Sotto il Campanile 23 novembre

Pubblicato giorno 20 novembre 2020 - Senza categoria

 

 

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SECONDA DI AVVENTO
22 Novembre 2020 – Foglio n. 126
Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco

Mai dimenticherò l’emozione, che provai, quando Fabrizio De Andrè nel 1970 uscì con un albun discografico – un Lp a 33 giri – chiamato la “Buona Novella”. Avevo 20 anni. Nel vivo della contestazione sessantottina e in piena lotta studentesca il cantautore “anarchico” spiazzò tutti noi ragazzi, “figli dei fiori”, con la lettura dei Vangeli apocrifi, in particolare “dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo arabo dell’infanzia”. Era un approfondimento del brano “Si chiamava Gesù” del 1967 e fu una provocazione che indicava ai giovani contestatori Gesù Cristo come un modello da seguire, perché le nostre istanze erano le stesse di Colui che due millenni prima aveva lottato contro gli abusi del potere e i soprusi dell’autorità in nome dell’uguaglianza, della libertà, della fratellanza fra tutti gli uomini e i popoli. Non la violenza, non la libertà sfrenata e senza regole, non la droga e l’alcool, ma Gesù di Nazareth, il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. Brani come “Maria nella bottega del falegname”, l’ “Ave Maria”, “Il testamento di Tito” divennero i nostri inni nazionali. Li cantavamo a squarciagola nelle strade e nelle piazze strimpellando le corde delle chitarre. Entrarono negli oratori e nei seminari. Furono oggetto di catechesi, riflessioni spirituali, discussioni teologiche. Mi sentii infervorato. Subii ancora di più il fascino di Gesù, sapendo che un uomo come De André non aveva avuto timore di ammettere “Non ho il dono della fede, ma nella mia vita non posso prescindere da Cristo”.

Forse successe la stessa cosa alla gente di Palestina, quando nel deserto di Giuda si levò forte la voce di Giovanni il Battista a predicare lungo il fiume Giordano. “Portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico” (Mt 3, 4). Invitava alla conversione del cuore. Chiedeva un cambiamento radicale di vita. Proponeva il primato di Dio. Smascherava falsità e ipocrisie. Intimava di osservare la Legge con sincerità d’animo e purezza di sentimenti. Teneva alta l’attesa del Messia che stava per arrivare. Battezzava con acqua, annunciando Colui che presto avrebbe battezzato “in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3, 11).
Le folle accorrevano numerose, per ascoltare la parola incandescente di un uomo, plasmato dai silenzi infiniti del deserto. Nella solitudine con Dio, aveva ritrovato la sua anima, tra le rocce erose dal vento, sotto i raggi infuocati del sole, nelle notti accese di stelle. Tempo, pazienza, silenzio. Lo Spirito lo aveva condotto nel deserto, “come un uomo porta il proprio figlio” (Deut 1, 31). E lì Dio gli aveva aperto il cuore. La gente ne era attratta. Lo percepiva. Ascoltandolo, sentiva la Parola viva penetrare nella carne con la forza di una spada a doppio taglio.

L’uomo contemporaneo diffida del silenzio. Lo teme. Si riempie di baccano. Vive frastornato, confuso, stordito da parole vuote, voci insignificanti, suoni assordanti, forse per l’angoscia di scoprirsi sterile, pieno di paure, abitato dalla disperazione e dalla rabbia di una amara solitudine. Giovanni ci insegna che la pace del cuore e la forza della passione si respirano nel silenzio di Dio. Mai dimenticherò le ore trascorse inginocchiato sulla nuda terra, sprofondato nella luce del Mistero, sognando come un fanciullo, sazio di silenzio, di preghiera, di Dio, mentre le ore passavano non turbate dagli assilli, dai rumori, dalla fretta del tempo, che corre. Come è grande Dio!
Lasciare di tanto in tanto la vita quotidiana, cercare la solitudine, stare nel silenzio, pregare è indispensabile. “Se una madre ha nel ventre un figlio, è come una tenda quando soffia il ghibli, è come un’oasi per un assetato”. Così i Tuareg descrivono la loro terra, il Sahara. Il deserto è come una mamma. Non delude. Ti fa crescere nella gioia di essere amato e nelle prove della tentazione. Quante lotte con Dio! Infinite volte ho esclamato: “Signore, è terribile cadere nella tue mani!” (Eb 10, 31). Alla fine mi sono sempre arreso. L’Amore è più forte. Mi prende da tutte le parti e mi costringe ad andare verso quei volti che mi ha portato nel cuore. E la vita diventa bella. Il deserto fiorisce. La fede cresce.

Ogni mattina, dopo la S. Messa, la meditazione, il Breviario, inizio la giornata. Gli impegni – spesso imprevisti – mi portano a prendermi cura di coloro che Dio mi ha affidato. Cerco di non dimenticare nessuno. Vicini e lontani. Do la preferenza a chi ha più bisogno. Prediligo l’umanità ferita dai dispiaceri, percossa dai dolori, rovinata dal male, sprofondata nelle bassezze dei vizi e delle gozzoviglie, alla ricerca di una rinascita. E alla sera stanco, come tutti gli uomini che hanno lavorato per guadagnarsi il pane, entro nella chiesa buia, in adorazione, portando con me tutto quel mondo di sofferenza, povertà, oscurità, peccato, in mezzo al quale ho camminato, pagando la mia razione di dolore e di fatica. In questo deserto Dio mi aspetta per consolarmi.

Mi capita di arrivare pieno di gioia, come se avessi cambiato il mondo intero. Altre volte giungo stanco, angosciato, turbato dalle lacrime di chi ha visto andar via i propri cari senza una carezza, soffocato dalle grida dei disperati, come quelle della mamma di Joseph, mentre vede il suo bambino di sei mesi scomparire nelle acque gelide del mare. Oppure ancora inciampo nella tristezza di aver faticato invano per le incomprensioni, le delusioni, le amarezze. La notte amica mi è di conforto. Mi affido a Colui in cui spero. Davanti alle sconfitte, alle resistenze, alla morte ritrovo il coraggio di cantare la mia fede nella resurrezione. Sperimento una pace indicibile, mite, come l’argento che la luna, perduta nel cielo, va spargendo sul mondo addormentato nel sonno della notte.
Domani riprenderò il mio cammino con assoluta fedeltà. I grandi rivoluzionari sono stati donne e uomini di contemplazione. Hanno sfidato poteri impossibili, facendoli cadere. Giovanni il Battista mi ha indicato Gesù, Colui che ha portato nel mondo la violenza dell’amore. Io gli credo!

don Franco Colombini