Sotto il Campanile 18 Novembre

Pubblicato giorno 14 novembre 2018 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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I Domenica di Avvento
18 Novembre 2018 – Foglio n. 48
“Sorgi, o Dio, e vieni a salvare il tuo popolo”

 

“È la fine del mondo!”. Tante volte ho sentito risuonare questa esclamazione nei momenti più terribili della storia: alluvioni, terremoti, disastri, guerre, sterminio, … . Un mondo in rivolta, sconvolto, vite spezzate e spesso innocenti, … . Solitudini, disperazioni, vuoto, insoddisfazione, male di esistere, … . Povertà, miseria, fame, sete, malattie, … . In queste disgrazie la morte assale da ogni parte e travolge. È la fine del mondo! C’è qualcosa di minaccioso che incombe e fa paura. L’uomo vive nel terrore oppure da spregiudicato. Un modo per esorcizzare il nulla.
Quando Gesù ne parla, invita a guardare lontano, o meglio cercare dentro gli eventi, in profondità, perché accanto a noi c’è chi ci può salvare, guarire, liberare. “Gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria” (Lc 21, 26-27).
Mi piace pensare che il venire di Gesù non riguardi solo la fine della storia. Egli si compromette con le nostre vicende, ci vive dentro, portando un antidoto che è morte per ogni morte e di tutti i mali. Ci raggiunge con l’amore. Si mette sulla nostra strada, ci ama, ci insegna a volerci bene. Ci dice che solo con l’amore si salva l’uomo. Dall’amore nascono i gesti che fanno rifiorire la vita.
Quante volte ci è capitato di costatarlo! In un momento di sconforto una parola buona ci ha restituito la gioia. Nell’incertezza ci è giunto un raggio di luce. Una mano amica ci ha risollevato dalla povertà. Il lutto ci ha fatto ritrovare persone buone che neanche immaginavamo potessero esistere. “Cercate di capire ciò che è gradito al Signore.

Non partecipate alle opere delle tenebre che non danno frutto” (Ef 5, 10-11a).
Le grandi piaghe dell’umanità si curano con l’amore. Chiudersi in se stessi aggrava lo stato di salute del mondo. Se il corpo è malato, la mano non può gioire di essere sana. Perirà con esso. È miope colui che pensa di darsi un futuro, dimenticando gli altri. Ogni povertà è ingiustizia e chiede di essere risanata. Se non si cura, il male si diffonde, contagia, prevale. E bisogna farlo, prima che sia troppo tardi.
L’avvento di Gesù è un forte risveglio, una folata impetuosa di speranza, un riverbero di giovinezza mai spento. Viene, perché niente e nessuno vada perduto. Ci fa scorgere “un nuovo cielo e una nuova terra, dove la morte non esiste più” (Apc 21, 1-4) e ci invita a porre mano a questo cantiere con l’amore. Gesù ci mette il mondo nel cuore e ci chiede di amarlo, fino al dono della vita.
Basta ascoltare le domande che arrivano dalla quotidianità. Che devo fare perché questa fabbrica in crisi non chiuda e gli operai non perdano il lavoro? Quali strategie mettere in atto perché in una terra desolata ricominci a scorrere acqua e i campi siano coltivati? Con quali mezzi bonificare paludi stagnanti piene di malaria e di malattie infettive? In che modo accogliere uno straniero come un fratello, dare amicizia e fiducia ad un uomo depresso e desolato, curare con dignità e rispetto un ammalato solo e anziano, … ?
L’amore di Gesù ci fa vedere l’uomo e ci dice che è bello volergli bene per renderlo felice.
Mi è sempre piaciuto camminare intere giornate per raggiungere una meta, una vetta, un santuario, una croce. Un’esperienza affascinante, che porta lontano, verso orizzonti mai sperati o immaginati. Sono poche le cose che mi servono quando viaggio sulle strade e i sentieri: scarpe comode, zaino leggero, cibo semplice, acqua, un luogo dove stendere la stuoia. E poi la compagnia di Dio e di chi mi accoglie la sera quando arrivo stanco. Mi è capitato di incontrare amici veri.
Una volta restai senz’acqua e senza cibo. Mi fermai esausto in una fattoria sulle colline dell’Umbria in mezzo agli ulivi. Mi rivolsi ad una signora di mezza età e le chiesi qualche frutto. Lei, senza conoscermi, mi fece sedere sotto il pergolato dell’uva, mi offrì l’acqua fresca del pozzo, pane e formaggio, pomodori, una banana. È passato tanto tempo, ma quando penso a lei, si alza dal mio cuore una preghiera silenziosa e commossa. Sarei felice, se le persone che mi hanno conosciuto e con le quali ho fatto un po’ di strada, pensando a me, facessero lo stesso per il bene ricevuto!
La gioia e il futuro sono a portata di mano, vengono dalle cose semplici, si possono donare a chiunque in ogni momento. Ha ragione Gesù a dire: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21, 28).

don Franco Colombini