Sotto il Campanile 28 Gennaio 2024

Pubblicato giorno 26 gennaio 2024 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

 

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IV DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE
28 Gennaio 2024 – Foglio n. 247

“Gesù cresceva in sapienza, età e grazia” (Lc 2, 52)
La Bibbia è una biblioteca sull’arte e sulla fatica di amare.

È il racconto dell’amore, vivo, potente, incarnato, quotidiano, a partire dalla prima famiglia di Adamo ed Eva, segnata dalla violenza e dalla forza della vita che continua. Anche la famiglia di Nazareth ha conosciuto momenti difficili. Subito dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe scapparono in Egitto per sfuggire all’ira di Erode. Poi si trovarono alle prese con un dodicenne difficile, che non riuscivano a capire che cosa avesse in testa, desideroso di affermare la propria autonomia, come tutti gli adolescenti.

Un figlio non è sempre comprensibile, ma è sempre abbracciabile. Dietro tanta fatica scorsero il mistero di Dio che avanzava. E lo accolsero, custodendo e accompagnando nel nascondimento della casa di Nazareth il cammino di quel Figlio verso la sua piena realizzazione. Quanta fede ancora oggi sta dentro il silenzio di tanti genitori, che senza mai perdere la speranza, sanno attendere, convinti che l’amore prima o dopo farà meraviglie! Ieri, nel giorno della memoria, ho ripensato alla testimonianza di Liliana
Segre, quando ricorda l’ultima volta che la mano di suo padre scivolò dalla sua e non la riebbe più.

Una mano di tenerezza e di forza che durò tutta la vita, oltre l’odio di chi gliel’aveva strappata.

Sono tante le mani che accompagnano i figli verso il futuro. È un cammino intrecciato da multiformi paternità e maternità, da amicizie, da figure significative, persino da persone dalle quali si è ricevuto del male, da incontri e avventure indimenticabili. Anche sui campi di calcio e nei cortili dell’Oratorio si può diventare campioni nella vita e santi.

Lo racconta Beppe Bergomi, la bandiera dell’Inter, campione del mondo nel 1982 a 18 anni, parlando della sua adolescenza
in parrocchia tra i preti. È un po’ di parte, ma dice delle cose belle.

BERGOMI: L’ORATORIO, UNA SCUOLA DI VITA

Non ci piove. Nel mondo del calcio chi parla di “zio” si riferisce a lui, Beppe Bergomi, campione del mondo e storico capitano dell’Inter. “Ad affibbiarmi il soprannome fu il mio compagno di squadra Giampiero Marini per via dei baffi che mi invecchiavano. Quanti anni hai? mi chiese.
Sedici. Sedici? Sembri mio zio. Da allora tutti mi chiamano così. E va benissimo”. Dietro quei baffi nessun significato particolare. “Era una forma di imitazione. Mio fratello li aveva e me li sono fatti crescere anch’io. Non era un modo per sentirmi più grande o nascondere qualcosa”. A spiegare Beppe Bergomi bastano i numeri.

