà lavorava alla Saffa, a Ponte Nuovo di Magenta, dove era direttore l’Ingegnere Pietro Molla, marito della Santa. Ne parlava bene. Diceva che era un galantuomo, aiutava la gente, soprattutto i suoi operai. Quando morì, abbiamo pianto. Io ero in seminario, facevo la prima media, l’ho adottata come seconda mamma per scoprire con lei la volontà di Dio, che mi avrebbe permesso di dire: “Ho amato fino alla fine”. Il Cardinale Tettamanzi volle dedicare a lei – mamma, sposa, medico, santa della terra lombarda – la nuova chiesa, Sono convinto che ci proteggerà dal cielo. Curerà il nostro cuore con l’esempio, la fede, l’abnegazione. Porterà la comunità a un cambiamento profondo, insegnandoci a mettere il Signore davanti a tutto per non lasciare indietro nessuno. Ci farà ripetere le sue stesse parole, votate al sacrificio supremo: “Se dovete scegliere tra me e il figlio, scegliete lui. Lo esigo!”. Per la Città sarà una rinascita, come nella notte di Pasqua, quando il Signore risorse e l’universo intero fu invaso da una nuova luce divina.

 

Nel primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco sono contento di aprire le porte di una nuova casa a tutti coloro che sono affamati di Dio e invocano il pane quotidiano. La profezia del Deuteronomio oggi si avvera: “Cercherete il Signore vostro Dio nella sua dimora, nel luogo che avrà scelto fra tutte le vostre tribù, per stabilirvi il suo nome; là andrete” (Deut 12, 5) .

Voi siete miei amici” (Gv 15, 14), vi dico con Gesù. Vi ho aperto il cuore, perché la mia e vostra gioia sia piena.

Con affetto.

Il vostro Parroco

don Franco Colombini

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25.04.2015
«Oggi la fede degli Apostoli ci ha convocato qui. In ogni pietra di questo edificio palpita la nostra Comunità. Siamo tante persone diverse, ma una sola famiglia e ci vogliamo bene. Le chiediamo di santificarci con la preghiera e di farci divenire pietre vive, un edificio di carne, come lo fu santa Gianna Beretta Molla». Davvero, attraverso le parole di benvenuto del parroco, don Franco Colombini, è la chiesa di pietre e marmo, bella e dalle moderne linee eleganti, ma soprattutto la chiesa che vive, a farsi presente, quando il cardinale Scola arriva in questo angolo di Trezzano sul Naviglio, zona sesta della Diocesi, tra i palazzi tipici delle periferie urbane e la grazia di un panorama tutto lombardo, qui non del tutto distrutto,
L’occasione è bella e importante – anzi unica – perché l’Arcivescovo presiede la liturgia della dedicazione della chiesa intitolata, appunto, a Santa Gianna Beretta Molla.
Il tempio è gremito: si apre la grande porta d’oro da cui il Cardinale entra accompagnato dai diciassette concelebranti, tra cui il vescovo ausiliare, don Luigi Stucchi, il vicario di Zona, don Piero Cresseri, il rettore del Santuario Diocesano della Famiglia, anch’esso dedicato a Santa Gianna, monsignor Paolo Masperi e il decano, don Luigi Caldera. Nelle prime file ci sono i tre figli della Santa, i nipoti, la sorella di Gianna, suor Virginia, le autorità con il sindaco Fabio Bottero.
La consegna simbolica della chiave del nuovo tempio, la benedizione dell’acqua al Battistero, con cui il Vescovo benedice il popolo, l’inaugurazione dell’ambone – mensa della Parola – segnano l’inizio di questa Celebrazione attesa dal 9 ottobre 2010, allorché la prima pietra dell’edificio fu posta dal cardinale Tettamanzi cui si deve anche la decisione di dedicarlo a Santa Gianna.
A tutti, molti i giovani e i piccoli, si rivolge l’Arcivescovo, che dice: «Questa straordinaria Celebrazione mi rende pieno di commozione per l’avvenimento di oggi che è di portata storica e da vivere anche con sacrificio, perché alla fine di questa Eucaristia la nostra gioia sia piena. Il Signore venuto tra noi, morto e risorto, è il fattore chiave, l’elemento decisivo della storia, indipendentemente da noi uomini che seppelliamo nella dimenticanza e nell’oblio questo grande dono».
Dalla dal Libro di Neémia, «che descrive qualcosa di molto simile a ciò che stiamo vivendo», è la prima consegna lasciata ai fedeli: «La potenza del Signore gioioso diventi la forza per entrare tutti i giorni nell’esperienza reale fatta anche di travaglio: pensiamo alla crisi economico finanziaria e a tragedie come il miliardo di persone che non hanno nemmeno il minimo per la sopravvivenza».
Realtà per cui Expo – si augura Scola – sia un’occasione, attraverso la riflessione del convegno che riunirà, il 19 maggio, le 164 Caritas di ogni parte del mondo aderenti a Caritas Intenationalis. L’esigenza è quella di creare vita buona anche a livello civile. «Cosa sarebbe la grande fascia della periferia, che deve ritrovare una sua dimensione e rilancio, se il beato Paolo VI non avesse voluto le chiese, questi luoghi di presenza articolata costruttrici di vita buona?», si chiede Scola.
«Questa periferia che aspetta ancora di essere coinvolta nella crescita di Milano, metropoli che deve essere degna di una straordinaria tradizione, chiede di essere tale tipo di costruttori», aggiunge.
Il pensiero è, allora, tutto per santa Gianna: «La santità non è qualcosa del passato, ma è uno stile possibile, che sempre che si può praticare nella quotidianità dell’esistenza, nella vita di tutti i giorni, ciò è necessario perché l’Europa rinasca. Il compito dei cristiani, perché l’Eucaristia sia una sorgente vitale, capace di attraversare la realtà, è comprendere, vivere e mostrare voglia dire la bellezza della nostra fede. Una donna, una madre, un medico, come Gianna, che ha capito il grande segreto dell’amore come sacrificio, ci permetta di fare “un salto di qualità”, affinché i giovani comprendano cosa significa amare, costruendo una famiglia nell’ottica della parentela che Gesù inaugura. Dobbiamo invocare da Lui la protezione su tutte le famiglie e le persone che qui vivono, dobbiamo mirare alla certezza che il Vangelo oggi ci ha dato. Nessuno andrà perduto: questo deve consolarci perché ognuno è tenuto nella mano del Padre».
Insomma, mettere in gioco i nostri rapporti in famiglia e nella società è l’augurio, prima della suggestiva liturgia di dedicazione – anche con il “fuoriprogramma” di un improvvisato canto etnico delle suore di colore “Ancelle del Santo Bambino Gesù” – , e dei tanti doni all’altare, tra cui una generosa offerta per chi si trova in difficoltà lavorativa.
«La storia della salvezza avviene oggi qui e ora, nelle periferie dove viviamo. Pensate che sono solo tre le nuove chiese in costruzione, perciò il dono che vi è stato fatto è veramente straordinario, ma le pietre vive siete voi e dovete portare questa bella esperienza di oggi nella vita, con un’attenzione specifica all’educazione dei giovani e alla famiglia come fattore costruttivo della Chiesa e della società». Perché, loro e tutti noi, in uno spirito di formazione reciproca e crescita culturale – «su cui occorre insistere continuamente» – si impari ad amare.