Sotto il Campanile 15 aprile

Pubblicato giorno 13 aprile 2018 - NOTIZIARIO

 

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L’uomo da sempre cerca di estromettere Dio dal mondo, per dominarlo come padrone assoluto, coltivando l’assurda pretesa di darsi da solo la felicità piena.

Tutti ricordiamo dagli studi liceali l’omino pazzo di Nietzsche, che scende nella città-mercato alla ricerca di Dio, suscitando lo scherno degli intellettuali. Non sopporta di essere preso in giro e si infiamma: “Noi l’abbiamo ucciso!”, grida. “E non siamo neppure consapevoli dell’enormità del nostro gesto. Il cielo, la terra, il mondo e tutti i nostri sogni più alti ricadono sulle nostre spalle, che non ne potranno reggere il peso”.
Quelle previsioni andavano ascoltate. La puntigliosa demolizione delle tracce del Dio fatto uomo per amore dell’uomo ha scosso le basi della nostra civiltà costruita sull’umanesimo della persona e della libertà, della storia delle generazioni e del destino della vita. Ha reintrodotto il culto del vitello d’oro, che consacra la ricchezza di pochi e rende ragionevole la povertà di molti. Inganna gli animi con promesse che l’uomo economico e tecnocratico non potrà mai mantenere.

Gli intellettuali di oggi predicano la globalizzazione dei diritti umani, ma ci mettono gli uni contro gli altri: per motivi di etnia, religione, risorse, benessere. Ci spingono a diventare padroni del mondo e della storia, della nostra identità e del nostro destino: ma ogni giorno ci intontiscono con l’idea che tutto è scritto nei numeri e nei geni, nei neuroni e nei neutrini.

E siamo tutti eccitati nell’attesa di scoprire il segreto della produzione tecnologica della vita, l’equazione unificata delle forze del cosmo, l’algoritmo della gestione centralizzata dell’intelligenza artificiale che sostituirà la nostra, imperfetta. Ciò che è umano diventerà secondario, un fatto privato, soggettivo, ininfluente nei confronti dell’algoritmo che plasma il mondo e decide la storia. Così l’uomo si sostituirà a Dio, creerà una umanità a sua misura e ne sarà il dominatore assoluto.

Nietzsche aveva le sue buone ragioni per richiamare gli uomini alla terribile responsabilità della “morte di Dio”. Ma Gesù è risorto e restituisce onore all’immensa moltitudine degli uomini e delle donne che lottano per rimanere umani, portando con gioia gli uni i pesi degli altri, abbattendo i muri dell’egoismo che dividono, spezzando il pane in amicizia, “trasformando le lance in vomeri e le spade in aratri” (Is 2, 4), cantando la libertà, la fratellanza universale, il progresso per tutti, l’amore, la pace. L’Uomo Gesù è Risorto e ha dato inizio ad una nuova generazione, quella dei figli di Dio, nei quali intelligenza, buona volontà, cuore, sogno si uniscono per costruire un mondo più umano. Ne sono una prova i giovani, convenuti a Roma da tutti i continenti prima di Pasqua in vista del Sinodo, e la straordinaria marcia dei ragazzi americani per dire no alle armi e ai loro fabbricanti.

“March for our live”, “Marcia (Marzo) per le nostre vite”, hanno scandito in ottocentomila, gremendo le strade di Washington, rivendicando la custodia dell’esistenza umana, contro l’orrenda propaganda della difesa armata. Semplici e chiare le loro parole, senza un briciolo di retorica: “Kids not guns”. Figli non armi. Bambini non bombe. Scuola non barbarie. Cultura non guerra. Mostrando l’evidenza dell’assoluto contrasto tra la violenza e la vita, le pistole e la morte. Fraternità e futuro, non ipocriti e mortiferi interessi di pochi.

Altrettanto forte è stata la parola della Young Church, la “Chiesa giovane”, venuta a Roma per una maratona di dialogo, dibattito confronto. “Abbiate il coraggio di dire tutto ciò che pensate e sentite”, ha chiesto loro Papa Francesco ed essi gli hanno ubbidito, mostrando maturità, un ampio orizzonte di pensiero, alta capacità di riflessione. Erano cattolici e cristiani di altre confessioni, credenti di diverse religioni e non credenti. Un convegno importante, uno stile nuovo, memore della Chiesa degli inizi. Ragazze e ragazzi dall’Africa, dall’America, dall’Asia, dall’Australia, dall’Europa, muniti di una conoscenza limpida e profonda dei loro Paesi. Hanno parlato di razzismo e di emigrazione. Si sono soffermati sui temi della tecnologia, della rete, delle possibili derive, quali la pigrizia, l’isolamento, la perdita della memoria, la contrazione della creatività. Voci libere e sincere. Hanno chiesto alla Chiesa di essere “credibile”.

L’hanno invitata ad usare tolleranza zero “verso gli abusi sessuali e una cattiva amministrazione della ricchezza e del potere”. Hanno invocato dagli adulti parole, valori, regole per costruire un mondo buono e spazioso per tutti, perché ogni vita è sacra e possiede un valore più grande di ogni spregevole profitto. Nella Risurrezione di Gesù l’uomo rinasce con l’entusiasmo di un bambino. Guarda avanti con occhi inondati di luce. “Le tenebre sono scomparse, tutto per noi ridiventa nuovo” (Preconio Pasquale). Saranno questi ragazzi/e a liberarci dall’amarezza, contagiandoci con la gioia di vivere e la voglia di rifare il mondo più bello, come è uscito dal cuore di Dio.

don Franco Colombini