Sotto il Campanile 25 ottobre 2020

Pubblicato giorno 22 ottobre 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

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Prima dopo la Dedicazione
25 Ottobre 2020 – Foglio n. 122
Giornata Missionaria Mondiale

Ottobre è sinonimo di autunno, di foglie accese di colore, di mosto che fermenta, di caldarroste, di giornate sempre più corte. Nel calendario trovo la festa degli Angeli custodi e il nome di tanti santi a me vicini (come San Francesco d’Assisi, Santa Teresa di Lisieux, Santa Teresa d’Avila, San Giovanni Paolo II, San Giovanni XXIII e, da qualche giorno, Beato Carlo Acutis …).
È il mese del Rosario, una preghiera cara al Cuore di Maria. L’ho imparata da piccolo, recitandolo tutte le sere in casa prima di andare a letto. Contemplando la vita e l’amore di Gesù, unisco a Lui la mia quotidianità con i dolori, le gioie e i desideri che la abitano. Nello scorrere placato delle Ave Maria respiro la presenza della Madre, che ascolta, partecipa, intercede, e sento la voce di tanta gente, che nelle diverse parti del mondo – ognuno con la sua lingua – si affida a lei con fiducia e devozione.
È il mese missionario. Una scelta lontana nel tempo. Risale alla scoperta del continente americano, quando si aprì una nuova pagina – non sempre felice – nella storia dell’evangelizzazione. A Milano l’ultima domenica è dedicata alla Giornata Missionaria Mondiale.

L’evangelista Luca racconta che Gesù in persona, si affiancò ai due discepoli in cammino verso Emmaus, smarriti e confusi per quello che era avvenuto a Gerusalemme, e “aprì loro la mente per comprendere le Scritture” (Lc 24, 45). Quella sera il primo missionario, seduto a tavola nella taverna, rivelò la verità più strepitosa della storia, mentre spezzava il pane e lo condivideva: Lui è il risorto per sempre, l’eterno Presente, la Vita che ha vinto la morte. I due discepoli se ne ritornarono in fretta e furia a Gerusalemme. Morivano dalla voglia di raccontare agli altri la gioia di quell’incredibile incontro, che aveva illuminato a giorno la loro notte, scombussolando l’intera esistenza con la violenza di un terremoto e scatenando una rivoluzione interiore inaudita: “Abbiamo visto il Signore! È risorto!”.

Gesù è l’annuncio da portare in ogni angolo della terra, a tutte le creature di qualsiasi popolo e nazione, e gridarlo con la vita. È la verità di ogni essere umano. È l’uomo nuovo e vero. Nessuno può fare a meno di lui. Cammina sulle nostre strade. Sta in mezzo a noi. Ci avvolge nella Vita fatta eterna. Ci brucia nel fuoco della sua carità perenne e universale, così da amare senza riserve fratelli e sorelle d’ogni colore.

Leggendo gli Atti degli Apostoli rimango affascinato dalla potenza travolgente del Vangelo. Il Cristo risorto conquista i cuori di uomini e donne, paesi, città, popoli, al di sopra di barriere nazionalistiche e faziosità politiche, al di là di pregiudizi razziali, sconvolgendo gerarchie sociali, in nome della sacrosanta dignità di ciascuno. Oggi, dopo duemila anni, questa nostra umanità se ne va muta, stanca, delusa, sorda, impaurita. Si intontisce, consuma, usa, getta, dopandosi di vizi e di emozioni, senza mai vincere la sua sconfinata solitudine, soprattutto oggi che si è scoperta debole e vulnerabile dall’apparire improvviso di un virus misterioso. Anche le comunità dei credenti spesso sono lì, fiacche e deluse per mille smacchi, impotenti davanti all’insorgere tenace di idoli antichi, che si ripresentano sotto mille vesti d’oro, impaurite, senza parole, tentate di lasciare il Dio della Croce per rincorrere la felicità e il successo, cercando altrove.

