Sotto il Campanile 27 gennaio 2019

Pubblicato giorno 26 gennaio 2019 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

27 Gennaio 2019  – 

Foglio n. 58

In ogni casa risplende il volto di Dio La famiglia è il luogo dove Dio chiama alla vita, ci nutre di amore, ci accompagna con la sua benedizione. Gesù cresce in una famiglia, conosce l’amore dei genitori, impara la fatica e la dignità del lavoro, prega la Scrittura in casa, nella Sinagoga, nel Tempio, ascolta la voce del Padre, comprende la sua volontà e l’accetta.

In ogni casa risplende l’amore di Dio e noi vediamo il suo volto. È bello ogni tanto fare memoria, rivivere le meraviglie di Dio, compiere un pellegrinaggio nei luoghi cari alla storia della propria famiglia, ritornare dove ci si è conosciuti ed è nato il desiderio di sposarsi, visitare la chiesa nella quale il Signore ha legato per sempre le vite  nella perenne unità di “una sola carne”.

È un bisogno del cuore ringraziare per i tanti doni ricevuti, affidarsi nei momenti di fatica e di sofferenza, invocare una grazia speciale, ripercorrere nello stupore della preghiera il cammino fatto, contemplare il volto di ogni persona cara, senza dimenticare la bellezza e la gioia del “camminare insieme” nella fede, nella speranza, nell’amore, che diventa sempre più grande nel tempo che passa. Ci sono ricordi che fermano la storia e ci costringono a gioire, contemplare, ascoltare.

L’Arcivescovo Mons. Delpini scrive nella Lettera Pastorale:

“L’immagine del cammino comporta quella della fatica, del tempo da trascorrere nel deserto, delle insidie e degli ostacoli da superare. Eppure il cammino, secondo l’esperienza dei pellegrini, non consuma le forze, non spegne il desiderio, non induce allo sconforto, non fa spazio alla tentazione di ‘tornare indietro’ o di abbandonare la carovana, finché resta viva la promessa di Dio e l’attrattiva della città santa. Il popolo in cammino condivide l’esperienza. Cresce lungo il cammino il suo vigore (Salmo 84, 8)”.

Mi piace l’immagine del pellegrinaggio. Riassume la storia di ogni famiglia:

“… possiamo dire che la vita della famiglia è un insieme di piccoli e grandi pellegrinaggi ” (Papa Francesco, Festa della Famiglia, 2015).

Non a caso la ricca tradizione biblica del pellegrinaggio, testimoniata dall’intensa spiritualità dei “Salmi delle ascensioni”, presupponeva un contesto di famiglie che “insieme” raggiungevano i santuari di Israele, in particolare il Tempio della Città Santa. Tra i tanti episodi della vita di Nazareth, che Luca poteva narrare nel Vangelo dell’infanzia,  ne sceglie pochissimi e, tra questi, il pellegrinaggio di Maria e di Giuseppe a Gerusalemme con Gesù dodicenne, che segnerà una svolta decisiva nella storia della Santa Famiglia e nella crescita del Figlio di Dio (Lc , 41-52). Continua Papa Francesco:

“Come è importante per le nostre famiglie camminare insieme e avere una stessa meta da raggiungere! Sappiamo che abbiamo un percorso comune da compiere, una strada dove incontriamo difficoltà, ma anche momenti di gioia e di consolazione”.

Uno di questi – incommensurabile nella sua profondità – è quello del perdono. La catechesi degli adulti di venerdì scorso ci ha fatto incontrare l’esperienza di due uomini segnati dalla grazia di Dio. M. tolse la vita ai suoi genitori. Era molto giovane, quando commise il delitto. Pensava di risparmiare il dispiacere e la delusione di vedere i loro sacrifici sciupati. Gli anni passati in carcere sono stati terribili per la solitudine, il rimorso, la disperazione. Quante volte nel pianto ha gridato a Dio le parole del Salmo 50:

“Pietà di me, o Dio. Nel tuo grande amore cancella il mio peccato. Lavami, purificami, perdonami, liberami!”. Dio gli ha risposto con l’amore. Dietro le sbarre ha incontrato persone che gli hanno voluto bene, l’hanno ascoltato con pazienza, gli sono stati vicini, come avrebbero fatto i suoi genitori. E lui ha capito. L’amore l’ha seguito ovunque. Anche in carcere. Mai è stato abbandonato. Ha pianto di gioia, di commozione, di gratitudine. Ha sentito il desiderio di “onorare il padre e la madre” con una vita nuova, amorevole, disinteressata, altruista, solidale. Ora lo sta facendo nella famiglia, che ha creato, con la donna che ama e le figlie, frutto del loro amore. Sono convinto che i suoi genitori gli sorridono dal cielo. F. fin da adolescente pensava di eliminare le ingiustizie del mondo cambiandolo con la violenza. Abbracciò gli ideali delle Brigate Rosse, lasciò la famiglia, la fidanzata, entrò nella clandestinità, partecipò alla lotta armata, che fece tante vittime innocenti. Il carcere speciale lo rese ancora più duro e lo convinse della bontà delle sue idee. Poi la svolta. Quando si accorse di non avere più un futuro, decise con alcuni compagni di fare lo sciopero della fame, di morire con la causa perduta. In quel momento ci furono cappellani, che denunciarono le violazioni dei diritti civili, l’isolamento, la tortura psicologica e fisica; si rifiutarono di celebrare la Messa di Natale se non fossero stati presenti; chiesero il rispetto della dignità umana. Alcuni direttori incominciarono a considerarli, a trattare, dialogare, discutere. I volontari si posero al loro servizio. L’amore ha fatto il miracolo. Ai funerali del cappellano di San Vittore, F. con i suoi amici scrisse una lettera:

“Poche parole per dire a tutti quanto sei stato grande e importante per noi. Un grande amico, un padre. Ci hai saputo guidare fuori da tanti abissi: quelli esteriori, come le carceri in cui eravamo rinchiusi; e quelli interiori, attraverso un ascolto paziente e incondizionato, tenendoci per mano, con decisione, ma senza mai strattonarci. Per te noi eravamo uomini e donne. Non detenuti, delinquenti, terroristi, … verso cui elargire qualche caritatevole forma di benevolenza. Ci riconoscevi quella dignità che tante volte ci veniva negata.  …  Sei stato un ottimo coltivatore, hai avuto il coraggio di scommettere su piante in cui nessuno credeva, e hai visto una foresta che silenziosamente è cresciuta. .. . Hai avuto fiducia e tanto coraggio, retto da una fede che non conoscevamo. Sapevi entrare nel ventre della tigre con tutta la tua dolcezza, positività e determinazione. Quanti fatti ed episodi piccoli e grandi. Non solo la consegna delle armi al Cardinale Martini e la grande e silenziosa opera di mediazione con le istituzioni, che sigillò l’inizio della fine della lotta armata nel nostro paese. Ma fatti per lo più silenziosi, e per questo non conosciuti, ma che hanno lasciato segni indelebili, che hanno permesso di raccogliere energie negative e trasformarle, riconvertirle, in energie positive al servizio della società”.

Una grande lezione di vita. Quando ci si vuole bene come in famiglia, si possono piantare semi di speranza nei cuori e nelle menti e anche il carcere fiorisce in un giardino meraviglioso.

don Franco Colombini