Sotto il Campanile 1 Aprile

Pubblicato giorno 30 marzo 2018 - NOTIZIARIO

Domenica di Pasqua
1 Aprile 2018 – Foglio n.29
Ribelli per amore

 

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Il Vangelo di Pasqua racconta la storia di Maria Maddalena. Va al sepolcro e lo trova vuoto. Si spaventa, piange, teme che altri abbiano trafugato il corpo del suo Signore. Non crede al sogno, ha paura di illudersi, pensa al peggio. Solo quando Gesù Risorto la chiama per nome, lo riconosce. Scompaiono le lacrime, è pervasa dalla gioia, vede solo Gesù, il Vivente. Ora sa che la vita non sarà mai più imprigionata dalla morte. Anche se rinchiusa nel sepolcro, esploderà, traboccherà dirompente, come l’acqua che spacca la crosta della terra e diventa ruscello, torrente, fiume, oceano. La storia di questa donna è straordinaria. Quello che racconta ha dell’incredibile, ma lei lo ha visto e non può tacere. Lo grida, lo annuncia, lo testimonia. Papa Francesco l’ha definita “Apostola degli apostoli”.

“Ogni uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. … Il nostro Dio è un sognatore: sogna la trasformazione del mondo” (Papa Francesco), dove tutte le creature hanno valore, ogni vita ha significato e si è felici, quando ci si vuole bene. Non mancano le prove, ma noi possiamo seguirlo, prestargli la nostra umanità, sognare un mondo nuovo, disegnare la pace con i colori della vita anche nei momenti oscuri della più brutale violenza come fecero i “Ribelli per amore”, testimoni del Risorto.
“Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti. Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare. Se cadremo, fa’ che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri morti a crescere al mondo giustizia e carità. Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”. Sono alcuni brani della commovente preghiera, composta dal Beato Teresio Olivelli, morto nel lager nazista di Hersbruck, venti giorni dopo il Beato Odoardo Focherini.

Odo, come familiarmente veniva chiamato, di origine trentina e modenese di adozione, è una splendida figura di laico, marito e padre di 7 figli. In tempo di guerra insieme con la moglie Maria Marchesi organizzò una postazione “casalinga” della Rete per aiutare le persone a mantenere i contatti con i soldati al fronte. Eroe lo diventò, quando aiutò un gruppo di ebrei polacchi, affidatigli dal Vescovo di Genova, ad espatriare. Da quel giorno si perfezionò nella falsificazione di documenti, riuscendo a salvare la vita ad almeno 105 ebrei con l’aiuto di don Dante Sala e una rete di collaboratori. L’11 marzo 1944, all’uscita dell’ospedale di Carpi, dove era andato a consegnare i documenti ad un giovane ebreo, venne prelevato dal Segretario del Fascio e accompagnato in Questura a Modena. Non ne uscì più, se non per essere trasferito in carcere e poi nei campi di concentramento di Fossoli, Gres, Flossenburg, Hersbruck. Anche se provato dalle fatiche, non si risparmiò per aiutare i compagni di prigionia. Sono in molti ad affermare di avere avuto salva la vita grazie a lui. Morì a 37 anni il 27 dicembre 1944 tra le braccia di Teresio Olivelli, a cui confidò le ultime parole piene di fede e di speranza da consegnare ai suoi familiari come un testamento.

La biografia del Beato Teresio Olivelli assomiglia a quella di don Carlo Gnocchi. Essi ripercorrono la parabola di tanti italiani di quegli anni bui. Olivelli era iscritto alla Gioventù Fascista, perché chi era giovane negli anni 30 del Novecento non aveva alternative per aver accesso agli studi, ma non era caloroso con i riti e le liturgie del regime. Provò a essere cattolico, evangelizzando gli ambienti fascisti, senza riuscirvi. Dopo la ritirata di Russia, il 25 luglio e l’8 settembre 1943, davanti allo sfascio disse basta e salì sui monti da partigiano, diventando “Ribelle per amore”. A causa di una soffiata Teresio fu arrestato e portato a S. Vittore. Sulle pareti della sua cella si trovò scritto la preghiera: “Signore, facci liberi”. Venne deportato a Fossoli,, Bolzano, Flossenburg, Hersbruck. La sua vera forza fu la fede in Dio. Non perdette occasione per invitare i suoi compagni a pregare e a sperare in un futuro migliore. Prese le difese dei prigionieri, che subivano ingiustizie, e a sua volta venne malmenato. Morì il 17 gennaio 1945 a nemmeno 30 anni di età, colpito per l’ennesima volta da un kapò mentre difendeva un compagno di prigionia.
Questi uomini furono i difensori dei poveri e degli ultimi anche in luoghi dove l’umanità pareva essere annientata. In quel periodo storico nacque nelle parrocchie una resistenza cattolica, portata avanti da credenti che vollero ribellarsi alla dittatura senza praticare la violenza. Solo l’Azione Cattolica conta 1279 soci e 202 assistenti ecclesiastici uccisi. Trovarono tutti il coraggio e le motivazioni nella propria coscienza e grazie alla fede seppero andare avanti fino all’estremo sacrificio.

Di loro parleremo venerdì 06 aprile in una tavola rotonda alle ore 21.00 nel Centro Parrocchiale. Testimoni del Risorto. Sognatori della libertà e della pace. Artefici e testimoni di un mondo migliore che già intravvedevano nel buio delle barbarie. Noi ne siamo gli eredi per continuare nella storia il cammino dei “Ribelli per amore”

don Franco Colombini