Sotto il Campanile 19 Novembre 2023

Pubblicato giorno 16 novembre 2023 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

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II DOMENIVA DI AVVENTO
19 Novembre 2023 – Foglio n. 237
“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3, 3)

Oggi entra la figura di Giovanni Battista.

Una persona austera, scomoda, lontana dagli schemi comuni.

Indica la strada per andare incontro al Signore che viene. Lo fa con voce tuonante nel deserto di Giuda, dove si era
rifugiato, lontano dal frastuono della città e dal vociare dei mercanti del tempio.

Proclama la Parola di Dio, senza aggiungere altro. Il Signore viene, quando lo si sa aspettare.

Il suo messaggio è duro come un macigno.
Non ammette mezze misure, né ipocrisie e falsità, soprattutto quando si fa della religione una bandiera per
coprire i propri affari e misfatti.

Propone la purificazione del cuore, perché possa esplodere il miracolo, che tutti
attendono: accorgersi stupiti che anche da un vecchio tronco, appena tagliato, può spuntare un germoglio, due
fragili foglioline delle quali pochi forse si accorgeranno.
Sono i figli di Dio, che fanno lievitare il mondo nel bene e lo aprono alla vita.

Era quello che ci aspettavamo per la piccola Indi. Ma non è avvenuto. Una riflessione di Giuseppe Anzani
(apparsa sul quotidiano Avvenire del 10 novembre, qualche giorno prima della sentenza definitiva dell’Alta Corte Inglese) ci fa pensare e forse, come Giovanni Battista, indica la strada per costruire la civiltà dell’amore.
VITE FRAGILI DA CUTODIRE
Proprio nel giorno in cui la sorte decretata per la piccola Indi Gregory veniva riappesa all’ultimo filo d’un ricorso in extremis all’Alta Corte del Regno Unito ai sensi della Convenzione dell’Aja (il verdetto è previsto per oggi) ci è giunto il messaggio annuale dei vescovi
italiani per la prossima “Giornata per la vita”, che si terrà a febbraio.

Fin dalle prime battute il messaggio ci dà subito l’immagine di una riflessione pensosa e appassionata.

Sappiamo che morte e vita sono l’intreccio di un duello insito nella condizione umana e nel suo mistero. Naturale è la morte a fronte della rigenerazione della vita, nel miracolo della sua perenne novità; e tuttavia “nemica” rispetto al desiderio di vita e alla singolarità di ogni esistenza umana, e sotto questo profilo temuta come un male insensato e ingiusto, una triste delle vite spezzate, delle vite perdute che l’indifferenza getta all’oblio col distoglier lo sguardo e voltare le spalle: i migranti, i malati, gli anziani, i bambini, gli esseri fragili che un costume sociale avvezzo al tornaconto (mors tua vita mea) trascura, o lascia ai margini, o persino esclude.

E poi c’è qualcosa di più sottilmente insidioso, quando la condizione umana è “mortificata” nello spirito da una valorizzazione che la opprime, come si verifica nel lavoro sfruttato, nella condizione femminile discriminata, nella vita grama dei miserabili.

A ragione Kirkegard scrisse che la malattia “ mortale” è la disperazione. E su tutte la ingiustizie, poi, l’immenso strazio di vita innocente strappata dal grembo prima di nascere.
La vita ha bisogno d’essere una fioritura. Abbiamo inventato di tutto per ritardarne l’appassimento inesorabile: farmaci, vaccini, trapianti, macchine salvavita. Ma è all’interno del tempo che ci è dato, è durante le stagioni di vita che dobbiamo fiorire, e farci fiorire gli uni gli altri.
Darci vita, amare la vita, rispettare la vita. Sentirne la forza, intenderne le ragioni, scansare gli errori di immaginarla come possesso, quand’essa è dono, dono destinato a donarsi, rinnovare il suo miracolo.

Non ci è possibile una vita senza morte, ma ci è connaturato il desiderio di una vita senza fine, se intendiamo la morte come il parto che immette nel dies natalis dell’Oltre. Questione di fede? Il messaggio dei vescovi dice con forza che l’accoglienza e il rispetto della vita appartengono alla razionalità umana, sono pura espressione di civiltà.

Ma non rinuncia ad aggiungere nella perorazione finale che i credenti trovano nella difesa promozione della vita un impegno di fede e di amore.
E questa chiusa che leggiamo nel giorno che Indi Gregory forse ci sarà tolta, da un lato rinfocola il dolore per il modo brutale della giustizia dal pollice verso che abbiamo visto fin qui, se non vi sarà resipiscenza. Se morrà per sentenza in quel modo decretato, resterà una ferita ingiusta, anche se i medici italiani, forse, accogliendola in Italia, non avrebbero potuto mutare prospettiva terapeutica, se non in una palliazione pediatrica vissuta insieme ai genitori; ma almeno questo sarebbe stato un accompagnamento, un percorso condiviso di affettuosa tenerezza nel congedo. Se per un ultimo filo di speranza dovesse giungere a Roma, non altra forse sarebbe la possibilità concreta di prodigarsi, se non in questo profilo intenso di  un po’ di vita dolorante, e non invece una bianca piccola ostia che ci supera tutti”. Non c’è umana risposta che non bussi alla porta d’un altro cielo. Per questo il messaggio che richiama la
fede orienta il cuore ferito a credere ancora nella promessa che la vita, amata e difesa fin che giunge alla soglia del suo passaggio, non è tolta, ma trasformata.
AGGIUNGO: Indi, prima di essere una patologia, era una bellissima creatura. Piangeva, sorrideva sgambettava, al dire di papà Dean. Come tutti i bambini, desiderava cure amorevoli, canzoncine sussurrate nell’orecchio, coccole a dismisura, tante carezze. La storia della piccola “guerriera” dalle ciglia lunghe, quarta figlia femmina di Dean e Claire, è passata quasi inosservata nel Regno Unito. Il suo caso è simile a quello di altri minori, gravemente disabili o ammalati, a cui il Tribunale, incalzato dalle direzioni sanitarie degli ospedali pubblici, ha deciso di staccare la spina contro la volontà delle famiglie. Charlie Gard, Alfie Evans, Archie
Battersbee, Isaiah Haastrup: sono solo alcuni nomi tra i più famosi.

L’unica luce nel buio il Battesimo, voluto dai genitori, che si erano dichiarati lontani dalla fede. Chi ha abbracciato
Indi sulla terra, ha spalancato per lei le braccia alla Speranza della vita eterna. Perché, come ha detto Qualcuno,

la vita è un dono ed è per sempre.

don Franco Colombini