Sotto il Campanile 23 aprile 2023

Pubblicato giorno 20 aprile 2023 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

 

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III Domenica di Pasqua 23 Aprile 2023 –

Foglio n. 222 Pasqua è la speranza dell’umanità

Essendo in pellegrinaggio a Napoli e Costa Amalfitana con alcuni parrocchiani amici, ho pensato per questa domenica di proporre pas- si di alcune omelie dei Vescovi Italiani per la Pasqua, la Buona Notizia per cui “tutto acqui- sta significato” e illumina i drammi del mondo – non solo le sofferenze individuali – con una nuova speranza. Cristo è risorto. Irrompe nel buio della nostre notti, le trasfigura, ci dona la possibilità di una vita nuova, splendente di luce, di gioia e di pace.

MONS. MARIO DELPINI, ARCIVESCOVO DI MILANO “La grazia di Pasqua è l’incontro che chiama alla gioia della risurrezione. È la rivelazione che nell’intimità profonda, dove facciamo fatica a sostare per timo- re dell’abisso angosciante dei mostri invincibili, c’è invece la presenza amica di Gesù. … Gesù è morto per i nostri peccati: cioè non è estraneo a quell’a- bisso di male, a quella minaccia di morte che ci spaventa, ma in quell’abisso ha vinto il male, la morte e lo spavento. … (Dunque) la gioia di Pasqua non è l’esteriorità di una euforia, ma la rivelazione che nella camera più segreta, dove nessuno può entrare, abita la presenza amica del Risorto. … La nostra verità profonda non è la solitudine, l’abisso del nulla che insidia la vita, ma la comunione amorosa che rende vivi nella vita del Figlio di Dio. La nostra verità profonda è che siamo dimora dello Spirito Santo”.

CARD. MATTEO ZUPPI, ARCIVESCOVO DI BOLOGNA E PRESIDENTE DELLA CEI “La donne nel cammino incontrano Gesù in persona. Non aspettiamo. L’amo- re non può aspettare. Ci mettiamo in cammino anche quando non abbiamo visto tutto, perché ci affidiamo alla Parola e così incontriamo la presenza del Signore nella nostra vita. … Quando non si ama ogni problema appare troppo esigente o grande, la cultura della morte toglie gusto e valore alla vita, com- plica l’amore e ci chiude sempre di più nel nostro io, quando in realtà questo io, solo uscendo da sé, trova se stesso! Le conseguenze della dissacrazione della vita, della sua banalizzazione e chiusura sono evidenti e diffuse. Gesù ci ha portato tutti sotto la croce. Solo l’amore apre il futuro. Gesù non si è arre- so, non ha salvato se stesso. Ha amato e ha vinto il male da Dio e da uomo: amando fino alla fine. Ecco la Pasqua. … Questa notte di luce nel buio ci fa scoprire come tutto acquista un nuovo significato. Siamo fragili. Le donne,  considerate le più deboli, diventano le più forti perché “la fragilità è il luogo in cui possiamo incontrare l’amore gratuito e incondizionato di Dio Padre”, come ci hanno detto nella Via Crucis i tanti fratelli più piccoli di Gesù, che ci insegnano che si può risorgere dal sepolcro”.

MONS. CORRADO LOREFICE, ARCIVESCOVO DI PALERMO “L’amore trafitto, ma vittorioso, ribalta il pesante masso, che ci sigilla, già sin da ora, nel carcere dei nostri sepolcri imbiancati. Riduce i clienti della morte e ac- cresce la moltitudine dei chiamati alla vita. … Questo è il giorno in cui ri-naciamo in Cristo, veniamo incorporati a lui, uniti a lui come tralci alla vite. Ma è anche il giorno in cui, in Lui innestati e resi partecipi della comunione trinitaria, veniamo chiamati e consegnati alla fraternità discepolare, alla comunione ecclesiale. Nel grembo dell’amore (dello Spirito), a Pasqua rinasciamo alla relazione eterna del Padre con il Figlio. … (L’attualità con i suoi drammi è un ostacolo che non può fermare la speranza). Mi ha colpito una foto scattata ad Aleppo, in Siria, che ri- trae due uomini in corsa con in braccio due neonati strappati dalle macerie della guerra. Ho voluto utilizzarla come immagine per il mio biglietto di auguri pasqua- li. Come didascalia ho scelto un testo di Erri De Luca che vi riporto: “Pasqua è voce del verbo ebraico pèsah, passare. Non è festa per residenti, ma per migra- tori, che si affrettano al viaggio”. Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi, dove ci sono muri e sbarramenti, per voi operatori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, adulti della parola pace”.

MONS. DOMENICO BATTAGLIA, ARCIVESCOVO DI NAPOLI “Nell’inevitabile, l’imprevedibile. Cristo apre il passaggio dalla morte alla vita. Non siamo abitati dalla morte, ma dalla speranza. Vorrei dire a tutti: coraggio, il Signore è veramente risorto e per chi decide di amare non c’è morte che tenga, tomba che chiuda, non c’è macigno che non rotoli via. Non vince la morte, ma l’amore. Ma dobbiamo imparare a dirlo con dei gesti che sanno di cura, di at- tenzione, di tenerezza. … La vita vince sulle nostre paure, sulle nostre delusioni che, a volte, sono come macigni, ma sono stati rotolati via e noi siamo abitati dalla speranza. … (Auguro) una Pasqua capace di affrettare i passi di giustizia e di pace, in cui ciascuno possa chinarsi sulle stimmate della storia e ritrovare il senso del proprio impegno, il significato del proprio cammino. Una Pasqua in cui, accogliendo con compassione i propri dolori, le prove e le ferite della vita, si possa andare oltre, scoprendosi risorto con il Risorto, collaboratore della risur- rezione del mondo”. MONS.

ROBERTO REPOLE, ARCIVESCOVO DI TORINO La morte sta nel tempo. Mentre il nostro destino, tutto di noi stessi, è nell’eterni- tà, che la risurrezione di Cristo inaugura. … La risurrezione scombina le regole della morte: all’alba di Pasqua la terra non è capace di inghiottire Gesù. Egli non è l’ennesimo morto della storia: al conto dei morti della storia ne manca uno: Ecco dunque l’invito: “Non abbiate paura, perché la morte è a tempo. Non abbia- te paura e fate in modo che la paura della morte non danneggi il vostro pensiero, il vostro cuore, i sentimenti. Non abbiate paura se vi capita di attraversare l’ora buia della malattia, perché anche questa ha una fine. Non abbiate paura se siete nella solitudine e nella sensazione di non essere ricordati o amati da altri, perché anche questo è a termine. … Non dobbiamo avere paura perché nulla distrugge l’energia e la forza del Vangelo”.

don Franco Colombini