Sotto il Campanile 28 Febbraio 2021

Pubblicato giorno 26 febbraio 2021 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

scarica==> sotto il campanile 28 Febbraio 2021

II DOMENICA di QUARESIMA 28 Febbraio 2021 –

Foglio n. 140

Chi berrà dell’acqua che io darò non avrà più sete in eterno (Gv 4, 14)

 

Ogni anno la liturgia ambrosiana presenta nella II domenica di Quaresima l’episodio della donna samaritana, giunta al pozzo di Sicar ad attingere acqua. Gesù, stanco e assetato, le chiese da bere. Ne venne un lungo dialogo, confidenzia- le, a tratti difficoltoso. Gesù evitava di risponderle a tono. Portava il discorso sempre più in alto. Non si accontentava. Lo fece solo quando la donna cominciò a parlare di sé, a rimettersi in questione, pur se in forma velata. “Non ho mari- to”. E Gesù: “Ne hai avuti cinque”. La risposta la obbligò ad entrare nel vivo dei suoi problemi, a guardarsi dentro, a non fuggire da se stessa, a interrogarsi, a confessare le tante delusioni, le amarezze, le scontentezze, i fallimenti. Ma fin- se di non capire: “Dobbiamo adorare a Gerusalemme o su questo monte?”. E Gesù, di nuovo, con pazienza: “Né qui né a Gerusalemme, ma in spirito e verità”. La Samaritana questa volta avrebbe voluto fermarsi, lasciar perdere. Forse aveva paura. “Se un giorno verrà il Messia, ci spiegherà ogni cosa”. La risposta di Gesù è secca e sorprendente: “Non devi fuggire, abbandonare la vita a se stessa, rimandare a chissà quando le decisioni, vivere impantanata nelle sabbie torbide del passato, lacerata dalla tristezza e dalla desolazione interiore, perché il Messia è qui, sono io, che ti parlo”.

Come per la donna samaritana, sento mio oggi l’invito ad andare oltre. Colui che mi parla qui e adesso è il Figlio di Dio, a cui non posso sfuggire. Mi conosce nel profondo, mi ob- bliga ad abbandonare le reticenze, a prendere in mano la vita, a non avere paura, perché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). È il momento favorevole della rinascita, del perdono, della gioia. La samaritana è la figura della nostra società delusa, scettica, amareggiata, appesantita dalla noia, sporcata dalle banalità, desiderosa di evadere, dilaniata da un virus crudele e vigliacco, impotente di fronte al grido straziante dei poveri, fiaccata dai dolori delle guer- re, degli odi, delle crudeltà, delle vendette. Non guarda più in alto, ha smesso di sognare, vive mangiando il suo capitale di storia e di talenti, elude ogni discorso serio, teme il futuro, si crogiola nei vizi della corruzione e della dissolutezza, ha perso la propria ani- ma. Questa donna parla di me. Sono io, quando mi rassegno al tram tram ordinario, alla quotidianità sempre identica a se stessa, alla monotonia di cose ripetute senza cuore. Mi lascio prendere dall’apatia, dalla noia, dalla stanchezza, dalla sfiducia. Non ho più voglia di far niente. Rinuncio a lottare per la giustizia. Si è spenta la passione per il Vangelo. Mi sento seccato dalla voce di chi si avvicina e chiede aiuto. Vivo come se Dio non ci fos- se e niente di nuovo potesse ancora succedere. La testimonianza della Samaritana mi risveglia dal torpore. “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?” (Gv 3, 29). Questa donna mi annuncia che il Signore c’è, è qui, mi aspetta, mi spiega come riprendere fiato ed entusiasmo, mi chiama, mi mobilita, mi sprona a riprendere quota, mi mette il mondo tra le mani, mi chiede di trasformarlo con l’impegno della carità. È un’occasione unica, da non perdere, perché rivoluziona la vita e la storia intera.

