Sotto il Campanile 25 Dicembre 2022

Pubblicato giorno 23 dicembre 2022 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

 

 

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Natale del Signore
25 Dicembre 2022 – Foglio n. 205
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14)

 

Ogni volta che arriva Natale, mi torna alla mente un aneddoto del Manzoni. Il poeta amava tanto questo giorno, lo sentiva come una delle feste cristiane più importanti e voleva che l’inno sacro, dedicato alla Natività, fosse migliore degli altri, il più bello. Quando lo compose non gli parve tale, ne rimase deluso e ci scrisse sotto: “Cecidère manus”, mi sono cadute le mani, non ce l’ho fatta. È il mio stesso sentimento. Davanti al silenzio del presepe rimango confuso e ogni volta che devo annunciare la nascita

del Figlio di Dio balbetto parole inadeguate. “E il Verbo si fece carne e noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Gv 1, 14). Mi perdo nell’abisso di un mistero che mi tra- volge. La troppa luce mi acceca. Al suo splendore i miei occhi non sono ancora abituati. Cerco Dio. Lo cerco da sempre. Lo incontro e mi sfugge. Aveva ragione Origene, uno dei grandi Padri della Chiesa, quando supplicava con umiltà: “Possa il
Signore Gesù toccare i nostri occhi per renderci capaci di guardare anche ciò che non si vede. Possa aprirli questi occhi, perché contemplino non solo il presente, ma l’avvenire, e possa donarci gli occhi del cuore, con i quali possiamo vedere Dio attraverso lo Spirito”.
I primi a incamminarsi verso il Figlio di Dio e ad adorarlo furono i pastori, i poveri, gli esclusi. In Gesù videro il Signore dei signori, il Re dei re. Scorsero i segni della sua umiltà e non ebbero timore ad accostarsi. Era uno di loro. Mi spaventa l’arroganza dell’uomo contemporaneo. Nella società prevalgono il potere, i titoli, il denaro. La persona umana viene poco considerata e la sua dignità è calpestata. Nelle tenebre del nostro tempo il Natale sprigiona una forza dirompente, capace di rivoluzionare il corso della storia, orientarlo al bene, staccandolo definitivamente dal male. Viene da un Neonato fragile e precario, “avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia” (Lc 2, 12). Non ha altro titolo se non quello di essere uno di noi. In Lui ci sono i tanti bambini che muoiono in Ucraina e in molte altre parti del mondo per la guerra, la fame, gli stenti, le malattie, la miseria, la povertà. Quest’anno più che mai comprendo quello che Giuseppe, Maria e Gesù sperimentarono: il freddo, il buio di una grotta, il rifiuto di una casa, la fuga per sopravvivere, il dolore per i tanti in- nocenti sacrificati alla cieca ambizione di un tiranno. È la storia che si ripete.
Gesù affrontò ogni situazione confidando nel Padre e riempiendole di amore.

Il suo esempio mi chiede di non perdere la fede, la fiducia, la speranza, perché anche una dura roccia può diventare una culla.

Guardandomi attorno, non tutto però è così grigio. Ci sono tante persone che nel silenzio e nel nascondimento si mettono al servizio del bene. Mi accorgo che sta nascendo un nuovo tipo di umanità, “forse sta crescendo qualcosa di meraviglioso”, come si diceva in un vecchio film di fantascienza. Centinaia, migliaia di uomini e donne scelgono di uscire da se stesse per specchiarsi negli occhi stanchi di un senza dimora, bussare alla porta di un anziano emarginato, coccolare un bambino ricoverato in una corsia d’ospedale, giocare con i diversamente abili, condividere l’ultimo pezzo di strada con chi è arrivato alla fine, prendersi cura del figlio di una madre sconosciuta e senza futuro, accogliere nel doposcuola coloro che faticano ad apprendere, ascoltare con pazienza i drammi umani e offrire aiuto, varcare le porte dei penitenziari per abbattere le sbarre della disperazione.
E lo fanno con le motivazioni più diverse, non sentendosi per questo dei santi.
Sono i “cercatori di senso”, quelli che riempiono di amore il vuoto dell’animo, traboccano di gioia, escono dalla routine del vivere quotidiano, vanno incontro al mondo degli ultimi, si chinano davanti al mistero del fratello disperato per trasmettergli un po’ del proprio calore. Sono un giacimento di energia vitale e sacra.

Il ragazzo sorridente, che porge una bevanda calda alla vecchia signora “senza dimora”, raggomitolata al freddo su una panchina del parco, non è un’eccezione, è una testimonianza concreta che traccia una strada. Nel suo gesto umile di solidarietà risuona l’eco autentica della rinascita evangelica. E anch’io per il Natale chiedo in dono al Bambino Gesù la santità di una vita nuova. È il messaggio più bello che ricevo. Nella mia porzione di mondo posso dare energia, tempo, intelligenza, amore. Quando vivo per gli altri e faccio mie le infinite storie della gente, entro nella logica di Dio e scopro il sapore della felicità.
“Di fronte alla nostra fragilità il Signore non si tira indietro. Non rimane nella sua eternità beata e nella sua luce infinita, ma si fa vicino, si fa carne, si cala nelle tenebre, abita terre a lui estranee, … , perché non si rassegna al fatto che noi possiamo smarrirci andando lontano da lui, lontani dall’eternità, lontani dalla luce.

Ecco l’opera di Dio: venire in mezzo a noi. Se noi ci riteniamo indegni, questo non lo ferma. Lui viene. Se lo rifiutiamo, non si stanca di cercarci. Se non siamo pronti e ben disposti ad accoglierlo, preferisce comunque venire. E se noi gli chiudiamo la porta in faccia, Lui aspetta. È proprio il Buon Pastore. È l’immagine più bella del Buon Pastore. Il Verbo che si fa carne per condividere la nostra vita.
Gesù è il Buon Pastore che viene a cercarci dove noi siamo: nei nostri problemi, nella nostra miseria. Dio ama abitare nella nostra stalla” (Papa Francesco).

don Franco Colombini