Che cosa si può fare? La cosa migliore è ritornare nel Cenacolo, a Emmaus, nel giardino degli ulivi, in cima al monte dell’Ascensione. Ritrovare il Cristo risorto. Abbiamo agito come se non ci fosse, lo abbiamo lasciato fuori dai nostri progetti, ci siamo sentiti forti e sicuri, assaporando l’assurda pretesa di cambiare il mondo da soli. Egli è qui, oggi, vive nella storia. Incontrandolo, si risvegliano i cuori e gli animi ritrovano euforia, passione, entusiasmo. Ci manda nel mondo come testimoni di eventi strepitosi, ci affida l’umanità, ci chiede di rinnovare tutte le cose con la forza dell’amore. Ci accompagna passo dopo passo, nella fede e nella gioia di vivere in libertà di spirito, nel totale abbandono alla Grazia, in piena docilità alle Beatitudini, nell’assoluta povertà dei mezzi umani. Cristo darà compimento ad ogni speranza.

Invia noi i suoi discepoli nella società globalizzata di oggi, che ha costruito la propria illusione di immortalità su un sistema di vita insostenibile, dove è premiata la ricchezza di pochi e i più vengono condannati alla povertà. “Ubris”, l’avrebbero chiamata gli antichi greci, “tracotanza”. Siamo mandati a portare nel cuore del mondo la solidarietà, l’empatia, la compassione, l’amore. Ci invita a costruire la comunità della cura, della presenza, dei valori, dell’etica, dell’amicizia autentica. “Andate!”. Ci chiede di vivere tra la gente, solidali con il suo soffrire, spronandola ogni giorno a sperare. La presenza di chi le vuole bene arriva al cuore. L’occhio preferenziale per i più deboli è la miglior testimonianza del Risorto, che si è chinato nelle vesti di un servo fino alla umiliazione più profonda. È con noi, quando, superato ogni ritegno, non esitiamo a sporcarci qualche lembo del vestito, pur di salvare fratelli che soffrono solitudini, disagi, emarginazioni, lebbre sociali. Insieme possiamo. Davanti c’è in mondo nuovo da inventare. Siamo poveri, inadeguati, titubanti, ma Dio è grande. A Lui nulla è impossibile. Anche la morte si arrende. Basta un granello di fede e un soffio di coraggio.

“In ogni volto vedo un amico”. Era una canzone che cantavo da ragazzo, mi piaceva, raccontava la mia storia. Ancora oggi Gesù risorto mi dona una eccedenza di tenerezza, da rendere spontaneo accogliere con affetto chiunque incrocio sulla mia strada. È un bisogno del cuore Non mi spaventano le ferite, i disagi, le azioni cattive. Gli voglio bene. Desidero che sia felice e allarghi lo sguardo a orizzonti di speranze ricche di umanità. Lo faccio partecipe del segreto più bello che rende straordinaria la mia esistenza: “Ho visto il Signore, mi ha messo il fuoco nell’animo, sono rinato nella Croce”. Infondere nei cuori l’ansia dell’Infinito è una avventura straordinaria, che non finisce mai di appassionarmi.

L’ha fatto alla grande il Beato Carlo Acutis. Un adolescente milanese pieno di vita e di entusiasmo. Una vita normale, come quella di tanti quindicenni. Giocava a pallone, usava i videogiochi, navigava in internet, frequentava la scuola e l’oratorio. Ma metteva sempre Cristo al centro della sua vita: “Non io, ma Dio”. Da quando aveva sette anni andava a Messa tutti i giorni, partecipava all’adorazione eucaristica, leggeva le Sacre Scritture e le biografie dei santi. E poi si dedicava agli altri. Premuroso, gentile, affettuoso. Aveva una parola buona per tutti, un sorriso. A scuola aiutava chi era più timido, veniva preso in giro, attraversava momenti di difficoltà. In parrocchia dava una mano, anche come catechista, per poi uscire e portare cibo e sacchi a pelo ai senzatetto, dopo aver svuotato il suo salvadanaio. Viveva ogni momento in pienezza e con gioia. Un ragazzo felice di Dio, entusiasta della vita. Un missionario dei nostri giorni. In lui Gesù Risorto ci ha raggiunto sulle nostre strade e si è fatto compagno di viaggio.

Un evento che si ripete dove c’è un po’ di fede e tanto amore. La testimonianza di Carlo mi conforta. Dio ci vuole troppo bene. Fa miracoli per arrivare ai cuori. Brucia dalla voglia di raggiungerci. “Fede e amore. Queste parole mi sono rimaste nel cuore. Ti ascolterò, Signore, e tu manda me, dovunque vorrai”

don Franco Colombini