Sotto il Campanile 20 marzo 2022

Pubblicato giorno 19 marzo 2022 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

scarica ==>sotto il campanile 20 Marzo 2022

Terza domenica di Quaresima
20 Marzo 2022 – Foglio n. 177
“Se uno osserva la mia parola, non vedrà la
morte in eterno” (Gv 8, 51)

“Abramo ebbe fede, sperando contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli”
(Rom 4, 18). Non sono mai riuscito a immaginare come Dio abbia fatto a entrare nella vita
di Abramo. Appartiene al segreto dei cuori che
si incontrano, si amano, si legano. I sentimenti
più veri giacciono indicibili, velati nella sfera più
intima dell’animo, irraggiungibili. Ogni tentativo
di raccontarli sfocia in un balbettio infantile. Appena percepì la sua voce, Abramo ruppe con la
religione dei padri. Non gli bastò più il clan familiare né quanto possedeva. Gli si spalancò dinanzi un nuovo mondo. Si sentì
spaesato, straniero, fuori posto. Incominciò a muovere i primi passi, senza
sapere dove andare, sicuro che il Signore gli avrebbe indicato la strada. “Lekh
lekhà. Vattene per conto tuo. Fidati di me”. Abramo accettò l’invito. Lasciò le
vecchie sicurezze e si incamminò verso l’ignoto. Dio gli era entrato nel cuore
e non lo volle più perdere.
Il popolo Ebreo maturò nel tempo la pretesa di essere l’unico custode di quella fede. Era l’errore dei Giudei che discutevano con Gesù. Il fondamentalismo
irrigidisce Dio in uno schema. Lo identifica con i riti, le orazioni, le liturgie, le
feste, le tradizioni, i comportamenti, la legge. Lo imprigiona in un passato senza anima. Se ne impossessa come una cosa propria, un marchio di appartenenza, una bandiera, che mette contro, divide, esclude. Nel nome di un Dio
guerriero, che non esiste, abbiamo fatto in passato tante guerre per difendere
il nulla, giungendo ad uccidere chi non la pensava come noi. Un Dio rigido
e vuoto interessa a nessuno. Lo si abbandona, sostituendolo con un mondo
effimero e indifferente. Dio invece è il Vivente, la Parola a doppio taglio fatta
carne, un Amore irresistibile, una Libertà densa di sorprese, il Figlio dell’uomo
“che è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19, 10). Il suo
Spirito soffia la pace e caccia via ogni volontà di morte.
Mi ha sempre colpito l’indicibilità e la vulnerabilità di Dio. Scrive Simone Weil:
“Dio può essere presente nella creazione solo nella forma dell’assenza. Dio
non vuole essere temuto attraverso una visibilità ingombrante e soffocante,
ma vuole essere cercato, perché ama dissimularsi dentro le pieghe della realtà, in attesa che qualcuno avverta il battito della sua presenza”. Nell’atto
della creazione Dio si ritira per lasciare spazio all’uomo e al cosmo. Ha voluto
il settimo giorno perché ci fermassimo a contemplare le sue opere, gustarle,
gioire, ringraziare. Ogni creatura è un riflesso della bellezza divina.

La pandemia, la devastazione della guerra, il subbuglio dei popoli in fuga, il dolore innocente, il male del mondo e della storia pongono domande inquietanti. Nel- le ore del buio è difficile pronunciare parole significative sul vivere e sul morire.
La debolezza di Dio è per me uno squarcio di luce. In essa scorgo il segno della
sua presenza accanto all’umanità ferita. Non ho conosciuto Dio come il “mago
dell’ordine” o la spiegazione delle questioni irrisolte, ma come Colui che è si è
abbassato fino alla morte degli schiavi. Qui Dio non solo si spoglia, ma lo si spoglia, lo si umilia, lo si ridicolizza, lo si sfida ad essere Dio secondo le categorie
del trionfo benpensante e sempre vittorioso. Questo servo sofferente, vulnera- bile, re deriso da una umanità insensata, muore d’amore nella nudità, trafitto da
parte a parte. In questa contemplazione del Dio nudo del Vangelo non dimentico
la resurrezione, la tomba vuota con le bende per terra e il sudario accuratamente
piegato. Gesù risorto è un Dio sempre ferito dall’umanità. Ma risorto. In essa ha
collocato la forza della vita che vince la morte. Scendendo in basso, come Gesù,
incontro il Dio in cui credo.
Ho saputo di recente che l’aragosta nel corso della sua esistenza si sbarazza più
volte del proprio carapace, restando senza protezione. Un procedimento rischioso, ma necessario. In caso contrario il guscio la imprigionerebbe, portandola alla
morte. La nudità è un rischio, ma l’assuefazione alla gabbia delle false libertà
è una condanna ancora peggiore. La strada che Gesù percorse, per costruire
la storia, è la Kenosi, la debolezza, la fragilità, “l’assenza di Dio”, che assume il
volto dell’uomo sfigurato dal male: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in
forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte
di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome, che è al di sopra di
ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla
terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria
di Dio Padre” (Filip 5, 6-11). Non vedo altra via di salvezza. Quando impareremo
a non rivendicare posti d’onore e posizioni di potere, ma indosseremo l’abito del
servo, su modello della lavanda dei piedi, e lasceremo spazio al Vangelo dell’amore, si realizzerà il sogno più bello dell’umanità, custodito da sempre nel cuore
dei popoli: “Giustizia e pace si baceranno, la verità germoglierà dalla terra e la
giustizia si affaccerà dal cielo” (Salmo 84, 11-12).
Allora Dio non centra. Non centra con l’ingordigia e l’avidità di chi possiede ricchezze al di là di ogni ragione umana, con le quali potrebbe rimediare povertà e
miserie, che massacrano popolazioni intere. Nulla ha a che fare con la violenza
legittimata dai governi, che erige muri, crea lager, alimenta odio a non finire,
lascia morire di freddo e di fame persone alla ricerca di una vita migliore. È
lontano anni luce dalla prepotenza degli imperi, dalle volontà megalomani degli
Stati, dai calcoli geopolitici, dalle dichiarazioni di guerra, dai bombardamenti,
dai massacri, dalle distruzioni, dai conflitti, che mettono in secondo piano la vita
degli esseri umani, in fuga, uccisi, abbandonati sotto le macerie. Non sta con
coloro che sfruttano a proprio vantaggio le risorse della Terra e le usano come
armi di ricatto. Dio non centra. Centra l’uomo. Quando inizia a gareggiare con il
Dio in cui non crede.
don Franco Colombini