Sotto il Campanile 21 novembre 2021

Pubblicato giorno 20 novembre 2021 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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Seconda Domenica di Avvento
21 Novembre 2021 – Foglio n. 160
Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio (Mc 1, 1)

Oggi la voce di Giovanni il Battista si fa sentire forte e dalle rive del Giordano giunge sino a noi. Parla di un personaggio importante, straordinario, col quale prendere confidenza e familiarità. Annuncia un Vangelo senza calcoli e misure: Gesù Cristo, Figlio di Dio. Grida a un mondo distratto, indaffarato a difendere gli interessi conquistati nei secoli. Raggiunge la vita di tanti credenti, dove trapela stanchezza, confusione, scoraggiamento. Arriva in una Chiesa senza mordente, priva di entusiasmo, rassegnata, ferita, chiusa, come se avesse perso la forza degli inizi e la gioia di essere parte di una tradizione di santi e di martiri.
Ricordo una delle ultime lezioni di Terza Media. Appartenevo alla “famigerata Terza E”, una classe vivace, fuori dagli schemi, spavalda, ribelle, libera. Avevamo terminato di leggere i poemi omerici e il professore di Lettere ci chiese quale dei due ci fosse piaciuto di più: se l’Iliade o l’Odissea. Sembrava una domanda banale, invece la discussione si fece accesa, intensa, accaldata. I nostri animi di quattordicenni si riconoscevano in Ulisse. Il viaggio, l’avventura, il coraggio, i sogni, l’amore, la terra, … tutto di lui ci esaltava. Avevamo impresso nella memoria le sue parole rese immortali da Dante: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (Inf. XXVI, 117).
All’improvviso Felice alzò la mano. Era un compagno riservato, umile, con una sensibilità eccezionale, perspicace, brillante. Scriveva temi bellissimi. Lo ammiravo. Eravamo amici per la pelle. “Prof, disse, io preferisco l’Iliade. Ulisse nell’Odissea appare troppo perfetto, forte, astuto, sicuro di sé, vincente. Dell’Iliade mi è rimasto impresso l’incontro di Achille con Priamo, quando il re di Troia si recò nella sua tenda a supplicare il corpo del figlio Ettore, ucciso in combattimento. Una scena bellissima. I due nemici si trovarono faccia a faccia. Priamo si inginocchiò. Lo supplicò. Achille, il guerriero freddo e sanguinario, si commosse. Pensò al padre lontano. Lo rivide nel vecchio Priamo. I due piansero insieme. Divisi in guerra, uniti nel dolore, nell’umanità. Achille e Priamo mostrano la spaccatura che hanno dentro l’animo, la fragilità, il cuore. Io mi rivedo in loro”. Uno dei commenti più belli che abbia mai sentito.
Mi è venuta alla mente la riflessione di Felice leggendo le parole dell’evangelista Marco: “Viene dopo di me colui che è più forte di me, io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali”(Mc 1, 7). Dio! Da sempre l’uomo lo cerca. In ogni angolo e lembo di terra. Nelle profondità degli abissi e nell’immensità dei cieli. Negli spazi, nelle creature, nei sentimenti reconditi dell’animo. Supplica il suo aiuto nella solitudine e nelle ore più oscure del dolore. Invoca un senso, una ragione, un perché, una speranza, a cui affidarsi per non essere travolto e inghiottito dal nulla. Quante volte, non visto, prega e piange, avvolto dal silenzio, per non scivolare nell’oblio della morte. La parte più intima dell’animo nasconde la gioia della vita e il desiderio di non perderla mai. Un amore invincibile per tutto quello che vi è di bello e di grande invoca l’Eterno.
Ecco lo stupore, la meraviglia, l’inaudito! Il Verbo, “generato, non creato”, è apparso nella storia. Si è fatto toccare dalle sue creature. Ha superato qualsiasi limite di spazio e di tempo, fino a comprimersi nella carne di un uomo, chiamato Gesù. In Lui tutto si risolve, viene portato a pienezza e compimento. L’infinito, cercato da sempre, si è fatto presente e Dio ha mostrato il suo volto. La spaccatura, dove appare il divino. È lì che ci aspetta, ci viene incontro. Non vede l’ora di abbracciarci e stringerci a sé. Dice parole tanto attese dai cuori. Compie gesti invocati dalla speranza. Stringe un’amicizia che accende l’ardore della vita. Condivido e mi perdo nell’emozione del Leopardi, quando confida: “L’infinita bellezza … oltre la siepe”. Contemplare queste cose mi dà le vertigini.

“Io vi ho battezzati con acqua, ma Egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1, 8). “Dio è spirito” (Gv, 4, 24), ruah, vento”, potente fino alla violenza dell’uragano e della raffica che si eleva improvvisa dal nulla ed è aria gentile, imprevedibile, libera, affabile, intima, dispettosa. Se ne sente la carezza e rimane indomabile. Solleva in alto e disperde. È accompagnato dal freddo e dal caldo, porta il gelo, l’arsura, la pioggia, la siccità. Gioca, si diverte. Spegne le fiamme, fa divampare gli incendi. Giunge dal Nord e dal Sud. Arriva dal sorgere del sole e da dove tramonta. Si fa sentire inaspettato e di colpo svanisce. Compare in ritardo o anticipa i tempi. Inaccessibile la sua origine e la sua direzione. Delude l’attesa dei marinai, pronti a salpare, e interrompe la rotta scatenando la furia della tempesta. Soffia con voce incantevole e ulula come un lupo arrabbiato. Mi fa intuire qualcosa delle realtà più segrete e sublimi. Mi conduce alle altezze vertiginose del Mistero. Abbandonarsi a Dio e lasciarsi andare è volare nel vento con la leggerezza di un aquilone. Una esperienza indicibile di libertà, che mi fa gareggiare come un atleta desideroso di gloria e mai sazio di felicità. Il mondo intero non paga lo slancio della contemplazione e del cuore. Solo Dio basta!

I risultati di un’indagine, fatta in America, hanno rivelato che le persone, per raggiungere a piedi una destinazione, scelgono la strada che piace, non quella più breve o più veloce. Lo fanno senza pensarci, in modo istintivo, spontaneo. Gesù è la via più bella di tutte.

don Franco Colombini