Sotto il Campanile 2 Dicembre

Pubblicato giorno 30 novembre 2018 - NOTIZIARIO

 

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III Domenica di Avvento
02 Dicembre 2018 – Foglio n. 50
Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito

 

Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che trova in me motivo di scandalo!” (Lc 7, 22-23).
Ai discepoli di Giovanni il Battista, che lo interrogano, Gesù risponde con le opere che compie. Il Figlio di Dio viene incontro all’uomo nell’amore prodigo di sé e si prende cura della sua esistenza. Nessuno è dimenticato e lasciato solo nel proprio sconforto.

Il suo esempio mi fa scoprire quanto valgo e sono tenuto in considerazione. Quando mi si avvicina, non estingue la mia luce originaria, ma le dona il suo pieno splendore. Gli uomini e le cose non impallidiscono accanto a Lui, non rimpiccioliscono e scompaiono, bensì assurgono al loro valore autentico. Dio non mi ingoia, non è un usurpatore. Rende libero, invece, quello che attira a sé. È colui che garantisce, fa essere. Il peso specifico della creatura aumenta se la assume nel suo cuore. Egli vive per noi, ci ha donato la vita e ha fatto propria la nostra. Si è avvicinato a noi come fratello, come prossimo, uomo, uno di noi.
È una verità straordinaria! Chi sa dimenticarsi, perdersi nell’offerta di sé, sacrificare gratuitamente il suo cuore, costui è l’uomo perfetto. Perché “chi ama la sua vita, la perderà; e chi la disprezza la custodirà per la vita eterna” (Gv 12, 25). Potersi donare, consegnarsi, diventare “povero” vuol dire essere presso Dio, trovare la propria vita nascosta in Lui, in una parola: abitare il “cielo”.
Chi vede il suo fratello, vede il suo Dio”, dice un detto apocrifo di Gesù. Il fratello è “sacramento”, presenza nascosta di Dio fra noi. Nell’altro, l’uomo arriva di fronte a Dio. Si apre al suo Mistero infinito e vede l’Amore eterno. Beato l’uomo che serve il fratello e prende parte al bisogno degli altri!

Mi viene alla mente la testimonianza di Francesco, un giovane di 27 anni, che la scorsa settimana durante la catechesi degli adulti ha raccontato la storia della sua conversione. Negli anni dell’adolescenza perse la fede per i forti dubbi, che avevano invaso il suo animo, e si ritrovò in un completo sfacelo morale. Divenne picchiatore, violento, dissidente, dedito ai vizi dell’alcol e della droga, ma … infelice. Nel tempo l’insoddisfazione si fece sempre più lancinante, fino a raggiungere il panico della solitudine, del non senso, la disperazione. In una notte oscura a Bologna, Dio bussò alla porta del suo cuore e gli apparve come il tutto che cercava per avere la pace dell’animo e ritrovare la gioia di vivere. Saranno poi i genitori, la fidanzata, don Salvatore ad aprirlo al Mistero e condurlo alla luce.

Mi ha colpito la spontaneità del suo racconto, proprio nello stile di Dio. Il Signore gli si fece vicino e lo cercò nella quotidianità, con gesti comuni, in un insieme che non ha niente di straordinario: il panico, la fuga, l’affetto della ragazza, il dialogo schietto con i genitori, un parroco, una confessione, una comunione, una chiesa come tante altre, un giorno qualsiasi della settimana, niente che appaia all’esterno. L’abbraccio con Dio è avvenuto nel segreto, in maniera nascosta. Ad un senso altissimo della Trascendenza, a cui tutto è dovuto, ora corrispondono in Francesco la povertà, la semplicità, l’umiltà con cui si dà al Signore, per gridare il Vangelo con la vita e raccontare a tutti le sue meraviglie.

Mentre parlava, mi sembrava di risentire l’esperienza del Beato Charles de Foucauld. Anche lui, cercando la pienezza del cuore, si era trovato impantanato nel fango del male, dell’assurdo, dell’inquietudine, dell’inferno. Nella gioia pacata della cugina avvertì la presenza di Dio che lo attirava e, senza saperlo, si trovò inginocchiato davanti a un confessionale. Di quell’esperienza scrive poche parole nel suo diario spirituale, ma sufficienti a percepire il fuoco divino che finalmente aveva invaso il suo animo dandogli pace: “Appena ho creduto che Dio esiste, ho capito che non avrei potuto fare altro che vivere soltanto per Lui. … Ognuno sa che la prima conseguenza dell’amore è l’imitazione. … Non posso sopportare di condurre una vita diversa dalla Sua, una vita tranquilla e onorata, quando la Sua è stata la più dura e la più disprezzata”.
“Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito”. Oggi l’invito di Gesù suona vero anche per noi e possiamo gridare ad alta voce: davvero i “morti risuscitano!”. Egli vive in mezzo a noi. La sua mano restituisce ogni uomo alla vita e lo apre a un mistero che lo fa grande e unico. Noi ne siamo testimoni.

don Franco Colombini