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Pubblicato giorno 1 maggio 2020 - Avvisi, NOTIZIARIO

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IV Domenica di Pasqua
03 Maggio 2020 – Foglio n. 111
Io sono il Buon Pastore

Mai come in queste settimane di Pasqua l’incertezza dipinge il nostro stato d’animo. Assomigliamo agli apostoli che, “pur avendo visto il Risorto” (Gv 20, 26), passarono un’intera settimana a porte chiuse nel cenacolo, confusi. Sapevano che Gesù era vivo e desideravano uscire a evangelizzare, ma erano trattenuti dalla paura di venire colpiti dalla stessa sorte del Maestro. Dentro di noi oggi si agitano uguali forze contrapposte. Siamo presi dalla fretta di ricominciare, soprattutto ora che si parla di “Fase 2”, ma non osiamo più di tanto per evitare passi falsi, col rischio di danneggiare gli altri e mettere a repentaglio la vita.

Che fare? Mi vengono alla mente le parole del Salmo: “Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole: penetra nel mio bisbiglio. Sii attento alla voce del mio grido, o mio Re e mio Dio, perché te, te supplico, Signore” ( 5, 2-3). Mi piace questa preghiera. Mi ritrovo. Non ci sono invocazioni più umane dei sussurri sommessi mescolati col pianto! La voce dell’uomo provato commuove il cielo e la terra, come quella di chi piange in silenzio tra il cuscino e il ventilatore o dice a se stesso che è l’ora di rischiare e ricominciare. La risposta non tarda ad arrivare. “Io sono il buon pastore” (Gv 10 …), ci dice Gesù, sono con te, non avere paura!”

Gesù è colui che sta in mezzo a noi, ci conosce uno ad uno, ci chiama per nome, si prende cura del più forte e del più debole, si ferma ad aspettare chi tarda o fatica a camminare, fascia le piaghe di chi si fa male, ci conduce ai pascoli migliori, ci nutre di cibi succulenti e sani, rischia l’esistenza esponendosi ai pericoli, ci difende dagli assalti dei prepotenti, vive per il gregge, anzi “depone” la vita, sacrificandola, perché nessuna pecora vada perduta, nemmeno quella più ribelle e scapestrata.
Un’immagine straordinaria per dire che Dio ci ama con tenerezza infinita. Ci accompagna in ogni frangente della storia con un “desborde” (un di più, un traboccamento) di affetto mai conosciuto. Non ci lascia soli con le nostre fragili forze in lotta con il male. Soffia dentro nell’animo una forza capace di costruire il futuro. Raccoglie l’umanità intera in una sola grande famiglia. Mette amicizia tra gli uomini, comprensione per le debolezze, perdono quando si sbaglia. Sostiene la fiducia davanti ad ogni possibilità. Ci sprona in avanti verso ideali alti, qualche volta irraggiungibili, nella certezza che lo sforzo non è mai vano. Ci conferma nell’aiuto del Padre celeste. Semina larga simpatia per tutto quello che è nel mondo della natura, della scienza, della politica, dell’arte, della fede, perché la pace venga tra noi e Dio sia tutto in tutti.

E’ urgente discernere il battito del suo cuore, raccogliere dinamiche e strade percorribili, trovare il coraggio di immaginare il possibile con il realismo che viene dal Vangelo, essere uomini e donne di buone volontà nelle cui mani risiedono le sorti del mondo, costruttori di un cambiamento ormai improrogabile.
Mi sono commosso vedendo circolare in rete video di bambini africani che, sorridendo, incitano in coro l’Italia a tener duro, perché il nostro Paese ha vissuto momenti difficili, ma li ha sempre superati. Numerosi rifugiati siriani hanno scritto via face book parole di incoraggiamento, hanno inviato fiori virtuali e cuori pulsanti, hanno mandato preghiere ai familiari residenti in Italia, rivolte anche alla nostra gente, proprio loro che vivono in zona di guerra e da anni ignorano se alla sera saranno vivi o morti.
Le esperienze brutali ci avvicinano. Essi sanno cosa vuol dire rischiare la vita nei campi profughi, procurarsi da mangiare quando non c’è, morire per un ascesso ai denti o un attacco di dissenteria, non ricevere cure adeguate, stare rintanati in casa per paura, passare lunghe ore al buio, senza elettricità, stretti attorno a una stufa di ghisa o un focherello di fortuna, cercando di proteggere i più piccoli. Il destino incombe nascosto, ignoto, minaccioso. Bisogna stare all’erta. E proprio loro, che vivono situazioni estreme – lontanissime dalla nostra – , ci portano conforto, uniti dallo stesso smarrimento. Questo ci fa riflettere.

Nella pandemia ci siamo scoperti fragili, vulnerabili. La nostra civiltà assomiglia alla statua colossale sognata dal profeta Daniele. Era stata costruita con i metalli resistenti e preziosi, ma aveva i piedi di argilla. Imperi e Stati crollano quando si ergono in solitudine. Basta un nulla, anche un minuscolo virus invisibile. Dobbiamo imparare la lezione della storia e guardare al mondo come un unico luogo condiviso, la nostra casa camune, una grande famiglia. Non è una bella notizia sapere che gli Stati hanno speso duemila miliardi di dollari in armamenti, quando per curare i malati mancano le terapie intensive, i dispositivi sanitari sono insufficienti, la gente muore di fame, di sete, di stenti nel silenzio assoluto e nella totale indifferenza.

“Ubuntu” nella lingua Bantu significa “umanità”. Esalta il legame che unisce tutti i popoli. L’etnia di Mandela in Sud Africa ha coniato un proverbio: “Umuntu Ngumuntu Ngabantu”, che vuol dire “Io sono perché noi tutti siamo”. La semplicità dei poveri vede nel profondo. La trasparenza dello sguardo raggiunge la verità. Nessun uomo è un’isola. Le emergenze possono essere sconfitte “con gli anticorpo della solidarietà”. I bimbi africani e i profughi siriani ce lo ricordano dai bordi della globalizzazione. Ora sta a noi fare silenzio in questo momento sconvolgente, riscoprire ed esprimere con forza l’Umuntu universale che c’è in noi. Non da soli, insieme al mondo. E Gesù, Pastore buono dell’umanità, ci guiderà.

Venerdì 1 Maggio i Vescovi italiani hanno affidato l’Italia alla protezione della Madonna. Hanno scelto il Santuario di Caravaggio, nella nostra terra lombarda duramente provata dall’emergenza sanitaria, un luogo caro a noi Milanesi, in provincia di Bergamo, nella Diocesi di Cremona. Nel cuore della Vergine hanno deposto i malati, i medici, gli operatori sanitari, i governanti, le famiglie, i defunti, i popoli, l’Italia, il mondo. Maggio è il mese dedicato a Maria, scandito dal Rosario, dai pellegrinaggi ai santuari, ora sospesi, dal bisogno di rivolgersi a Lei con preghiere speciali. L’abbiamo fatto anche noi quella sera, per aprirci allo Spirito ed accogliere la vita nuova, che Gesù vuole generare in questo momento.

don Franco Colombini