Sotto il Campanile 22 Maggio 2022

Pubblicato giorno 21 maggio 2022 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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VI Domenica di Pasqua
22 Maggio 2022 – Foglio n. 186

Assetati di fraternità e passione per il Vangelo

“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il mo-
mento non siete capaci di portarne il peso.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi gui-
derà a tutta la verità” (Gv 16, 12-13). Nel silen-
zio del Cenacolo, durante l’ultima cena, avven-
nero cose strepitose. Gesù si lasciò andare ai

suoi discepoli, aprì il cuore a sentimenti fraterni,
confidò i segreti nascosti nell’animo, espresse
desideri profondi, fece raccomandazioni per
il futuro. Parole antiche divennero nuove sulle
sue labbra, come mai pronunciate prima. Con
gesti umili, semplici, pacati svelò la sorprendete verità della presenza di Dio
nella storia. Essi non compresero subito. Fecero fatica ad accettare, perché
solo diventando bambini si può accedere al regno di Dio. E la strada era an cora lunga.

Dovevano attraversare lo scandalo della Croce.
Mi viene alla mente il doloroso travaglio di chi giunge a Dio con fatica e si

lascia prendere dalla sua volontà di amore, percorrendo l’esperienza del nulla, dell’oscurità, del male, della morte.

Una pienezza che chiede un grande affidamento, senza calcoli né ragioni.

È stata la strada percorsa da Charles
de Foucauld, proclamato santo da Papa Francesco domenica 15 maggio. Un
anomalo cercatore di Dio. “Non appena ho creduto che ci fosse un Dio, ho
capito che non potevo vivere che per lui”. La conversione e la rinuncia a se
stesso furono radicali, fino alla scelta del deserto come casa e destino.
Primo rampollo di una famiglia bene, ufficiale dell’esercito, dandy gaudente,
poi poverissimo, trappista, sacerdote innamorato dell’Eucaristia, precursore

del dialogo, eremita, apostolo del silenzio. Umanamente un fallito, morto sen-
za convertire nessuno, ucciso da una banda di predoni dove aveva scelto di

abitare con i Tuareg. Questo piccolo uomo senza importanza, dimenticato
dal mondo, fu quel “chicco di grano, che caduto per terra, muore e produce
molto frutto” (Gv 12, 24). Il segreto della felicità fu lo svuotamento delle sue
certezze e di ogni agio per lasciare spazio a Dio. Fin dai tempi della giovinezza, inquieta e tormentata, preferì gli ultimi posti e la vita nascosta a quella
pubblica e appariscente.

Andò a vivere in uno sperduto villaggio nel cuore del deserto algerino. “Scelgo Tamanrasset, villaggio di venti famiglie, in piena montagna, nel cuore

dell’Hoggar e del Dag Rali, sua principale tribù, in disparte da tutti i centri
importanti. Sembra che non debba mai esservi né guarnigione, né telegrafo, né
europeo e che per lungo tempo non ci sarà nessuna missione. Scelgo questo

luogo abbandonato e mi ci stabilisco, supplicando Gesù di benedire questa fon-
dazione in cui voglio, per la mia vita, prendere come unico esempio la sua vita

di Nazareth”. Un’ardente speranza si nasconde in questa decisione. Una fede
indomita nella capacità di Dio di fare cose nuove, di aprire sentieri nel deserto,

dove la sabbia copre ogni cosa. Che straordinaria testimonianza per questo no-
stro tempo scarno di progettazioni, oscurato dall’indifferenza religiosa, segnato

dalla violenza della guerra! Mi aiuta a leggere altrimenti la storia. Dove pare non
possa accendersi nulla e tutto sembra perduto, niente, invece, lo è. La forza del

cristianesimo è riscoprire l’immagine del Cristo, spogliato di tutti i privilegi, compresa la stessa condizione di Figlio di Dio, per vestire l’abito umano e farsi ultimo

tra gli uomini. Evangelizzazione più bella non c’è!

“Dio costruisce sul nulla – scrisse nel 1902 da Beni-Abbés nel deserto del Saha-
ra. È con la sua morte che Gesù ha salvato il mondo; è con il niente degli apostoli

che ha fondato la Chiesa; è con la santità e nel nulla dei mezzi umani che si
conquista il cielo e che la fede viene propagata”. Una povertà la sua, che nelle
mani del Signore, si riempì di attenzione agli altri, diventò scuola di perdono,
gli fece svuotare la dispensa per soccorrere chi aveva poco o niente, costruì
legami di autentica fraternità, lo portò a condividere la vita dei più dimenticati e
abbandonati della terra. Non fu pauperismo o filantropia, ma la consapevolezza
di essere figli dello stesso Padre, membri della medesima famiglia, amati da
Dio, perché Gesù è morto per ciascuno di noi. “Voglio abituare tutti gli abitanti
del luogo, ebrei, cristiani, musulmani e idolatri a considerarmi il loro fratello, il
fratello universale. Gli indigeni cominciano a chiamare la mia casa: la fraternità,
e questo mi è dolce”. Il Cristo, che Charles cercava e inseguiva, lo incontrò nel

deserto. Lo vide in creature che non avevano mai sentito parlare di Lui. Si accorse che ogni persona – anche la più piccola e disprezzata – nasconde qualcosa

di misterioso, di grande, di straordinariamente bello, il volto stesso di Gesù. E lo
amò, facendosi come Lui, identificandosi coi più poveri, “ultimo fra gli uomini”,
perché nessuno lo sentisse diverso. Divenne fratello universale. Uno di loro. Una
scelta profetica e formidabile per la Chiesa e la cultura contemporanea! Oggi
il cristianesimo chiede una piena assunzione dell’umanità. Esige di accogliere
e riconoscere l’uomo senza volto e senza nome, farsi presenti nella storia con

un’attenzione privilegiata per i malati, i poveri, gli esclusi. Ci sono ambienti mal-
disposti verso la fede, che non sopportano la Chiesa e l’annuncio del Vangelo.

L’unica possibilità è la presenza silenziosa nell’imitazione “umile e oscura del
Divino Operaio di Nazareth”, del Gesù povero che scelse l’ultimo posto per farsi
vicino. Piccolo fratello universale. Un dono per tutti. Un pezzetto di pane per la
fame dei cuori. Fare di Cristo il cuore del mondo.
Morì il 1 dicembre 1916. Nel racconto della sua uccisione c’è un particolare che
mi commuove. Tra gli oggetti del fortino, sparsi per terra, fu trovato, alcuni giorni
dopo, l’ostensorio della cappella, sepolto nella sabbia. Era la presenza nascosta
del “suo” Gesù, del quale fu testimone con la vita fino alla fine. Un segno di fidu- cia, un raggio di luce, un fragile germoglio nella distesa dorata del deserto, una
nuova strada per scrivere intense pagine di Vangelo in ogni angolo della terra
portando la speranza dell’amore.

don Franco Colombini