Sotto il Campanile 3 Giugno

Pubblicato giorno 27 maggio 2018 - NOTIZIARIO

Domenica II dopo Pentecoste
03 Giugno 2018 – Foglio n. 38
Festa del Corpus Domini

 

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Nell’universo risplende la gloria di Dio. È opera delle sue mani. È la casa che ha costruito per noi, dove abitare di generazione in generazione. Dovunque ci giriamo vediamo le sue meraviglie, come ben dice San Paolo oggi nella Lettera scritta ai Romani: “Le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo, attraverso le opere da lui compiute” (Rom 1, 20). Quanti uomini e donne, guardando il cielo e le stelle, ascoltando la voce del mare, sentendosi accarezzati dalla mano del vento, hanno sentito il Signore vicino e hanno parlato con Lui, perdendosi nel suo Amore.
Anche Gesù ha invitato a guardare gli uccelli del cielo e i gigli del campo. Trovano il cibo, si vestono, crescono, splendidi nei loro colori. Dio li nutre. Nulla lascia mancare di quanto serve per vivere. Noi siamo suoi figli. Ci porta sul palmo della sua mano. Dimoriamo nel suo cuore di Padre. Non dobbiamo temere per il futuro. “Non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia … , il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12, 29-31). Dio ci vuole bene. Ci conosce nel profondo, ci vede e ci scruta. Sa quello che cerchiamo per essere felici e provvede. Affidandoci alle sue braccia misericordiose, toccheremo con mano quanto è grande e buono. Il “pane quotidiano” invocato non mancherà mai dalla nostra tavola, sempre imbandita, anzi sarà Lui il cibo che ci nutrirà e sazierà di gioia.

L’Eucaristia ci coinvolge nella carità di Gesù, che dona la vita, perché nessuno perda la propria. Un amore per sempre e fino alla fine. Gesù ci rende pane. La gioia più grande è essere mangiati da chiunque abbia fame e sete di felicità . “Il mio andare in Somalia è la risposta a una chiamata: Tu, Padre, hai tanto amato la Somalia da donare il tuo Figlio. E io ti dico con Lui: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, donato per la salvezza di tutti”. Così scriveva nel 2002, agli inizi della missione di pendolare tra Nairobi e Mogadiscio, Suor Leonella Sgorbati, la missionaria della Consolata, uccisa invocando il perdono per i suoi assassini, proclamata Beata nella Cattedrale di Piacenza sabato 26 maggio.

Teneva un diario spirituale. L’ultima annotazione è del 12 settembre 2006, pochi giorni prima di morire: “Tu, Signore, mi hai guidato come Tu hai ritenuto bene. Ti sono riconoscente per la tua guida …”. La frase non è terminata. Suor Leonella scriveva tra l’una e l’altra delle sue mille occupazioni. Fin da bambina era sempre stata in movimento. Mamma Teresa la prendeva in giro: “Sei così trafficona, che saresti dovuta nascere maschio”. Nessuno si sarebbe aspettato che Rosa Maria, nata il 9 dicembre 1940 sulle colline di Rezzanello, in provincia di Piacenza, un giorno sarebbe diventata Suora. A 10 anni si trasferì a Sesto San Giovanni. Frequentando l’oratorio della parrocchia S. Giuseppe scoprì il carisma del Beato Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata. A 16 anni decise di consacrasi al Signore servendo i poveri. Entrò nell’Istituto a 20 anni. Fece gli studi infermieristici a Londra e arrivò in Kenya nel 1970, dove passò 36 anni come insegnante, infermiera, ostetrica, facendo nascere oltre 4000 bambini.

Le fu chiesto di avviare una scuola per infermieri a Mogadiscio. Sfidando lo scetticismo di molti, riuscì a farla partire e ad ottenere il riconoscimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il successo dell’impresa fece crescere l’ostilità dei fondamentalisti, che non vedevano di buon occhio la suora passare tanto tempo con i giovani. Temevano ne approfittasse per fare proselitismo. Suor Leonella, invece, credeva nel dialogo tra fedi e culture. “Dove c’è paura, ripeteva, non c’è amore”.

Il 17 settembre 2006, mentre tornava a casa dopo le lezioni, fu investita da una raffica di mitra. Per proteggerla, trovò la morte Mohamed Mahamud, la sua guardia del corpo. Il cieco fanatismo mescolò insieme il sangue di una consacrata cristiana con quello di un padre di famiglia musulmano. Una profezia per i nostri tempi, come le ultime parole di Suor Leonella: “Perdono, perdono, perdono”. Stesa a terra davanti al cancello dell’ospedale pediatrico, colpita a morte, si accorse che la gente correva dietro a chi le aveva sparato. Ebbe la forza di sussurrare: “Non fate loro del male, sono solo due poveri ragazzi”. I suoi ragazzi … , quelli che ha amato facendosi dono – pane – per tutta la vita. Voleva che crescessero liberi e forti, impegnati nella ricostruzione della Somalia. Adesso nessuno li potrà fermare. Il chicco di grano, caduto per terra, porterà frutto. Il bene risorgerà con la giustizia e la pace. Il sogno di un mondo nuovo, riconciliato nella fraternità, continua.

don Franco Colombini