Cinque Campane 12 Marzo 2023

Pubblicato giorno 11 marzo 2023 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

 

 

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III Domenica di Quaresima

12 Marzo 2023

– Foglio n. 216 “La verità vi farà liberi” (Gv 8, 32)

 

Gesù non ebbe una vita facile. “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 11). Il suo messaggio suscitava domande, metteva in crisi, scopriva le ipocrisie e le falsità, insegnava la verità, proponeva la libertà dello spirito contro la lettera della Legge, parlava di amore, invitava al perdono e alla misericordia, chiamava beati i poveri, predicava la mitezza del cuore, chiedeva di deporre le armi e farsi costruttori di pace, rivelava un Dio vicino, tracciava una nuova strada per essere felici. I sacerdoti e i capi del popolo lo temevano, controllavano i suoi movimenti, lo spiavano, non sapevano quale espediente inventare per coglierlo in fallo, arrestarlo, metterlo a morte, farla finita una volta per sempre. L’attaccamento ossessivo dei Giudei alla propria identità religiosa li aveva resi fanatici: “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno” (Gv 8, 33).

Avvitati su se stessi, non vedevano altro che il loro piccolo orizzonte, ne erano imprigionati, lottavano a denti stretti contro ogni cambiamento, perseguitavano i profeti, spegnevano sul nascere la voce di chi proponeva di “adorare il Padre in spirito e verità”. Un potere che non volevano perdere. Dio era lo sgabello per i loro piedi. L’opposto di Abramo, che, confidando in ciò che ancora non vedeva, si mise in cammino con lo sguardo puntato al Cielo, diventando benedizione per la terra intera. L’ultimo tragico naufragio di una barca di migranti in Calabria ha lasciato il mondo senza parola. Erano uomini, donne, bambini in fuga dalle povertà, dai regimi spietati, dai poteri repressivi e crudeli dei talebani e degli ayatollah, dall’oscurantismo di civiltà stagnanti, prive di riscatto sociale. Sognavano un futuro migliore e non vedevano l’ora di poterlo realizzare. Purtroppo il mare divenne la loro tomba.

Mi ha fatto tristezza vedere molte bare senza l’indicazione di chi ci stava dentro. Morti non visti, inesistenti, senza nome, cognome, parenti, famiglia, paese, sepolti con una semplice epigrafe: M 8 (maschio di 8 anni) oppure F 22 (femmina di 22 anni). Tra le tante c’era M 0, un bambino di zero anni. Quanta pena, tenerezza, amore in quella piccola bara bianca! Chi l’ha imbarcato voleva che vivesse in un mondo diverso, lontano dalle persecuzioni, le sofferenze, la fame, la guerra. Ha rischiato tutto quello che aveva. Catastrofi come questa non sono esprimibili.  Anche per chi doveva comunicare ai familiari la scomparsa di parenti non fu facile trovare parole. Perché tali parole non esistono. Ci sono voluti decine e decine di morti davanti alle nostre coste per convincerci dell’ingiustizia rappresentata dai cammini migratori, lastricati da regole inumane, slogan odiosi, pregiudizi falsi, risorse pessimamente indirizzate nelle mani di carcerieri e di trafficanti senza scrupoli. Assomigliamo ai Giudei attanagliati nel loro piccolo mondo. Vedevano solo quello! Il “cambiamento d’epoca” è anche un tempo di migrazioni inesorabili. Fermarle è impossibile. La disperazione cerca nuove vie. Un barcone nel Mediterraneo è una chance più che un rischio.

Per dare risposte non servono tappi, filo spinato, muri, respingimenti, porti controllati. I corridoi umanitari annullano le partenze pericolose e sono un valido baluardo contro l’opera di trafficanti spietati e violenti. La politica e l’Europa se ne devono occupare. Nei primi anni duemila non appena arrivava una segnalazione di un natante stracarico di migranti, partiva l’allerta a tutti i mercantili, pescherecci e navi militari nei paraggi. Il più vicino si precipitava a soccorrere. È la legge del mare semplice e millenaria. La rispettano i marinai di tutto il mondo, senza perder tempo in chiacchiere, perché ogni istante può voler dire una vita in meno. Non occorre far parte di una organizzazione umanitaria per comprenderne la portata etica e civile. Ora procedure troppe complesse rendono difficili i soccorsi, scaricano le responsabilità, intersecano le competenze, mirano a scoraggiare profughi e migranti, ritenuti potenziali delinquenti, pericolosi nemici del benessere e della pace, dimenticando che tali emergenze non sono questioni di polizia, ma drammi umani. Chi viene non è un invasore, ma un fratello che bussa alla porta. Dio è il primo colpevole delle grandi migrazioni. Fu Lui a chiamare Mosè dal roveto ardente e inviarlo in Egitto col preciso intento di liberare il popolo schiavo del Faraone. Aveva fatto una solenne promessa: “Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati, vi libererò dalla schiavitù, vi riscatterò con braccio teso. Io sono il vostro Dio, che vi sottrae ai lavori forzati, vi farò entrare in una terra” bella, spaziosa, dolce (Es 6, 6-8). Il Creatore fece gli esseri umani liberi e uguali, a sua immagine e somiglianza, e scrisse nei cuori un Codice di valori universali valido per ogni generazione. La terra gli appartiene e ogni creatura ha diritto di camminarvi sopra, vivere, muoversi, partire, trovare uno spazio dove fissare una tenda, coltivare i campi, allevare gli animali, condividere fraternamente i frutti, abbellire i giardini di fiori, costruire cortili per i bambini, sognare la gioia di vivere e non rassegnarsi alla vergogna della morte. Le tante vittime innocenti di questo scorcio di secolo ci dicono che è tempo di cambiare rotta, smetterla con le guerre, non usare il mondo per farne il proprio regno, contrastare le derive nichiliste, che mai come in questo momento minacciano i destini dell’umanità.

Don Franco Colombini