Sotto il Campanile 11 marzo

Pubblicato giorno 10 marzo 2018 - NOTIZIARIO

Scarica —> sotto il campanile 11 marzo 2018

IV di Quaresima 11 Marzo 2018 – Foglio n.25

Anche i ciechi possono vedere

Un giorno Gesù, “passando vide un uomo cieco dalla nascita” (Gv 9, 1).

Dopo aver scambiato qualche parola con i discepoli, “sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscia di Siloe – che significa Inviato”.

Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva” (Gv 9, 6-7). Mi sono chiesto tante volte come mai Gesù avesse messo il fango sull’uomo cieco, quasi a oscurare ancora di più il suo sguardo spento. Ho cercato la riposta in tanti testi senza trovarla.

Forse con quel gesto Gesù voleva dire che il fango del mondo sui nostri occhi è la causa che impedisce di vedere la luce. Ascoltando la sua parola, lasciandola entrare fino a prenderci il cuore, facendo quello che ci chiede, fidandoci di Lui, gli occhi si aprono e vedono.

“Ero cieco e ora ci vedo” (Gv 9, 25).

S. Agostino afferma :

“L’illuminazione viene dalla fede”. “Nella sua luce vediamo la luce”.

In Gesù vedo Dio. Per secoli gli uomini hanno sospirato nell’attesa di conoscere il suo mistero eccelso senza riuscirci.

“Nessuno può vedere Dio e restare in vita” (Es 33, 20).

E adesso eccolo accanto a me, fino a intrattenersi “faccia a faccia, come uno che parla con il proprio amico” (Es 33, 11).

Condivide ogni speranza e mi accompagna nelle tragedie fino alla vittoria della vita. La sua vicinanza è fiducia. Aprendomi gli occhi, mi mostra la gente, che vuole felice. Mi si presenta davanti con il mondo intero. È disposto a tutto, anche alla morte, per riscattarlo dal male, tanto lo ama. Mi invita a condividere questo progetto di misericordia, perché nessuno rimanga nelle tenebre e vada perduto. Siamo tutti fratelli e sorelle.

La cosa più bella è servire il Signore facendo il bene. E il bene, fatto bene, è contagioso. Scava in profondità, come l’onda che colpisce la roccia e la rimodella, in modo lentissimo ma inesorabile. La storia dell’uomo è segnata dalle grandi rivoluzioni, ma è fatta dalle impercettibili azioni quotidiane di gente umile, che si adopera per il prossimo. Senza clamore, con continuità. Nei giorni scorsi abbiamo visto belle testimonianze di storie nascoste, ma straordinarie.

Martedì mattino, 27 febbraio, centotredici persone sono sbarcate all’aeroporto di Fiumicino. Erano Eritrei, Sud Sudanesi, Somali, mischiati a turisti e viaggiatori, in arrivo da teatri di guerra, fame, miseria, distruzione. Grazie ai corridoi umanitari hanno potuto raggiungere un mondo nuovo, dopo anni di attese, violenze e torture. Sono una goccia in un oceano di disperazione, ma è quello che serve. Mettono davanti agli occhi di tutti la testimonianza di uomini e donne che si sono presi carico delle speranze di popoli e profughi dimenticati. Lo hanno fatto, seguendoli passo dopo passo, con pazienza, rischiando la vita, garantendo protezione, cura, assistenza legale. Un modo di farsi prossimo, che incarna lo stile evangelico di Gesù. Sui loro occhi non c’è più il fango. È stato spazzato via dall’acqua limpida dell’amore.

Essi vedono. Nelle stesse ore centinaia di volontari milanesi hanno sfidato le temperature sotto zero di inizio marzo per dare conforto e aiuto a chi dentro la grande metropoli vive senza un tetto. Sono gli “Angeli del freddo”. Custodiscono i segreti degli invisibili. Sanno chi e come andare a cercare negli angoli bui delle strade, dei sottopassi, sulle panchine dei parchi. Portano qualche panino, le coperte, una bevanda calda. Accompagnano i più gravi nei rifugi o al Pronto Soccorso. I loro archivi sono pieni di dati sui clochard e i senza fissa dimora di ogni quartiere. Non si fanno pregare nelle emergenze. Corrono. Dedicano il tempo oltre il lavoro per i dimenticati della città. Anche per chi, come Max, non ce l’ha fatta. Nell’uomo della strada hanno visto Dio e sentito la sua voce. “Sono io che ti parlo” (Gv 9, 7). E lo adorano servendolo. Queste scene di umanità semplice fanno bene al cuore. I riflettori del mondo non sono puntati su chi – come loro – sta accanto ai poveri e ai senza voce.

Ma per chi cerca la luce e la gioia di vivere, essi sono la luce. Toccati dal dito di Dio, irradiano lo splendore del suo volto. Adesso anche i ciechi possono vedere.

don Franco Colombini