scarica —> sotto il campanile 6 Dicembre 2020
QUARTA DI AVVENTO
06 Dicembre 2020 – Foglio n. 128
Benedetto il Regno che viene (Mc 11, 10)
“Como una candelilla que se levava y que se adelantaba” (Come una piccola candela che si alzava e si agitava). Ho appena saputo che queste parole le ha pronunciate Cristoforo Colombo nella notte del 12 ottobre 1942, quando con le tre caravelle – la Nina, la Pinta e la Santa Maria – arrivò in prossimità del Nuovo Mondo.
Navigava da settimane senza mai scorgere un lembo di terra. Tempeste, vento, sole. Speranza, attesa, delusione. Un’aspra navigazione. Quella notte nel silenzio senza anima dell’oceano la bussola segnava il Polo Sud e i marinai, quasi tutti ex carcerati, volevano ammutinarsi, convinti di essere stati ingannati. Ad un tratto Colombo scorse dal ponte una luce da niente. Una fiammella, che ardeva, vacillava, si nascondeva, pareva spegnersi sotto la forza del vento, riappariva, riprendeva vigore. Forse un falò di una comunità indigena su una collina. Ma che colpo al cuore, nel buio, deve essere stata quella luce! Finalmente erano arrivati. Potevano mettere piede sulla terra ferma. Il sogno di una vita si avverava.
La società contemporanea ha un cuore che non ascolta più la voce di Dio e nemmeno quella dei profeti. Naviga in acque tempestose. Arroccata nelle proprie leggi, fatte su misura, vive nella sicurezza ostentata, che le viene dal potere, dalla ricchezza, accumulata nelle mani di pochi, dall’ingordigia di consumare cose e persone, calpestando la nobiltà dell’animo e la dignità. Non accetta confronti. Teme i cambiamenti. Veicola notizie e informazioni. Manipola i pensieri e le coscienze, lasciando l’illusione di essere liberi. Cambia i capricci in diritti. Chiama valori le sue debolezze. Rifiuta di vedere i disperati, i poveri, gli anziani, gli ammalati. Li considera un peso sociale, una zavorra che ostacola l’ascesa della ricchezza. Convinta di essere un modello di perfezione, sta asserragliata nella solitudine della sua autosufficienza. Nessun ripensamento sulla fragilità e sui limiti umani, nemmeno di fronte alla violenza di un virus che destabilizza, sparge angoscia, incertezza, lutti, sta mettendo in ginocchio l’economia del mondo. Abbiamo bisogno di vedere una luce, essere risvegliati da una voce forte che ci riscuota, ci riempia di entusiasmo, di fiducia. “Quando sarà estinto il tiranno e finita la devastazione, scomparso il distruttore della regione, allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia” (Is 16, 4b-5). Il profeta pronuncia una parola di grande speranza. Un annuncio che arriva al cuore. Il Signore viene a visitarci. Non saremo più soli.
Il Vangelo ci apre all’incontro con Gesù, in cammino verso Gerusalemme, la Città Santa, per dare compimento alla sua missione. Si ferma a Betfage, in periferia, luogo dove sorge il sole e la gente aspetta l’arrivo del Messia. È strano leggere l’inizio della Settimana Santa nel cuore dell’Avvento. Me lo sono chiesto le tante volte che sono stato a Betfage, un villaggio suggestivo, adagiato nel verde, ai piedi del Monte degli Ulivi, davanti alla Città di Gerusalemme, distesa in tutta la sua bellezza. Nella chiesetta francescana, che ricorda la Domenica delle Palme, pensai più volte al Natale, prima di andare pellegrino a Betlemme nei giorni successivi. Ai discepoli Gesù chiese di liberare, slegare: “Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina legata e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me” (Mc 11, 2). La missione dei discepoli di Cristo è andare nel mondo da chi è schiavo, oppresso, in catene, senza libertà, scioglierlo e condurlo al Signore, perché “ne ha bisogno” (Mc 11, 3).
Dalla vita ho imparato che prigioniero non è chi sta in carcere, ma chi ha perso il cuore, ignorando la verità di Dio che è Amore. Slegare è darsi da fare, cercare, entrare nelle disperazioni e nelle solitudini, incarnarsi nella storie della gente, farle proprie, servire, donarsi, restituire alla libertà, alla gioia del bene i figli che Dio ama, perché li vuole felici. In quella località c’era un’asina con il suo puledro. Un animale da fatica, utile solo per portare i pesi. La cavalcatura della gente semplice. “Ecco, a te viene il tuo re, egli è giusto e vittorioso” (Zac 9, 9). Una profezia disattesa perché andava contro gli ideali di vendetta e di riscatto. Gesù non volle entrare a Gerusalemme a cavallo da dominatore o su una mula come facevano i re. Si presentò povero e disarmato, “umile, seduto su un’asina e sopra un puledro figlio d’asina” (Zac 9, 9).
A Betfage come a Betlemme, il Figlio di Dio si fece solidale con gli ultimi. La folla reclamava un re forte, a cui sottomettersi, per scrollarsi di dosso l’infamia dell’Impero. Stendeva i mantelli, come usava fare con i sovrani. Lo acclamava. Gridava: “Osanna al Figlio di Davide!”. Inneggiava al grande re che con la sua potenza aveva portato unità e prestigio a Israele. Questo si aspettava. Quando si accorse che non era la via di Gesù, non seppe più che farsene. Lo abbandonò. La lode si trasformò in condanna: “Crocifiggilo”. A Betfage, come a Betlemme, Dio visitò il suo popolo rivestito di umiltà. Consolazione per i più poveri. Provocazione per i prepotenti. Gesù affrontò i poteri forti senza paura. Oggi ci sono tanti imperi che schiavizzano l’umanità. Sembrano eterni e onnipotenti. Operano nell’ombra con azioni subdole e velenose. Serve poco gridare e denunciare. Il discepolo di Gesù va loro incontro “disarmato”, ricco di fede, confidando in Dio. Non fugge. Non si tira indietro. Combatte con l’amore, l’unica forza che può vincere il male. È certo di riuscirci. Entra dove si decidono i destini degli uomini e dei popoli. Sta dentro, non fuori, nella Chiesa, nei mondi della politica, della finanza, del lavoro, dell’informazione, della cultura. Scuote e sconvolge la logica dei poteri, trasformandoli in forze di pace al servizio del bene comune e della giustizia. A Betfage e a Betlemme Gesù ha acceso quella “candelilla que se levava y que se adelantaba”, una fiammella, che annuncia la speranza di un mondo nuovo, come le nuvole dorate nel cielo limpido del mattino. Non ci rimane che ascoltare le parole profetiche di don Primo Mazzolari: “Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo, senza pretendere che altri si impegnino, con noi o per suo conto, come noi o in altro modo”. Così ha fatto Gesù. Solo contro tutti. Ed ha vinto. Benedetto Colui che viene.
don Franco Colombini