Ieri ho accompagnato due ragazzi a fare la spesa. Non mangiavano da giorni ed erano af- famati come lupi. Era quasi sera. Da lontano vedevo il sole scendere all’orizzonte lasciando il cielo nel buio. Alla cassa, davanti a noi, c’era una signora benvestita, dignitosa, sui 70 anni. Mise le sue compere sul nastro. Poche cose, una spesa minima, giusto il necessario. “Ventitre e ventisei”, le disse la cassiera, dandole lo scontrino. La donna scrollò la testa: “Impossibile”. La cassiera gettò un’occhiata sugli articoli messi nella busta: “No, è corretto, ventitre e ventisei”. Nei pochi attimi in cui la cassiera ricontrollò il conto, la signora si era gi- rata a guardare la gente in fila dietro di lei, come per sincerarsi di quanti stessero osservando la scena. Avvicinò il volto alla cassiera, le parlò sottovoce, per non farsi sentire. La sua vergogna diventò la mia. “Potrebbe togliere qualcosa, per scendere sotto i venti euro?”. La cassiera sorrise: “Se vuole, può pagare con il bancomat o la carta di credito”. “La banca me le ha sospese”. Gli occhi, la timidezza, le poche parole di quella donna sono rimasti impressi nella mia memoria come un emblema di questo inverno piovoso, infinito, snervato dal Covid. Spero che la primavera, ormai vicina, possa colmare i solchi profondissimi scavati dalla crisi, perché tanti, troppi, non sanno più come fare, cosa sperare, pur sopportando in silenzio e con grande dignità gli stenti della vita quotidiana! Nella donna del supermercato ho percepito la voce di Gesù: “Ho sete. Ho fame. Dammi da bere. Dammi da mangiare”. È quella dei poveri. Bambini costretti a mendicare in stra- da, giovani ridotti all’accattonaggio, donne illuse dal miraggio di un lavoro gratificante e schiavizzate sui marciapiedi e nei locali del mercimonio coatto. Migranti che perdono la vita lungo le rotte di terra e di mare verso il sogno di un futuro migliore, lavoratori costretti a turni massacranti da occupazione in nero. Anziani soli senza sostegno, uomini e donne diversa- mente abili privi del giusto sostentamento, ammalati di mente lasciati a se stessi, detenuti dimenticati dietro le sbarre, adolescenti impauriti che trovano forza nella violenza di gruppo o nelle sostanze tossiche e alcoliche, … . Esseri umani in balia dei mali del mondo. Una pia- ga sociale, resa ancora più grave dalla pandemia. Una tragedia che resiste per la crudeltà di chi specula sulla disperazione e l’indifferenza della società. “

Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura” (Gv 4, 35). Gesù vede un mondo nuovo che sta per nascere, dove gli uomini e le donne vivono in pace e godono felici dei beni della terra. “Fratelli tutti”. La Chiesa fa suo il sogno di Gesù. Si ferma a fasciare le ferite di chi incontra. Annuncia il Vangelo vivo della carità con gesti concreti di amicizia e solidarietà. Si espropria di ciò che possiede, diventando profezia per il mondo. Esistono guerre buone da combattere contro l’ignoranza, le malattie, la fame, le povertà. Gli eserciti in campo sono armati di amore e di buona volontà. I suoi soldati non uccidono, sono al servizio della vita, sacrificano la propria per quella degli altri. I discepoli di Gesù usano la politica per ricercare soluzioni condivise in vista del bene co- mune. Sanno dialogare in modo inclusivo, pacifico, costruttivo, rispettoso di tutte le compo- nenti. Non esasperano le contrapposizioni per il proprio tornaconto personale o di partito. Organizzano la sanità prendendosi cura di ogni malato, soprattutto dei più poveri e deboli. Mettono in atto una nuova economia al servizio dell’uomo. “L’economia del dono” come la chiamava Papa Benedetto XVI. Lottano contro il principio dello sfruttamento e dello scarto. Si preoccupano della casa comune, la Terra, prestano ascolto al sempre più forte campa- nello d’allarme dei cambiamenti climatici. Sono attenti alle nuove generazioni, favoriscono il dialogo intergenerazionale, affrontano con risoluta determinazione quella che, con espres- sione forte, il Papa ha chiamato “la catastrofe educativa”, perché l’educazione è l’antidoto naturale all’individualismo, al culto dell’io, al primato dell’indifferenza. Proteggono ogni vita, difendono la famiglia dove l’amore manifesta il suo volto più bello. Chiedono che i progressi scientifici vadano a beneficio di tutta l’umanità. La storia accelera quando c’è in gioco la vita. Il mondo è in corsa per realizzare in fretta la vaccinazione di massa. Urge sintetizzare un nuovo farmaco, altrettanto necessario quanto quello anti-Covid, che ha come principi attivi la fraternità, la speranza, l’impegno, il sacrificio. Gesù affamato e assetato, che ha guarito la donna Samaritana, è la medicina di cui oggi l’umanità ha assoluto bisogno.

 

don Franco Colombini