Sotto il Campanile 19 Dicembre 2021

Pubblicato giorno 19 dicembre 2021 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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Sesta Domenica di Avvento
19 Dicembre 2021 – Foglio n. 164
Più luce! Più luce!

Nella domenica della Divina Maternità di Maria mi piace pensare a Dio come un giovane innamorato, rapito dalla bellezza della donna che ama, desideroso di fare casa assieme a lei. Tutte le grandi religioni si sono industriate a edificare templi sontuosi in suo onore, come se fosse un oggetto da collocare dove si vuole. Dio è libertà. Vuole costruire una bella storia d‘amore ed essere felice. Quando una donna entra nel cuore di un ragazzo, gli cambia la vita, sogna un futuro con lei, che diventerà la madre dei suoi figli. Così Dio. S’innamora di una fanciulla, trovata in un piccolo villaggio della Galilea e il desiderio di una propria casa si fa struggente. Qui incomincia il Vangelo, che narra di un angelo inviato a Maria. Dio si avvicina in punta di piedi, per aprire un varco, giungere al cuore, entrare nell’intimità dell’animo, condividere i sogni più grandi, abitare i desideri più belli, realizzare il suo progetto divino.
La prima parola è una straordinaria dichiarazione d’amore. “Quanto sei bella, Maria! Rallegrati. Sii felice. Sei piena di grazia, pura, splendente di luce, innocente, colma di amore, desiderosa di vedere compiute le speranze del mondo. Il Signore ha posto il suo sguardo su di te, ti vuole bene, ti avvolge con la sua ombra, ti ha scelto come sposa e madre. Per sempre”. Un messaggio importante per me, abituato a pensare che sia io colui che debba sempre fare qualcosa per Dio. È il contrario. Nell’imminenza del Natale mi è chiesto di lasciarmi amare. Abbandonarmi. Perdermi nelle sue braccia. Essere preso per mano. Fermarmi nel silenzio e ascoltare parole nuove. Permettergli di accarezzarmi l’animo ferito, stanco, scoraggiato. Trascorrere il tempo in sua compagnia. Il Verbo vuole farsi carne nella mia carne, toccando le corde del cuore. Lo fa per me ed è felice di farlo. Perché mi vuole bene, rinasca, torni la luce, ritrovi la strada, esploda la gioia. È il miracolo sorprendente dell’amore.
Maria dice “sì”. Accetta la proposta di Dio e fa casa con lui. Come una sposa fedele. Una madre che mai rinnegherà i figli che ha chiamato alla vita. Dà alla luce Gesù e lo dona all’umanità. Attraverserà le strade più difficili e incomprese, dai sospetti dei compaesani fino alla ignominiosa morte sulla croce. Niente possiede la forza di strapparli l’uno dall’altro. Si appartengono.

Il Natale mi chiede di accogliere la grazia di una gestazione, spalancandomi a Dio, condividendo i sentimenti più alti del suo cuore, facendomi dono, andando incontro alla gente, aprendo le braccia ai più poveri. Sono i giorni dei regali. C’è grande preoccupazione di trovare qualcosa che piace e va diritto all’animo. Un dono – pur piccolo e sobrio – richiama la bellezza di un sorriso, la luminosità di un volto, la sincerità di un affetto, la gioia di un’amicizia vera. Suscita l’emozione unica di sentirsi amati. Come Maria alle parole dell’angelo Gabriele o un bambino, che riceve un giocattolo o un povero uomo qualsiasi davanti a Dio. Una calda luce inonda l’animo di pace. È la grazia del Natale.
Quest’anno le luci natalizie sono sbucate prima del solito. Ai primi di novembre già sfavillavano sul Naviglio. Abbiamo tanta fame di luce! Il buio fa paura, soprattutto quando scende nell’animo e offusca la speranza. In queste lunghe ore di nuova angoscia per la recrudescenza del virus e le sue varianti, sembra di vagare storditi in un tunnel senza uscita. Nelle luminarie e negli addobbi natalizi mi pare di sentir vibrare il desiderio di una luce che illumini gli orizzonti, orienti i passi, riscaldi gli animi, aiuti a ritrovare la fiducia. Come il Battista, puntano l’indice verso Gesù, il Rabbì di Galilea, nato a Betlemme in una stalla, vera luce che non tramonta. Lumen gentium, il sole, Dio da Dio, Luce da Luce, seguendo il quale non si vaga nelle tenebre, ma si ha la luce della vita, magari una piccola fiammella, ma sufficiente per fare un passo e andare avanti. Un profondo desiderio di luce è scritto nel Dna di ogni uomo e donna. Siamo tutti cercatori affamati e assetati di luce, anche solo della sua ombra. Nel segreto di ogni cuore sale accorata l’invocazione, attribuita a Nietzsche sul letto di morte: “Più luce, più luce”!

Mi ha colto di sorpresa e mi ha amareggiato la direttiva Ue di evitare il tradizionale “Buon Natale” per gli auguri e i nomi di Maria, Giuseppe, Gesù, perché simboli non inclusivi. I governanti, chiamati alle gravi scelte della storia, hanno manifestato di non conoscere l’animo dei popoli, bisognosi della verità, che rende liberi. Hanno dimenticato che l’accoglienza della vita, senza alcun condizionamento, così come viene al mondo, è nata a Betlemme. Con l’Incarnazione ogni frammento umano si è impregnato di presenza divina. Ricordo i natali della mia infanzia. Poveri, semplici, umili. Non mancava niente di quello che un bambino potesse desiderare. Ero felice. Avevo l’amore della famiglia e il Signore nel cuore. Il Presepe stava al centro della casa. Alla sera, prima di andare a letto, pregavamo tutti insieme, al buio, incantati dalle lucine nascoste tra le montagne e le dune del deserto. Sentivo tanta voglia di crescere in fretta per mettermi al servizio della gente. Mi riconosco nelle parole di Annalena Tonelli, medico missionario in Somalia, pronunciate poco prima di essere uccisa. “La vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell’amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli. Ne sono uscita con una convinzione incrollabile: ciò che conta è solo amare”.

don Franco Colombini