Sotto il Campanile 11 Aprile

Pubblicato giorno 9 aprile 2021 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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II DOMENICA di PASQUA
11 Aprile 2021 – Foglio n. 146
“Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28)

Signore risorto è in mezzo a noi. Vive nella Chiesa, opera nella vita degli uomini e delle donne di ogni
tempo, cammina sulle strade del mondo oggi, come quella sera, “il primo della settimana”, quando rag-
giunse i discepoli chiusi nel cenacolo a porte sprangate per timore dei Giudei. Temevano la violenza,
la croce, la condanna, la morte. Poteva succedere quello che era capitato a Gesù. Ragionavano alla
maniera antica. La paura faticava a sciogliersi per accettare la resurrezione, la gioia della vita, la nuova
creazione. Gesù non li lasciò soli. Entrò a porte chiuse, “stette in mezzo a loro”, “mostrò loro le mani e il
costato”, “alitò su di loro”, come all’inizio della creazione Dio aveva soffiato in Adamo il respiro della vita.
“Ricevete lo Spirito Santo, rimettete i peccati”, disse. È bellissimo! La potenza di Gesù è data per togliere il male dai cuori, liberare il mondo dagli orrori della devastazione, restituire l’uomo alla dignità di figlio di Dio. Siamo forti di amore.

Il perdono e la misericordia sono il nuovo Vangelo da annunciare all’umanità. “I discepoli gioirono
al vedere il Signore”, di una gioia esplosiva, incontenibile, che illuminava l’esistenza
di significato, dava calore, forza, sicurezza (Gv 20, 19-23).

“Il frutto dello Spirito è amore, pace, gioia”, scriverà Paolo ai Galati (5, 12).

Sono i doni perenni del Risorto!
Sappiamo che continueranno le tentazioni, i conflitti, le persecuzioni, le frustrazioni, i
dolori, ma tutto si infrangerà sugli scogli irremovibili della sua presenza eterna, come
le onde del mare sbattono la violenza della tempesta contro le rocce fino a placarsi.
Quella sera mancava Tommaso. Quando ritornò, si sentì investito dalle dichiarazioni
gioiose degli altri apostoli che avevano visto il Signore. L’ assenza aveva fatto di lui
un escluso. Adesso non gli bastava sentir raccontare quello che era accaduto. Vole-
va vedere Gesù, essere lui a riconoscerlo. La sua non era una sfida. Pativa essere
identificato come “l’uomo dei dubbi”. Cercava una comunità dove incontrarlo e porre
un fondamento alla fede. Era “l’uomo dei desideri”. Gesù lo accontentò. Ritornò per
lui, insegnandoci che le porte devono restare sempre aperte per accogliere i poveri,
i dubbiosi, i peccatori.
“Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”
(Gv 20, 27). Mi commuove la tenerezza di Gesù, con la quale disegna i confini della
sua amicizia. Un cuore spezzato e i segni dei chiodi. Tommaso non se l’aspettava. Un
amore smisurato, illimitato. Impossibile non sentirsi legato a quel Dio tanto sorpren-
dente! Lo stupore fu ancora più grande quando si accorse che Gesù era al corrente
dei suoi pensieri, quelli più nascosti, confidati a pochi amici. Per lui fu sufficiente. L’ora
della fede coincise con l’ascolto delle sue stesse parole sulle labbra del Maestro. Si sentì
compreso, accolto, amato, perdonato. Scoprì Dio. Lo conobbe davvero. Non un ricordo
lontano, un estraneo indifferente, un giudice inflessibile. Ma un amico. Un fratello. Un
compagno di viaggio in cammino sulla stessa strada. Quell’uomo che aveva davanti,
con le ferite aperte e il costato trafitto, era il suo Dio. Si era abbassato a tal punto per
raggiungere i più lontani in umanità: Giuda, Pilato, Erode, i soldati, i ladri, le prostitute, i
lebbrosi, Tommaso, Paolo, io, chiunque … . Ecco Dio!

