scarica ==> sotto il campanile 13 Marzo 2022
Seconda domenica di Quaresima
13 Marzo 2022 – Foglio n. 176
“Un’acqua che zampilla per la vita eterna”
(Gv 4, 14)
L’incontro di Gesù con la donna Samaritana è
di una profondità irraggiungibile. Non cessa di
sorprendermi. Ogni parola suona inadeguata,
sminuisce il fascino, adombra la bellezza. Gesù
e la Samaritana assomigliano a due persone
innamorate che si corteggiano. Niente riesce a
descrivere l’intensità dell’amore che hanno ad- dosso. Gesù ruppe per primo ogni indugio e le
rivolse la parola, ignorando la convenzione, che
proibiva ai rabbini di intrattenersi con una donna: “Ho sete!”. Parlarono senza calcoli e timori.
Intrecciarono discorsi che non finivano mai, come se cercassero qualcosa di
comune, volessero arrivare altrove, placare l’arsura dell’animo, trovare pace.
Gesù si rivelò per quello che era nell’orizzonte di una sete reciproca e appassionata, al di là di ogni tempio e luogo religioso: “Chi cerchi? Il Messia? Sono
io che parlo con te”. Ecco lo splendore di Dio! L’incontro. Dio entra nella vita
con la violenza di un uragano. È la fonte che zampilla per sempre. Al termine
Gesù non ebbe più fame: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha man- dato e compiere la sua opera” (Gv 4, 34). La donna Samaritana, euforica,
incandescente, piena di luce e di giovinezza, con il cuore in gola, piantò ogni
cosa e corse in città ad annunciare Colui che fa nuove tutte cose.
Gesù e la Samaritana avevano bisogno l’uno dell’altro. Si cercavano. Ogni
angolo del mondo è il pozzo di Sicar. Dovunque la vita mi porti, anche nell’oscurità più buia del fallimento, Dio mi aspetta. La sua sete brucia dalla voglia
di me e io ardo dal desiderio di Lui.
Tutto cominciò con una deviazione di percorso. Dovendo lasciare la Giudea
per andare in Galilea, Gesù non scelse il tragitto più breve, lungo il Giordano. S’inoltrò nella Samaria, una terra nemica, ostile ai Giudei, dove gli eretici
adoravano Dio sul monte Garizim e non al tempio di Gerusalemme. Qui una
donna, senza saperlo, già l’attendeva. E Gesù non la deluse. Ci andò. Si fermò stanco ad aspettarla.
“Le persone capitano per caso nella nostra vita, ma non a caso. Spesso ci
riempiono di insegnamenti. A volte ci fanno volare in alto, altre ci schiantano
a terra insegnandoci il dolore. Donandoci tutto, portandosi via tutto, lasciandoci niente”, scrisse Alda Merini. Niente va perso nei “giri” della vita. Anche
quelli lunghi, inutili, alla fine tornano alla meta e sono necessari. È tempo che
sfugge, prepara e prima o poi ci riprende, perché c’è una Provvidenza in ogni
cosa.
La società, pervasa da ideologie, manipolata da poteri forti e da logiche di interesse economico, ha spaccato il mondo in razze, blocchi, aree, alleanze, “noi e
gli altri”, che a motivo di paure, alimentate ad arte, diventano nemici. Con questi
schemi nazismo, fascismo, stalinismo hanno reso il Novecento il “secolo del
male”. Oggi i populismi di diversa matrice continuano ad alimentare odio e a trovare capri espiatori. Le “politiche dell’antipolitica” hanno diseducato interi popoli
e generazioni, facendo avanzare il deserto nel cuore degli uomini. La sfiducia, la
diffidenza, la paura, la scalata del potere, nascosto sotto la parvenza della sicurezza, hanno gettato l’umanità in una guerra devastante, ieri totale, oggi infinita.
Per non parlare dei genocidi, condotti con un cinismo che lascia attoniti, ultimo
quello del Popolo Ucraino. Sono state create le giornate della memoria, perché
mai più accadessero casi efferati contro l’umanità. Ma non basta.
Ogni giorno ci arrivano immagini e notizie di una sofferenza indicibile e disumana, alla quale ci stiamo abituando: barconi di disperati che sfidano le acque del
mare su rottami galleggianti; uomini, donne, bambini annegati, diventati pezzi
di carne in sacchi neri; mamme morte assiderate lungo i confini dei Balcani per
proteggere i figli dal freddo; violenze perpetrate nei campi di concentramento
e nelle prigioni libiche con la complicità e dentro le oscure manovre di poteri
economici e politici forti; retate volte a eliminare chi fugge dalla povertà e dalla
miseria in cerca di un nuovo riscatto; campi di raccolta, come quelli di Lesbo,
dove la gente vive di stenti e di miseria; i migranti usati come merce a basso
costo, condannati a ore di lavoro forzato per pochi euro a giornata, emarginati
in baraccopoli di stracci, cartone e lamiere, veri “forni”, roventi in estate e inutili
d’inverno; Siriani, Afghani, Sudanesi, Eritrei schiacciati dallo stesso dramma del
Popolo Ucraino con migliaia di morti e di profughi per una inutile guerra senza
senso.
Il rombo dei cannoni e il grido disperato dei poveri sono la via per aprire cammini
nuovi, in cui il “noi” viene ritrovato, come fece Gesù con la donna samaritana.
Fratelli tutti. Il Vangelo ci porta nella verità di Dio, dove si impara ad amare, si
apprende la logica che riempie il cuore di progetti di bene, impegna la testa nella
ricerca di realizzarli e disarma le mani.
“Soldato, lascia cadere la tua arma e sarai un eroe!”. È l’esempio straordinario
di Yelena Ospinova, una minuta vecchina di 80 anni, scesa in piazza a San Pietroburgo assieme migliaia di altre persone, per chiedere la fine della guerra in
Ucraina. Fu arrestata come una criminale. La loro paziente e coraggiosa tenacia
si mescola a tanti atti di eroismo e di speranza. Mi ha colpito il gesto di quell’uomo alto e magro con la barba, che abbracciò piangendo un passante, alzando
un cartello: “Sono Russo, scusatemi per questo”. E la non violenza dei cittadini
Ucraini davanti ai soldati, a mani nude e alzate con la bandiera giallo-blu, a impedire l’invasione o fermi sulla strada di Ernegodar nel vano tentativo di fermare
l’avanzata dei carri armati verso la centrale nucleare. E tutta la gara di solidarietà
che si è scatenata nell’aprire i confini degli Stati e le porte delle case ai profughi
in fuga dalla guerra. Un moto umano resistente e non violento. Un germoglio, a
cui aggrapparsi e inchinarsi con riconoscenza.
I giusti di ieri e i coraggiosi di oggi ci interpellano. Ci chiedono di rendere onore
alle vittime, farci carico della storia, esporci in prima persona, abbattere i muri,
recidere i fili spinati, essere uomini e donne che pensano alla comune umanità e
la edificano con l’amore più bella e splendente che mai.
don Franco Colombini