Sessant’anni appena compiuti, campione del mondo in Spagna a 18 anni, ha giocato 81 partite in nazionale e 756 nell’Inter con cui ha vinto uno scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e tre coppe Uefa. L’ultima partecipazione ai campionati nel mondo , a 35 anni, nel 1998. “Esserci mi ha dato una gioia particolare. In una carriera ci sono alti e bassi e, quando dopo tanto tempo riesci a riconquistare il traguardo della maglia azzurra, è un motivo di grande orgoglio. Devo ringraziare Gigi Simoni che allenava l’Inter
di allora. Ci disse che per lui non contava l’età, giocava chi meritava. Feci una stagione bellissima e tornai in Nazionale”.
NELLA SUA FORMAZIONE UMANA E CALCISTICA È STATO FONDAMENTALE L’ORATORIO
Abitavo a Settala, che allora faceva mille abitanti. O si andava all’oratorio che non sempre era aperto, perché don Narciso a un certo punto lo chiudeva, o non c’era niente. E tante volte scavalcavamo per continuare a giocare. Diciamo che strada e oratorio sono stati una bella palestra di vita.
I RICORDI SEMBRANO ANCORA FRESCHI
Sono molto legato ai tempi dell’oratorio e non solo per il pallone. Ho fatto il chierichetto per sei anni.
CI SONO STATI SACERDOTI PARTICOLARMENTE IMPORTANTI, IMMAGINO
Due in particolare. Don Narciso che tra l’altro giocava sempre in coppia con mio papà a scopa d’assi e don Giovanni Brovelli, storico “don” di Settala. Con loro ho condiviso l’adolescenza.
UNA CARRIERA PRECOCE LA SUA
Due anni alla Settalese, la squadra del mio paese e poi all’Inter.
CON UN ESORDIO IN SERIE A, ARRIVATO PRESTISSIMO, A 17 ANNI. L’ORATORIO PERÒ NON È MAI STATO DIMENTICATO
Di quegli anni ti porti dietro le amicizie e quei valori che diventano tuoi, a cui ti aggrappi nei momenti difficili. L’oratorio è un ambiente sano, che ti fa vivere emozioni importanti.
OGGI INVECE CI SONO LE SCUOLE CALCIO
Adesso i ragazzi passano al campo sei ore a settimana, noi in oratorio giocavamo sei ore al giorno.
Oggi ci si diverte molto meno. Ma le differenze rispetto ad allora, riguardano un po’ tutto. Penso alle capacità coordinative, se chiedi a un ragazzo di fare una capriola lo mandi in difficoltà, perché non è abituato. A noi, che in oratorio oltre a pallone giocavamo a basket, a pallavolo, a ping pong e ci arrampicavamo sugli alberi, veniva naturale.
BERGOMI, INTERISTA DA SEMPRE E PER SEMPRE
Assolutamente, e andando avanti con gli anni “peggioro”. Naturalmente, se è per lavoro, guardo la partita. Altrimenti, quando sono in casa, e si gioca il derby o con la Juve, cammino per la camera, butto l’occhio. Poi abitando in zona San Siro arriva prima il boato dello stadio delle immagini. E capisco che abbiamo fatto goal.
PERÒ È BELLO QUANDO UNO RIESCE ANCORA AD EMOZIONARSI.
Sì, mi succede sia andando negli stadi per commentare le partite, cosa che faccio sempre con grande passione, sia per il senso forte di appartenenza e di attaccamento all’Inter.
TORNANDO AL DISCORSO INIZIALE, LA FEDE È SEMPRE STATA IMPORTANTE PER LEI
Me l’ha trasmessa soprattutto mia mamma, che è molto religiosa, e ancora adesso, a 93 anni, frequenta l’oratorio, va in chiesa per la Messa e a recitare il Rosario. E dice che prega per me tutti i giorni. Poi nella vita, sul versante della fede ci sono stati alti e bassi.
CREDO SIA NORMALE
Comunque, la “linea”, se così si può dire, l’ho sempre seguita e, ancora adesso, a 60 anni, credere mi fa sentire tranquillo e nei momenti di difficoltà mi aggrappo alla fede.
UN AIUTO PER VIVERE MEGLIO, PER ESSERE UNA PERSONA MIGLIORE
Sì, per me è così.
RIPENSANDO ALL’ORATORIO E ALLA PARROCCHIA, CI SONO STATI SACERDOTI PARTICOLARMENTE SIGNIFICATIVI NELLA SUA VITA?
A me ha sposato don Filippo Guarnerio, parroco di Gerenzano, che adesso a quasi ottant’anni si è ritirato a Saronno. La prima volta che l’ho incontrato era al Ronchetto delle rane, che si trova in zona Gratosoglio, a Milano, con una chiesetta sperduta in mezzo alle risaie. Lì c’era un campetto di calcio, e lui, che era tifoso del Toro, mi raccontava che quando giocava nascondeva il pallone sotto la veste, per non farlo prendere ai ragazzi. Con lui ho avuto un rapporto speciale. L’ho conosciuto da grande ma è stata una bella persona, che mi ha aiutato tanto.

don Franco Colombini