Sotto il Campanile 26 aprile

Pubblicato giorno 24 aprile 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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 Trovi di seguito la preghiera in famiglia per la III domenica dopo Pasqua “Vieni, Spirito, e donaci la parola nuova!” (scarica preghiera).

Inoltre ascoltato il consiglio di alcuni parroci abbiamo predisposto un momento di preghiera nelle famiglie dove è venuta a mancare una persona a noi cara (scarica preghiera consolatoria).

Nell’attesa di celebrare un rito comunitario, siamo persuasi che la Parola di Dio, in particolare alcuni salmi e il vangelo di Lazzaro, possano rianimare e sostenere questi momenti non semplici.

 

III Domenica di Pasqua

26 Aprile 2020 –

Foglio n. 110

Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (Gv 1, 29)

 

In queste settimane, chiusi nel perimetro delle nostre abitazioni, limitati nei movimenti, ansiosi e incerti sull’inizio della ripresa e, soprattutto, con addosso quel peso colossale, che è la paura, il nostro pensiero rischia di diventare unico. Non pensiamo ad altro. Non parliamo né scriviamo cose diverse da quel famelico morbo, che ha ucciso troppi di noi ed ora ci sta succhiando l’anima, pezzetto per pezzetto, impantanandoci nelle sabbie mobili di un futuro senza orizzonti. “E’ come essere in guerra!”, viene spesso ripetuto. Mi torna alla mente mio papà, che la guerra l’ha fatta davvero. Al suo diciannovesimo compleanno si trovava già in Russia. Vi passò due lunghi anni al freddo, al gelo, minacciato da un nemico invisibile e spietato. E poi la fatidica ritirata in quelle desolate langhe senza fine, affamati, congelati, con gli amici che cadevano sfiniti, affidando al cuore le ultime parole per le mamme, i papà, i figli, le fidanzate, che non avrebbero più rivisto. Il tempo di una preghiera, un segno di croce, una carezza e poi di nuovo in cammino, affondando i piedi nella neve, che diventavano sempre più rigidi, duri e non volevano andare avanti.

E all’orizzonte la linea bianca si spostava sempre più in là. Irraggiungibile. Tornare a casa sembrava un’impresa impossibile. Dove trovò mio papà la forza di non arrendersi? Chi l’ha aiutato e sostenuto? Me lo sono chiesto tante volte. Forse nel suo animo vedeva già il volto dei suoi figli non ancora nati, la donna che amava e lo aspettava, i genitori, la sorella, gli amici, il cortile, la casa, il paese. Sognava il futuro. La guerra incombeva, terrorizzava, uccideva, decimava, ma bisognava impedirle di imprigionare la mente nel vortice di un pensiero unico, fisso come un chiodo, altrimenti avrebbe vinto lei, non la pace, la vita, la gioia del domani. Lo hanno salvato la volontà di vivere, il volto dei propri cari, il desiderio di riportare in Patria gli sguardi di chi non ce l’ha fatta, la fede nella provvidenza di Dio.

Dopo la morte ho ritrovato nel suo portafoglio due immaginette sacre: S. Giuseppe Benedetto Cottolengo e S. Teresa di Lisieux. La prima gli era stata data dalle Suore, quando ancora frequentava l’asilo. La seconda l’aveva presa in una chiesa di Verona prima di partire per la Russia. Le ha sempre tenute con sé. Le conservava come reliquie. Erano sgualcite, rovinate, ingiallite dal tempo e dalle mani che le hanno strette in preghiera. Un grande insegnamento per il tempo che ci aspetta. Spero che nelle nostre case, tra le tante cose che facciamo, si dia spazio al sogno, pensare al dopo, a come potremo essere migliori, affinché la luce, appena intravista in fondo al tunnel, non ci abbagli, cogliendoci impreparati. La crisi fa emergere il meglio e il peggio. I cattivi diventano più duri ed egoisti, i buoni più generosi e miti. Rivela la verità di noi stessi. E’ il momento della riscossa. Che cosa ci accadrà? “Niente sarà più come prima”. Ce lo diciamo ogni volta che si presenta un fatto funesto. Peccato che poi non avviene. Passato il primo momento di sconcerto, si torna ad essere quelli di sempre, fino ad un altro tragico evento. Conferiamo al mondo il ruolo di cambiare senza la buona volontà personale, il coinvolgimento interiore, la scelta di vita. Sono i valori della coscienza, i sentimenti buoni, i sani propositi, la sincerità, la trasparenza, la rettitudine, la disponibilità al prossimo, le azioni quotidiane a rendere vera la decisione di iniziare un nuovo percorso. “Se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3, 3), disse Gesù a Nicodemo.

La storia ci fa diversi, se ci cambia dentro. Tocca a noi. Tocca a me. Questa è la vera rivoluzione, l’unica possibile, già successa duemila anni fa con Gesù. A noi raccoglierla e continuarla. “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29). Il Battista presenta Gesù alle folle sulle rive del Giordano come Colui che annienta il disordine dell’intera società umana, rendendola ingiusta. “Il peccato del mondo” è una spirale senza fine, che fa paura, perché può allargarsi sempre più. Odio, violenze, guerre insanguinano le strade di tanti paesi per logiche espansionistiche, coperte da silenzi interessati comprati col denaro. Fame, sete, ingiustizia, povertà, miseria, malattie, degrado sfigurano il volto di infinite popolazioni. I ricchi gridano prepotenti: “Prima noi!”, mentre la gente muore di stenti nella più assoluta indifferenza. Lo scatenarsi di una sessualità disordinata fa strage ovunque, anche di bambini innocenti, e intanto si tollera che la pornografia, la volgarità, il turpiloquio sporchino i sentimenti più sacri. L’invidia, l’avidità, la brama del potere permangono stabili e corrompono i rapporti, cancellano la gratuità, spengono la fiducia, fanno dimenticare il bene comune.

L’Agnello di Dio toglie tutto questo peccato del mondo, schierandosi dalla parte dei poveri, abbracciando la causa della giustizia, prendendo sulle spalle il male degli uomini, rendendo possibile il cambiamento dei cuori. Nella sua umanità fedele ha trovato dimora la potenza di Dio che trasforma tutte le cose. Si parla di “ripartenza”, per andare dove? Ripercorrere le strade del passato e ripetere gli stessi errori significa sprofondare nel baratro. L’aver preso coscienza di quanto fosse fragile e instabile l’impalcatura su cui si reggeva il nostro modello di società, i mondi della politica, della finanza, della sanità e anche le nostre vite non ci rende migliori. Solo se lo desideriamo e lo vogliamo, non saremo più quelli di una volta. In Gesù è possibile sognare una nuova umanità, un nuovo cielo, una nuova terra. La forza di amare, che viene dallo Spirito, ci fa artisti, capaci di forgiare il futuro, che abbiamo visto nel mistero del Figlio dell’Uomo. 75 anni fa i nostri padri e i nostri nonni si sono sacrificati fino al sangue per la libertà. L’hanno fatto anche per noi e ci sono riusciti. Il 25 Aprile è una memoria incancellabile, che ha sempre tanto da insegnare. Ora c’è da curare una ferita aperta, reinventare la società, far più sano, più bello, più giusto il domani di tutti, rinascere. Dio ci aiuterà. Non falliremo all’appuntamento con la storia. Con il coraggio e la speranza, che vengono dall’amore, raccoglieremo la sfida e la porteremo a termine.

don Franco Colombini