Sotto il Campanile 30 Gennaio 2022

Pubblicato giorno 29 gennaio 2022 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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IV domenica dopo l’Epifania
30 Gennaio 2022 – Foglio n. 170
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

Per 30 anni Gesù visse in famiglia nella casa di
Nazareth, dove “regna l’amore coniugale intenso e casto; rifulge la docile obbedienza del Figlio
di Dio alla vergine Madre e a Giuseppe, l’uomo
giusto a lei sposo; e la concordia dei reciproci
affetti accompagna la vicenda di giorni operosi
e sereni”. Così oggi canta il Prefazio Ambrosia- no. Da poco ho iniziato il Corso dei fidanzati in
preparazione al Matrimonio.

Sono sorpreso di incontrare tanti giovani desiderosi di un amore
vero, ansiosi di costruire un futuro stabile e de- finitivo, contenti di dare presto alla luce nuove creature.
Sognano un amore grande, eterno, fedele, oblativo e lo trovano in Gesù, che “dopo aver amato i
suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. (Gv 13, 1).

Avvertono lo stupore del Mistero, che avvolge l’intera esistenza e ha cambiato la loro storia in
un baleno, quando si sono incontrati e sono entrati l’uno nel cuore dell’altro. Il
timore per il domani, l’aumento della precarietà, la tentazione di accontentarsi
di esperienze limitate o di attrattive edonistiche, ogni cosa è superata nella
fiducia in Colui che ha guidato i passi verso la persona giusta che aspettava
da sempre.

L’Arcivescovo Montini durante una celebrazione delle nozze a Milano, affermò:
“Sarebbe da dire: un matrimonio ideale sarebbe un matrimonio felice. Sì,
ma non è la parola che mi soddisfa. Io vorrei che la vostra famiglia fosse forte.
Questa è la parola”. Donne e uomini forti, saldi, piantati su qualcosa di stabile,
allenati alla cura degli altri, pronti ad affrontare pericoli, sfide di ogni genere,
determinati a risollevarsi ed andare avanti, perché quando ci si vuole bene,
anche le montagne possono essere spostate: “Forte come la morte è l’amore;
tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né
i fiumi travolgerlo” (Cdc 8, 6-7).

Molte famiglie oggi stanno vivendo momenti di crisi, di fatica, di sofferenza,
di smarrimento per un lutto, una malattia, una disgrazia, la perdita del lavoro
o della casa, una separazione. Nessuno è escluso dalla misericordia di Dio
e abbandonato. La consapevolezza di essere amati tiene viva la speranza
come un faro nella notte, dona pazienza, consolazione, rende possibile l’impossibile.

Rimango sgomento e senza parole quando sento parlare di femminicidi, violenze,
bambini uccisi dagli stessi genitori, seviziati, usati, sfruttati,
… . Non è in crisi la famiglia. Manca l’amore. L’aridità spirituale, gli egoismi, il
piacere ad ogni costo, la volgarità ostentata, il tramonto di alti ideali, la banalità,
la menzogna, il vuoto uccidono il cuore, portano via la bellezza dei sentimenti,
conducono al nulla, fino alla morte. L’aver oscurato il volto di Dio è il male più
grave del nostro tempo.
Nella famiglia di Nazareth apprezzo lo stile delicato di Maria e la presenza discreta di Giuseppe.

Un uomo mite, umile, docile, forte. Quando Maria gli rivelò il
segreto della sua gravidanza, non si scompose, si ritirò in disparte, nel silenzio,
lasciando spazio a Dio. Un sacro e riverente rispetto della libertà. Non esitò un
istante a ritornare sui suoi passi, appena la luce divina gli permise di comprendere.

“C’è un punto in cui l’amore della coppia raggiunge la massima liberazione
e diventa uno spazio di sana autonomia” (Amoris Laetitia n. 320), scrive oggi
Papa Francesco. Tante immagini dell’iconografia cristiana presentano Giuseppe
mentre a piedi conduce un asinello con Maria e Gesù tra le braccia, in fuga da
Erode, verso l’Egitto. Chissà quali pensieri turbinavano in quelle ore piene di
ansia! “Meditando tutte queste cose nel cuore” (Lc 2, 19), gli facevano strada nel
mondo tra mille contraddizioni. Si sforzavano di leggere tra le pieghe della storia
il mistero di un disegno più grande, introducendo Gesù all’abbandono confidente
al Padre, sapendo di perderlo. Avevano tanti sogni. Più tardi compresero che il
più bello era il dono di sé, “dare la vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). E Maria
fu con lui fin sotto la croce.

Non posso dimenticare la donna senza nome, trovata morta assiderata sotto la
neve, in un angolo remoto tra Turchia e Iran, ricoperta da un povero stuoino, con
due sacchetti di plastica ai piedi! Aveva tentato di sfuggire con i suoi due figli alle
regole oppressive dell’Emirato Talebano in Afghanistan e alla carestia, che ormai
ha invaso tutto il paese. Sognava la libertà e un futuro migliore. Sorpresa da una
forte tormenta di neve, non esitò a togliersi le calze per proteggere dal gelo le
mani dei figli. Quando qualcuno si accorse della famigliola, era troppo tardi. La
mamma non c’era più. I bambini sono stati soccorsi, nutriti con cura, rifocillati
con una bevanda calda e una vaschetta di acqua tiepida in cui immergere le
piccole dita con mille cautele. Avevano lo sguardo impaurito, perso, le manine
gonfie e rosse. Ma erano salvi. Le calze della mamma avevano fatto la differenza.

Un estremo sacrificio, un gesto d’amore assoluto, quello naturale delle madri
che da sempre donano la vita.
I miracoli dell’amore avvengono in ogni parte del mondo. Tawy, 24 anni, indigeno
Zò’è, ha fatto di tutto per proteggere il padre disabile dal Covid.

L’ha caricato sulle spalle, l’ha legato su una portantina di corde intrecciate, s’è messo in viaggio,
camminando nella foresta fitta dell’Amazzonia per dodici ore, guadando ruscelli,
arrampicandosi sui pendii, schivando i rami pericolosi, fino a raggiungere “gli
uomini bianchi” e far vaccinare il genitore 67nne. Il suo gesto commosse l’intera
squadra sanitaria.
Le famiglie sono un’oasi d’amore. Voglio credere che in ogni cuore ci siano la
forza del giovane Tawy, il coraggio di quella madre sconosciuta e la tenerezza di
sentire figli nostri i suoi piccoli dalle mani gelate.
don Franco Colombini