Tante volte mi sono chiesto perché l’uomo ha paura di Dio. Lo combatte, non lo consi-
dera. Quando se l’è trovato davanti e ha sentito il suo nome, lo ha condannato: “È reo
di morte! Sia crocifisso!”. Forse, da sempre è stato così. Dopo la tentazione, Dio scese
nel giardino dell’Eden e chiamò Adamo: “Terrestre, Adam, dove sei?” (Gen 3, 9). Rispo-
se: “Ho udito il tuo passo, ho avuto paura, mi sono nascosto!” (Gen 3, 10). Era la prima
volta che l’uomo parlava con Dio. Lo temeva. Era spaventato. Si sentiva minacciato. Lo
pensava onnipotente, spione dei suoi comportamenti umani, oppressore della libertà,
invidioso, geloso. Non dimentico le parole di Jean Paul Sartre: “Quelle sensazioni del
Dio che vede, che spia ciò che faccio, pronto a castigarmi, mi hanno reso ateo, senza
Dio, ma allora ho conosciuto la libertà”. Il volto di Dio è stato pervertito nella storia.
Nonostante i suoi atteggiamenti di protezione, di cura, di amore, l’umanità continua ad
avere paura. Durante la pandemia non poche voci si sono alzate ad accusarlo di essere
il mandante del castigo, abbattutosi sul mondo per i suoi peccati.

Gesù ha “evangelizzato” la verità di Dio. Ha smascherato un volto divino plasmato dagli
uomini religiosi, amanti più della legge che dell’umanità, attenti agli errori da stanare e
ignari delle sofferenze dei peccatori, gelosi della ritualità e indifferenti alla comunione. Il
Dio che ha conosciuto Tommaso e hanno visto gli apostoli era diverso. Non faceva pau-
ra, riempiva di gioia. Portava la vita. È il motivo che tiene lontano la gente dalla Chiesa
e rende insignificante il messaggio cristiano. Ci manca l’allegria, la vitalità, l’esuberanza
dello Spirito, la speranza, la follia del rischio, la forza di amare. In profondità permane
un’arida paura, che ci paralizza. Fatichiamo a ritenere possibile: “di essere amati da Dio,
mentre siamo nel peccato” (Rom 5, 6-8). Non riusciamo a credere all’amore (1 Gv 4, 16).
La pandemia ha contagiato migliaia di parrocchie e ha messo in crisi innumerevoli piani
pastorali pensati con impegno e generosità. Non basta lasciar passare questo tempo
difficile, vaccinarci e ritornare a quello che facevamo prima. Sarebbe come nuotare
contro corrente verso la riva che è stata abbandonata. La sfida è raggiungere e abitare
la nuova terra. L’Apostolo Paolo ricorda l’essenziale ai Corinzi: “Il tempo si è fatto breve,
passa la scena di questo mondo” (1 Cor 7, 29.31). La città di Corinto era un crocevia di
commercianti e intellettuali, affaristi e prostitute. Un porto di mare. Contava seicentomila
abitanti. La comunità cristiana circa cento. Erano pochi, ma per ricostruire non conta la
quantità. Serve un ritorno semplice alla fede nella potenza del Vangelo.

Gesù è venuto a portare una parola di accoglienza assoluta dell’altro, di apertura, di pre-
dilezione per i piccoli e i poveri. Ha annunciato il Regno di Dio, avvicinandosi agli ultimi.
La gioia della prossimità di Dio alla vita di tutti è il segreto che porta la sua resurrezione
nel mondo e rinnova le nostre comunità. Gesti semplici che toccano il cuore, raggiun-
gono il profondo dell’animo, fanno sentire le esistenze interpretate e accolte, come ac-
cadeva con Gesù. La domenica della Divina Misericordia annuncia il volto di un Dio che
si è caricato delle piaghe dell’umanità ferita. È questa la storia che deve andare avanti.
La gente lo riconoscerà nell’amore ed esclamerà piena di stupore come Tommaso: “Mio
Signore e mio Dio!”.

don Franco Colombini