Sotto il Campanile 2 febbraio 2020

Pubblicato giorno 31 gennaio 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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Presentazione del Signore
02 Febbraio 2020 – Foglio n. 98
Aprite le porte alla vita!

A Milano la Festa della Presentazione del Signore viene chiamata “Candelora”. All’inizio di Febbraio l’inverno diventa meno pungente, le giornate si allungano, il buio della notte viene scalzato indietro, la luce prende il sopravvento, la Chiesa va incontro a Gesù, “luce che si rivela alle genti”, con la stessa invincibile fede dei vecchi Simeone e Anna. Questi due grandi profeti trascorsero tutta la vita ad aspettare il Messia, sicuri di vederlo prima di morire. Passavano gli anni, le forze venivano a mancare, ma la loro speranza restava incrollabile. E, finalmente, in un bambino, portato al Tempio secondo la Legge da due poveri genitori, riconobbero il figlio di Dio, “Salvezza e Gloria” del popolo d’Israele e di tutta l’umanità. Lui avrebbe realizzato le promesse del Padre. Dalla luce nasce la vita e quella di Gesù sarebbe stata eterna. Niente, nessuno avrebbe avuto la forza di spegnerla, nemmeno le più disastrose tempeste del male.

“Aprite le porte alla vita”: è il messaggio dei Vescovi Italiani per la 42° Giornata Nazionale della Vita, che il giovane Giovanni Custodero ha incarnato alla grande, diventando un esempio per tutti.
Ha combattuto ogni giorno per quasi cinque anni una partita, che voleva vincere ad ogni costo – come quando difendeva la porta del Cocoon Fasano, la sua squadra di calcio a 5 in C2 – con quel sorriso, che chi lo conosceva definiva “contagioso”. La sfida era contro una rara forma di sarcoma osseo, che lo aveva colpito quando aveva 23 anni, costringendolo non solo a chemio, radio e sei interventi chirurgici, ma anche all’amputazione di una gamba. Purtroppo la malattia corse più veloce e gli tolse ogni energia, causandogli dolori insopportabili.

Trascorse l’ultimo Natale in famiglia, poi il 7 gennaio accettò di sottoporsi alla sedazione continua e profonda, “per alleviare il malessere” e “non far prevalere la sofferenza” al termine della partita, quando sarebbero stati solo lui e il suo tumore.
“Eccoci arrivati alla battaglia finale – scrisse sui social – , siamo io e lui, uno davanti all’altro e lo guardo in faccia”. La lotta fu cruenta fino a domenica 12 gennaio, quando il “guerriero sorridente” smise di respirare, lasciando un messaggio dalla semplicità disarmante: “Amate la vita”.
“Vivere la vita ogni istante” è stato l’invito che la famiglia, la fidanzata e gli amici hanno voluto racchiudere in una lettera, letta dall’amico di sempre durante i funerali, che si sono svolti tra palloncini bianchi e l’elmo da guerriero spartano – il suo simbolo – sulla bara, nella parrocchia di S. Maria del Carmine a Pezze di Greco (Brindisi).

A celebrarli fu un giovane sacerdote, coetaneo dell’ex calciatore, che aveva condiviso con lui il tratto finale di vita. “L’ho conosciuto nell’ultimo periodo della sua esistenza – ha raccontato – e penso che abbia ottenuto ciò che desiderava di più: far sapere al mondo che la vita è un dono strepitoso e che non se ne può sprecare nemmeno un attimo”.

Sulla scelta della sedazione profonda, fatta da Giovanni, sono intervenuti i familiari con una lettera aperta per spiegare che si tratta di una cosa ben diversa dall’eutanasia. È “un trattamento sanitario, al quale si ricorre per consentire a un paziente terminale di non provare dolore, dopo che le altre terapie sono risultate inefficaci”, hanno scritto, ricordando la voglia di vivere del giovane calciatore, per il quale “ogni alba è un regalo dal valore inestimabile”.
La vita è una promessa di bene, a cui possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte. È un dono meraviglioso. Come svegliarsi all’improvviso nella calda luce del sole di mezzogiorno, sotto il cielo turchino, davanti all’azzurro infinito del mare, all’ombra di una palma mossa dalla brezza di un vento leggero. C’è stupore, meraviglia, commozione, gioia per essere stati chiamati alla vita – così bella – , amati, desiderati, accolti, al di là di ogni nostra intenzione e decisione, anche se talvolta in modo non adeguato.
Sono tante, purtroppo, le forme di aborto, abbandono, maltrattamento, abuso, violenza.
Davanti a queste azioni disumane proviamo ribellione e vergogna. Ma nell’arido terreno della delusione può fiorire la voglia di far fruttare i talenti ricevuti (cfr Mt 25, 16-30), sentirsi responsabili del futuro degli altri, spalancare agli orizzonti della speranza ogni vivente. Quando percepiamo di essere ospiti della grande famiglia umana, in cammino verso il Bene ultimo e supremo, erompe impetuoso nel cuore l’impegno di custodire e proteggere la vita dall’inizio fino al suo naturale termine e di combattere ogni forma di violazione della dignità, anche quando è in gioco l’economia o la tecnologia. Ogni esistenza ci appare unica, bella, irrepetibile, sacra. Riconosciamo il valore inestimabile delle differenze e delle diversità. Guardiamo ammirati i colori delle razze e dei popoli, che insieme compongono l’arcobaleno della pace. È possibile vivere solo se affidati gli uni agli altri. Il frutto del Vangelo è la fraternità.

don Franco Colombini