Sotto il Campanile – 3 Dicembre

Pubblicato giorno 2 dicembre 2017 - NOTIZIARIO

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“Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!”. Così la folla gridava, mentre Gesù entrava in Gerusalemme, cavalcando un puledro. È una solenne dichiarazione di fede natalizia. Il Figlio, che nascerà da Maria, è il Re Messia. Viene dal Cielo per dare compimento alla promessa fatta a Davide di un Regno eterno, di pace, di giustizia, senza fine. Questa parola sembra essere smentita dai tanti conflitti, crimini, guerre, che oggi insanguinano l’umanità. Eppure, a ben guardare, questa storia è già in atto. La Chiesa, la comunità dei discepoli di Gesù, è l’inizio di una fratellanza universale aperta a tutti i popoli del mondo.
L’Arcivescovo Mons. Delpini propone in Avvento una “sosta contemplativa” per elevare lo sguardo e il cuore alla visione della Gerusalemme celeste. “È un invito a contemplare la Chiesa che vive nella storia, ma insieme sospira il compimento nella nuova creazione e professa la certezza di essere bella e santa solo per grazia di Dio e solo per la vocazione alla santità che l’ha radunata.” (pag. 12). Lo Spirito ci mette nel cuore il sogno di una Chiesa aperta, lieta, gioiosa, sinodale, unita nella pluriformità delle esperienze, misericordiosa, accogliente, libera, docile, in ascolto della Parola di Dio, perseverante nella preghiera, responsabile nel discernimento di fronte alle sfide del mondo, “capace di scoprire i nuovi poveri e non troppo preoccupata di sbagliare nello sforzo di aiutarli in maniera creativa”. Una Chiesa “dove è desiderabile abitare”, perché c’è sovrabbondanza di amore. In questa Chiesa la premurosa misericordia di Dio “finalmente asciuga  le lacrime, cura le ferite, allevia il peso degli affanni e dichiara sconfitta la morte”.
Domenica prossima 10 dicembre durante l’Eucaristia consegnerò la PRIMA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO “Vieni ti mostrerò la Sposa dell’Agnello” agli operatori pastorali della comunità. Tutti i fedeli avranno la possibilità di acquistarla. Gesù ci viene incontro nella Chiesa, ci parla, ci “battezza in Spirito Santo e fuoco”, riempie i cuori di amore, ci consegna alla carità che si fa prossimo, allarga gli orizzonti della speranza al mondo che verrà, ci rende operatori di pace. La Chiesa è come il puledro che porta Gesù nelle città, nelle culture, nelle periferie, tra gli uomini e le donne, fino agli estremi confini della terra. Tocca a noi amarla, accoglierla, servirla. La Chiesa è Betlemme, il Natale di Gesù, la luce nella notte, il canto della vita.
Con questi sentimenti di stupore guardo con voi la nostra comunità. È fatta di uomini e donne imperfetti, limitati, inquieti, poveri. Spesso criticati nel bene che operano, incompresi. Sono pochi e, come i Dodici, sono mandati a predicare il Vangelo e a rinnovare la faccia della terra. Lo fanno con semplicità, umiltà, spendendosi senza riguardo, confidando nella potenza del Risorto. Non cercano amicizie influenti, stanno lontano dal potere e dall’ostentazione, non ricorrono ai persuasivi mezzi della comunicazione di massa. Vogliono arrivare all’ultimo degli uomini e amarlo, perché solo nella croce risplende la bellezza del volto di Dio. Questi uomini e donne mi commuovono. Sono straordinari nella loro fragilità. La nostra piccola comunità è così, una “Casta meretrix”. Ma in Lei vive Gesù. Per Lei Gesù dimora nella nostra città.
Sabato sera 09 dicembre faremo in oratorio la CENA NATALIZIA. Siete tutti invitati. Non possono mancare i collaboratori più stretti. Nelle ricorrenze, nelle celebrazioni, nelle feste più importanti la famiglia si raduna attorno alla tavola. È un momento privilegiato di affettuosa convivialità. È il segno della Chiesa che allarga le braccia e ci stringe a sé. È profezia degli ultimi tempi, quando “preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati” (Is 25, 6). Quella sera ci ritroveremo – come i pastori a Betlemme – per far festa a “Colui che viene nel nome del Signore”. Sarà il nostro presepe vivente. Una festa di volti e di cuori. Un’armonia di sentimenti fraterni. Una gioia sconfinata di luce e di pace.
don Franco Colombini