Sotto il Campanile 15 novembre

Pubblicato giorno 13 novembre 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

scarica ==> sotto il campanile 15 Novembre 2020

 

 

PRIMA DI AVVENTO
15 Novembre 2020 – Foglio n. 125
Allora vedranno il Figlio dell’uomo
venire sulle nubi con grande potenza e gloria (Mc 13, 26)

Oggi inizia l’Avvento. Mai come in questo periodo sento la necessità di quiete, di calma, di tranquillità. Ho l’impressione di trovarmi su un transatlantico, salpato con l’ambizione di fare il giro del mondo e costretto ad una drammatica sosta, di cui non vedo la fine, mentre il “male oscuro” si fa strada dalle esili pareti delle cabine. Intanto voci sguaiate e faziose creano confusione fino allo stordimento: divisioni, polemiche, accuse, chiacchiericcio, protagonismo, allarmismo, negazionismo, … . Sono stanco. Adesso finalmente qualcosa sembra cambiare con l’Avvento. Posso andare incontro a Colui che viene, riempire giorni che rotolano via uno dopo l’altro, guardare in profondità, capire, pensare alla vita, al futuro, al camminare nel mondo, ritrovare la via, recuperare la speranza, rinvigorire l’entusiasmo.

Mi viene alla mente un canto dei Vesperi Ambrosiani: “Nella notte, o Dio, noi veglieremo, con le lampade, vestiti a festa, presto arriverai e sarà giorno”. L’attesa della luce si vela di timore dopo aver ascoltato il Vangelo: “Non sarà lasciata pietra su pietra; sentirete di guerre e rumori di guerre, terremoti, carestie; vedrete l’abominio della devastazione; sarete odiati da tutti a causa del mio nome; sorgeranno falsi cristi e falsi profeti” (Mc 13, 1-27). Sono parole crude. Mi fanno paura. Ma è la realtà di sempre. Le civiltà tramontano, gli imperi crollano, le democrazie intristiscono in battaglie mediatico legali, l’iniquità dilaga, la tribolazione ha la meglio nella storia.

Sulla terra è calato all’improvviso il buio della notte. Soffrono e muoiono in tanti per la pandemia. Stanno cadendo a decine medici, infermieri, sacerdoti, anziani, mentre incombe la tempesta delle mani stese e dei piatti vuoti. Gli “invisibili” sono diventati fantasmi. Nessuno più li vede, ma sono un esercito: persone senza dimora, anziani soli e isolati, padri separati, famiglie piagate dalla presenza di malattie psichiche, disabilità, alcool, droghe, disoccupazione, … . Gente appiedata di colpo, che da un giorno all’altro non si porta a casa niente e si vergogna a domandare. I dormitori non ce la fanno a ospitare tutti quelli che chiedono un tetto. Le mense sono ai limiti. Le Caritas faticano a reperire risorse. Si aggiungono migliaia di disperati in fuga da Paesi di povertà e di conflitto. La Terra soffre e si ribella alle continue aggressioni e allo sfruttamento sfrenato. L’estremismo non conosce limiti. Le uccisioni Nizza e l’orribile attacco a Vienna sono una follia crudele, che ci ghiaccia di paura, non sapendo quanti Fejzulai possono nascondersi nelle nostre strade pronti a colpire.

“La terra barcollerà come un ubriaco, vacillerà come una tenda; peserà su di essa la sua iniquità, cadrà e non si rialzerà” (Is 24, 19-20). Diceva bene Isaia secoli fa, ma aggiungeva: “Il Signore degli eserciti regna sul monte Sion e a Gerusalemme e davanti ai suoi anziani risplende la sua gloria” (Is 24, 23). Il Profeta teneva accesa la fiamma della speranza. Non siamo soli. Dio ha posto la sua dimora in mezzo a noi.

“Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (Mc 13, 26). Questa è una buona notizia, che mi rasserena. Purificando lo sguardo, vedrò Dio. Nell’oggi, pur drammatico, mi si dischiude la bellezza della sua presenza. Devo mettere in atto esercizi di attesa, come se dovessi scrostare un affresco di valore, che il tempo ha appesantito, ricoperto di polvere e calcinacci. La pazienza farà apparire un capolavoro sepolto da secoli. Nelle pesantezze delle case, nelle fatiche ritornanti delle chiese, nell’incertezza del presente, nella tempesta che stiamo attraversando, nel travaglio della storia segnato dal male abita la grazia della presenza di Dio, che devo riscoprire. Ci sono sussulti di speranza, sprazzi di gioia, oasi di bene che già parlano del suo arrivo. La fede mi dice che Lui c’è e ritornerà per dare compimento al suo Regno: “L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte e alla fine Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15, 26. 28).

Il virus mi rammenta che siamo tutti esposti al tocco della morte. Don Rodrigo visse minacciato dalla peste come il più povero dei suoi servitori. Le pandemie hanno sempre lasciato tracce nella storia dei popoli: capolavori della letteratura, opere d’arte, santuari dedicati alla Madonna, cappelle ex voto a San Rocco, a San Sebastiano. Le processioni ricordano ancora oggi le pestilenze che infuriavano in Europa. La Croce di San Carlo ci riporta alle preghiere penitenziali per le vie e al Lazzaretto di Milano. Quali saranno le tracce del Covid nella memoria collettiva delle nostre comunità? Me lo chiedo spesso. Mi piacerebbe che l’umanità facesse un balzo in avanti verso un cambio di mentalità, una sensibilità fraterna, una comunione di animi, una condivisione di intenti, una volontà decisa di azione nelle cose del mondo. I “poteri” hanno bisogno di conversione, per ritrovare l’umiltà del servizio, operare per il bene comune, dimenticare profitti e vantaggi, senza ingannare la gente e arrogarsi il lusso di scegliere tra poveri e poveri. È ora che gli occhi dei governanti si posino su quelle casseforti di sprechi, di rendite ed elusioni che non hanno minimamente sentito il peso del virus – anzi hanno ricavato benefici – , per non avere sulla coscienza la vergogna di aver abbandonato i fratelli più fragili.

In me vorrei ritrovare la libertà interiore per lasciarmi andare allo Spirito di Gesù. La fine del mondo attecchisce quando decido di tirare i remi in barca, smetto di sognare, rifiuto di osare e rischiare nuove avventure, non ho più voglia di ricominciare, mi lascio andare alla sfiducia, non trovo il coraggio di rialzarmi, il lamento diventa l’unica musica che so cantare. L’Avvento mi chiede di riprendere in mano tutto con pazienza e speranza. Confidare in Colui che viene ed è già presente. È il tempo di guardarmi attorno, soccorrere, aiutare, accompagnare. In silenzio. Con discrezione. La storia, che Dio racconta nella Bibbia quando parla di sé, insegna a non arrendersi mai. Questa è la mia forza: volgere al bene tutto quello che capita tra le mani, anche le cose brutte. Come i temperali d’estate, che lasciano all’alba un cielo terso e un’aria nuova, più pulita, fresca, rinata.

don Franco Colombini