Sotto il Campanile 12 Aprile

Pubblicato giorno 10 aprile 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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Domenica di Pasqua 12 Aprile 2020 –

Foglio n. 108

L’amore è più forte!

In questi giorni di Pasqua mi sono tornate alla mente le parole di un grande teologo del secolo scorso, Karl Rahner: “La risurrezione di Gesù è come la prima eruzione di un vulcano. Essa mostra che all’interno del mondo già brucia il fuoco di Dio, che ricondurrà ogni cosa nell’ardore della sua luce”. Un annuncio strepitoso, che ha dell’incredibile e riguarda il mondo intero e tutta la storia. Va controcorrente, mette in discussione l’evidenza. Davanti a noi sta sempre lo spettro della morte. Accompagna il cammino degli uomini. Ha l’ultima parola. Porta via ogni esistenza, trascinandola nel nulla. Qualche volta giunge all’improvviso, minacciosa, quando meno ce l’aspettiamo, creando panico e disperazione. Come oggi, che ci troviamo a fare i conti con un ospite inatteso. Il virus è entrato, prepotente, nelle nostre vite, le ha cambiate senza nemmeno darci il tempo di accorgercene e di prepararci. Il vuoto delle chiese mi ferisce come una lama tagliente. Le funzioni sacre sono a porte chiuse. In ogni continente. Nelle sinagoghe e nelle moschee regna il silenzio. Per ore e ore davanti a Gesù, con lo sguardo rivolto alla croce e all’Eucaristia, mi sono chiesto:

“Cosa vuoi da me? Cosa vuoi da noi in questo momento?” Nel pomeriggio del Venerdì Santo, portando il Crocifisso per le strade deserte della parrocchia e alzandolo a benedire i cinque quartieri, sentivo nel cuore l’eco delle parole degli angeli: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivo, è risorto, non è qui”.

Ho trovato un po’ di conforto nella testimonianza di due donne: la Maddalena e Manì, che ha ricevuto il Battesimo in Cambogia agli inizia degli anni 2000 con il nome di Gianna Beretta Molla. Maria di Magdala – racconta il vangelo – si recò al sepolcro, spinta dal desiderio di onorare il corpo di Gesù ungendolo di profumi. Ma nel suo cuore c’era altro. Ci stava la non rassegnazione, un attaccamento indomito alla vita, che non si rassegna alla morte, né alla propria né a quella dei parenti e degli amici. Qualcosa di indefinito, un anelito insopprimibile, il rifiuto di una fine inevitabile e definitiva, un’apertura a un orizzonte più grande. Si fermò davanti al sepolcro in pianto, inconsolabile, scossa, turbata. Una protesta contro l’irrazionalità della morte che non dovrebbe esserci mai. E quando vide il Signore, non lo riconobbe. Fu lui ad aprirle gli occhi. Siamo tutti mendicanti alla ricerca della vita. I segni del Risorto sono diffusi a piene mani nel mondo. Riconoscerli è grazia. E’ una prerogativa dei puri di cuore. Ogni ascolto della Parola di Dio, al quale fa eco l’adesione interiore del cuore, le celebrazioni religiose, i gesti dell’amicizia fraterna lasciano trasparire la presenza di Colui che ha vinto la morte e ci chiama per nome.

Negli esempi di vera gratuità, di sincera dedizione, di eroica santità appare il volto buono di Dio, che si prende cura dell’umanità, impregna la storia di amore, vivificandola, conducendola al trionfo della vita. Cristo oggi lo riconosciamo dalle sue ferite, dalla piaghe doloranti nella carne dell’uomo, dal grido dello sconfitto, dal respiro del morente, dalla voce che giunge all’animo, dallo Spirito che porta la pace e bandisce la paura. Sta negli ammalati ammassati nelle corsie degli ospedali e della terapia intensiva, nell’abnegazione e nella solidarietà di tantissimi che non sanno più che cosa inventare per farsi prossimo, nella essenzialità della vita vissuta in condizioni così diverse da quelle cui eravamo abituati. La quaresima di chiese vuote e silenziose è stata un momento opportuno per “prendere il largo”, riconoscere nell’amore la presenza di Colui che fa nuove tutte le cose. E diventare suoi discepoli. Manì è un’altra storia. Il suo secondo figlio, bello e vivace, si portava addosso dalla nascita una irrequietezza strana, che nessuno capiva. Finché un giorno le dissero che era autistico. Una situazione difficile da gestire in Cambogia, senza medici, specialisti, terapeuti, educatori. Le scuole, impreparate, lo rifiutarono. Manì, con il cuore trafitto dal dolore, pianse tante volte davanti a Dio, supplicandolo:

“Che cosa mi stai dicendo con questo figlio che mi hai dato? Qual è la tua volontà? Perché tanta fatica a me?”. Anni di domande trovarono una risposta quando coraggiosamente decise di aprire la prima struttura per ragazzi autistici del Paese. Oggi è un successo. Suo figlio frequenta la quarta elementare nella scuola pubblica e segue il programma dei coetanei. Manì ha lasciato che la realtà di un figlio “difficile” la interrogasse e la cambiasse. Ha riconosciuto in lui il volto di Dio che invocava pietà. L’ha accolto. L’ha amato. Ha intravisto la strada da seguire. Prendendosi cura di lui è esplosa la forza del Risorto. In quella Casa ora è sempre Pasqua. Il Signore c’è. Distribuisce i suoi doni e i bambini hanno un futuro. In questi giorni di pandemia ci interroghiamo, ci facciamo tante domande. C’è poca voglia di cantare sui balconi e di scherzare, come all’inizio. Il gravare dei morti, il saliscendi dei contagi, l’incertezza del futuro, l’economia che soffre, il clima sociale, la “Festa” di Pasqua senza festa, … lasciano un profondo turbamento. “Come reggere giorni così duri?” Cerchiamo i segni del Risorto. Una speranza. una luce per cogliere in quello che sta avvenendo un’esperienza che ci migliora e non ci conduce alla deriva. Ci consola l’esempio di tante persone comuni che si stanno prodigando a rischio della loro stessa vita. “Non uscire da te stesso, nel tuo cuore abita la verità”. Così scriveva secoli fa S. Agostino. Dentro di noi ci siamo resi conto di non poter fare a meno gli uni degli altri. Ci cerchiamo. Ci desideriamo. Abbiamo voglia di vederci. Rimpiangiamo la vita comune, le feste, le danze, la scuola, il lavoro, le vacanze, i viaggi, l’oratorio pieno di bambini. Abbiamo capito, con le celebrazioni sospese, quanto ci manchi Dio con il suo Corpo. Quel che saremo in futuro dipende da come adesso affrontiamo l’emergenza, reggendone lo sguardo, senza abbassarlo, vedendo oltre, portando dentro l’animo gli altri, a cerchi che si allargano, dai più vicini fino alle dimensioni del mondo, ferito, senza più isole felici. E sentirci parte di una comune, vulnerabile, preziosa, bella umanità. L’amore è più forte. Niente ce lo porta via dal cuore. In questa situazione anomala abbiamo riscoperto l’essenziale. E non è poco! E’ la Pasqua. Auguri. Il Signore Risorto benedica ogni famiglia con il sorriso della vita.

Don Franco Colombini