Sotto il Campanile 13 maggio

Pubblicato giorno 13 maggio 2018 - NOTIZIARIO

 

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Domenica VII di Pasqua – dopo l’Ascensione

13 Maggio 2018 – Foglio n. 35
Il più bel regalo della Prima Comunione

Padre Santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi” (Gv, 17, 11). Con queste straordinarie parole Gesù oggi prega il Padre, nel giorno in cui la comunità celebra la Messa di Prima Comunione con 58 ragazzi/e di quarta elementare. Sono un bel gruppo di amici. I genitori, iscrivendoli al catechismo, si sono aperti alla Chiesa, perché nella comunità i loro figli avessero la possibilità di incontrare Gesù, il Risorto, al quale affidare la vita, diventando suoi discepoli, chiamati a fare nuovo il mondo con l’amore. Le tentazioni sono tante, il male è sempre in agguato con l’inganno e la menzogna, la fede può essere perduta e le tenebre sopraggiungere all’improvviso. Gesù li affida al Padre. Ha dato loro la sua Parola, perche nessuno vada perduto. Li manda nel mondo accompagnandoli con la sua presenza. Il futuro sono gli estremi confini della terra, dove il male e la morte lasceranno il posto alla vita, rigogliosa e splendente nella luce radiosa di un giorno senza tramonto. Sembra una leggenda. Ma la storia degli ultimi tempi è già iniziata.

Nell’ultima Cena c’eravamo tutti nel Cenacolo, anche questi bambini. Gesù ha spezzato il pane, l’ha distribuito e noi l’abbiamo mangiato. Ha fatto passare il calice del vino benedetto e l’abbiamo bevuto. Proprio come oggi. Qui, nell’Eucaristia, vive il Figlio di Dio, il suo amore, la misericordia, l’incarnazione, la storia, la missione, il suo corpo immolato, il sangue del sacrificio, la redenzione, la vita nuova. È un dono eccelso, che ci prende, ci lega insieme, ci coinvolge nella missione, ci spinge lontano fino a quando l’ultimo degli uomini sarà stato raggiunto, redento, liberato dal male, riempito di gioia. Noi, uomini e donne fragili e limitati, con i nostri bambini, rinnoveremo la faccia della terra, non perché siamo diventati forti da essere temuti per la prepotenza delle armi, ma perché il Signore grande e buono compie meraviglie di amore.

Ricordo il giorno della mia Prima Comunione, una domenica di aprile o di maggio del 1959. Mi sfugge il mese, ma ricordo bene che era una bellissima giornata di primavera, con tanto sole, piena di luce. Quella mattina la mamma mi svegliò presto. Mi fece trovare un vestito nuovo grigio, con la giacca, il doppiopetto, il fazzolettino bianco nel taschino, le farfalline. Scarpe lucide, appena acquistate. Camicia bianca fiammante coi gemelli. Aveva tenuto tutto nascosto per farmi una sorpresa. Mi diceva che dovevo essere bello per Gesù. Sul tavolo un vaso di gigli bianchi, profumati, raccolti in giardino. In casa c’era movimento. Tutti si preparavamo per accompagnarmi in chiesa. Quando arrivai, c’erano i miei compagni di terza elementare. Fummo allineati al centro della navata rivolti gli uni verso gli altri. Da una parte noi bambini, dall’altra le bambine in abiti bianchi da piccole spose. Come eravamo belli! Ci guardavamo con occhi incantati, carichi di attesa, attenti, assorti. L’altare era posto al centro in mezzo a noi. Non si parlava ancora di riforma liturgica, ma a Marcallo era già in atto. Il parroco don Antonio Zuccotti, rivestito dei paramenti solenni, sorrideva affabile, lui di solito così serio e riservato. Don Abramo Volonté, il prete dell’oratorio, un amico giocherellone e fraterno, ci coinvolgeva nel canto e nella preghiera. Non c’era il coro. L’organista Francesco suonava e tutti cantavamo.

Ho ancora in mente le parole: “In quell’Ostia consacrata sei presente, o Gesù mio, vero uomo e vero Dio, nostro amabil Salvator”. Eravamo una comunità in festa, che andava incontro al Signore Risorto. Da allora non l’ho più dimenticato. Quel giorno la voce di Gesù, che già mi parlava, si fece più forte, insistente, irresistibile. Mi metteva davanti il mondo e mi chiedeva di amarlo. L’umanità mi attraeva e nel cuore erompeva la voglia di fare qualcosa. E io, ancora bambino, con timore, un po’ impaurito, gli dissi: “Signore, non so che cosa vuoi da me, ma sono qui, ti seguirò, qualunque cosa tu mi chieda”. È stato il mio primo sì che non mi ha mai deluso. A casa ci attendeva il pranzo. La nonna aveva preparato il cappone ripieno, la pasta al forno, la maionese come solo lei sapeva fare. Il papà aveva tirato fuori il salame delle grandi occasioni. Mio fratello investì i pochi risparmi del salvadanaio per regalarmi l’album delle figurine. Tutto in semplicità e sobrietà. La nostra famiglia era un’oasi di pace.

Ci volevamo bene. La mano di Dio ci accompagnava. Io ero felice e crescevo alla sua ombra. Questo è stato il più bel regalo della mia Prima Comunione.

don Franco Colombini