Buon Anno ! sotto il campanile 5 gennaio

Pubblicato giorno 1 gennaio 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

scarica ==> sotto il campanile 5 gennaio 2020

Domenica dopo l’Ottava del Natale

05 Gennaio 2019  – 

Foglio n. 94 Sono venuto a portare il lieto annuncio ai poveri

In questi giorni di festa, girando per le strade di Milano, mi è parso di trovarmi in una grande fiera, con luci ovunque, alberi esageratamente ricchi, stelle, pacchi di doni, pupazzi, striscioni, réclame, oggetti belli e bizzarri nelle vetrine. In alcuni luoghi ho visto finti presepi. Li chiamano “villaggi natalizi” con montagne, laghi, fiumiciattoli, giostrine, tetti imbiancati di neve, ma senza capanna con Gesù Bambino. Quanta ostentazione! Eppure dietro questa frenesia mi è sembrato di scorgere qualcosa del cuore umano, una verità confusa, soffocata da mille cose secondarie. Un residuo, un rimasuglio di ferita, o forse una domanda di chi cerca un po’ di calore, conforto, la pace interiore, la serenità dello spirito. Le luci accecanti, lo stordimento pubblicitario, le cose squinternate, a volte persino divertenti, non riescono a placare il disagio dell’animo, scaldare la vita, dare gioia. L’umanità attende un annuncio, aspetta di sentire il canto degli Angeli, spera di trovare un volto di Bambino da fissare – il volto di un “Iddio che ride come bimbo”, scriveva Ungaretti – ,

desidera incontrare una luce, che non ha nulla da vendere e non si spegne dopo la festa. Il Bambino e la stella, la mangiatoia e il cielo, il quotidiano e lo straordinario. Più rifletto e più mi colpisce la capacità del Natale di tenere insieme ciò che è piccolo con ciò che è immenso. Il Vangelo ci chiede di alzare lo sguardo verso la grande cometa, che annuncia la venuta del Salvatore, e poi di guardare in basso per incontrarlo in fasce, piccolo e indifeso, all’interno di una stalla. Può far girare la testa, lo so. Ma è questo il messaggio evangelico: esaltare i piccoli, prenderli a modello, accogliere le persone fragili, gli ultimi, gli invisibili, quelli che la società scarta e rifiuta. Le luci della grande città non devono oscurare i poveri, ma metterli bene in vista, perché tra loro troviamo il Figlio di Dio. L’Infinitamente Grande nell’infinitamente piccolo. Dio nell’uomo. L’esperienza dei Magi ce lo insegna. Dal lontano Oriente si misero in cammino per ottenere risposte all’inquietudine e alle domande che si portavano dentro. Cercavano una ragione di vita, una speranza, il senso dell’esistere, la verità, la comprensione del bene, la strategia per vincere il male. Non conoscevano le Scritture, la lingua e le tradizioni della terra verso la quale  stavano andando.

Erano talmente sprovveduti da chiedere informazioni a Erode sulla nascita del nuovo Re, scatenando una sanguinosa strage contro gli Innocenti. Essi non si arresero, seguirono la stella, camminarono, superarono gli ostacoli, entrarono nella stalla dove c’era Gesù, si prostrarono avanti a un Bambino nato povero, rinunciarono a capire, accettarono il suo Mistero, si disposero a percorrere nuove strade. Hanno visto Dio. Nel povero esplode il miracolo della luce che squarcia le tenebre e regala una felicità estrema, perché dove c’è Dio, giunge la gioia. Tutti conosciamo la storia molto triste del malato di mente di Manduria, perseguitato e picchiato da un branco di ragazzi. La sua morte insensata ci ha lasciato senza fiato. Qualche mese dopo a Sava, sette chilometri da Manduria, furono arrestati venti giovani per estorsione, furto, rapina, atti persecutori contro un disabile. Otto erano minorenni. L’uomo da mesi subiva vessazioni. Si presentavano puntuali non appena al poveretto arrivava la magra pensione: venti, cinquanta euro alla volta. Non era il caso di ribellarsi. Lo avevano più volte minacciato con la pistola. Uomini soli, malati, inermi divennero prede di giovani teppisti di paese: non solo per soldi, ma forse – e soprattutto – per passatempo. La madre di un adolescente al magistrato, che le chiedeva spiegazioni sul comportamento del figlio, rispose: “Ma questi ragazzi non hanno niente da fare!”.

Risposta terrificante! Non avere nulla da fare a vent’anni, nell’età delle forze piene e dei desideri più arditi, è terribile! Si è come archi con la freccia, tesi davanti a un orizzonte annichilito. Nel susseguirsi di giorni scolorati e monotoni il male ci prende più facilmente. Dentro al grande vuoto del cuore nascono prepotenze e viltà, che si perpetuano a lungo di nascosto, mentre la gente attorno non si accorge di nulla. Chi ha mancato per lasciar crescere branchi senza meta e senza guida? Le storie del Tarantino parlano di degenerazioni impazzite di noia e disumanità. Come orfani non hanno trovato un padre, una madre, un insegnante, un prete che sapesse comunicare il senso buono della vita, una certezza per cui alzarsi al mattino, darsi da fare, impegnarsi, sperare, credere nel futuro. Solo dentro a sacche vuote di senso, in ambienti snaturati da un invisibile inquinamento crescono piante maligne, quali il gusto di tormentare i più deboli. Trasmettere gli ideali, i valori, l’altruismo, il rispetto, il senso buono è la cosa più urgente che gli adulti devono fare. È un’emergenza. Illuminare l’animo dei figli, saper tramandare le ragioni del lavorare, amare, avere figli, vivere, sentirsi responsabili della storia, cambiare il mondo con l’amore è il più grande compito che ci aspetta. Nella sinagoga di Nazareth Gesù – povero con i poveri – annuncia la sua missione e indica la strada da percorrere per dare un alto valore alla vita e vincere il male con il bene: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19). Non ci rimane che seguirla.

don Franco Colombini