Sotto il Campanile 4 aprile

Pubblicato giorno 3 aprile 2021 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

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DOMENICA di PASQUA
04 Aprile 2021 – Foglio n. 145

“In questa notte beata la colonna di fuoco risplende
e guida i redenti alle acque che danno salvezza” (Preconio Pasquale)
“Cristo è risorto dai morti, a tutti ha donato la vita!”. Un
grido strepitoso, che ha dell’incredibile. È stato lanciato
oltre duemila anni fa. Ha percorso i secoli, raggiungendo
ogni razza e lingua, fino ad arrivare a noi. Risuona nel
cuore e sulle labbra dei credenti di tutti i tempi. È il grido
che ha fatto dire a S. Agostino: “Sono giunti finalmente
i giorni in cui dobbiamo cantare: alleluia! Suvvia, fratelli,
canti la voce, canti la vita, cantino le azioni!”. Solo i folli
possono prestare fede a questo invito.

Eppure la risurrezione di Gesù non è un sogno, un’u-
topia, una teoria filosofica. È un fatto storico preciso,

documentabile nei suoi effetti, un evento che ha trasfor-
mato il senso della storia. Ha immesso nel decadimento

inevitabile delle realtà corporee un processo nuovo, sottraendo l’uomo alla logica della
fine totale. Senza la risurrezione ogni realtà creata sarebbe destinata a sparire e la morte

regnerebbe sovrana. Il Crocifisso risorto rivela la solidarietà di Dio con coloro che sof-
frono, piangono, sono nella prova. Innesta nella storia la speranza certa della salvezza,

l’energia divina dell’amore.

Signore, io credo! Credo nella tua resurrezione. Credo che il Padre ha tanto amato il mon-
do da donarmi lo Spirito di vita per farmi nuova creatura. Credo che la stessa creazione

sarà sottratta alle tenebre della morte ed entrerà nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Spesso mi chiedo come sarà “il mondo che verrà”. Lo immagino bello come è adesso,
splendente, senza il peccato che lo rovina. Senza i miei peccati che lo offuscano. Credo

che la potenza dell’Amore farà divampare nel mio cuore la fiamma sgorgata dalla tua tom-
ba rimasta vuota.

Credo che il bene schiaccerà la testa al male, la vita uscirà vittoriosa, l’amore, come un torrente di lava infuocata,

trascinerà secoli e mondi verso la definitiva gloria della croce.

Credo che la meta ultima del mio viaggio sarà la beatitudine immensa

e senza fine. Anche se la storia rimane segnata da ambiguità, oscurità, violenze, dolori,
voglio proclamare con la vita la grande speranza di pace che, malgrado tutto, hai fatto
spuntare come stella nella Chiesa e nel mondo.
Mi piace ricordare l’incontro di Gesù con Maria di Magdala. Dice il testo del vangelo di
Giovanni che questa giovane donna stava “all’esterno”, attaccata al passato, incapace a
comprendere il senso di quanto era accaduto e dimenticare le speranze terrene sconfitte
dalla morte del suo Signore. Era triste, delusa, chiusa in se stessa, fasciata nel proprio dolore.

A nulla era servito aver visto i miracoli e udito le parole del Maestro, che annuncia-

vano la passione, la morte e la resurrezione. Capita anche a noi. Di fronte alla scomparsa

di una persona cara o alla notizia di qualche tragedia, la fede si appanna, non ricordiamo
le promesse di Gesù sulla vita eterna e sembriamo gente senza speranza.
Maria di Magdala era andata a visitare la tomba di Gesù. Avendola trovata vuota, si era
messa a cercare il suo corpo, aggirandosi affannata tra i sentieri dell’orto degli ulivi. Nel
chiarore dell’alba vide un uomo. Era Gesù, ma non lo riconobbe. Lo confuse con il custode

del giardino e gli chiese se qualcuno lo avesse portato via. E Gesù, che fremeva di compas-
sione per le sue lacrime sincere, si fece presente a tanta sofferenza, sussurrandole prima

all’orecchio :“Donna, perché piangi?” e poi chiamandola per nome: “Maria!”. Chi mai potrà
dire con quale sguardo il Signore l’ha fissata e le ha parlato, ringraziandola per la fedeltà, il
grande affetto, l’ardore della sua ricerca anche se sbagliata? Maria di Magdala è l’umanità,

sono io, è ogni persona che ha bisogno di essere chiamata per nome, capita, aiutata, con-
fortata, illuminata nel cammino e nella ricerca della verità. E la donna, chiamata per nome da

Colui che amava, finalmente lo riconobbe. Vide che era vivo per tornare al Padre e restare
sempre con noi. Corse a Gerusalemme a portare la sua stupenda esperienza di fede. Non
vedeva l’ora di raccontarla piena di gioia incontenibile. Aveva il cuore che le scoppiava. “Ho
visto il Signore!”.

È il grido che oggi di nuovo viene consegnato all’umanità. La Chiesa esiste per testimoniare
che la vita vince la morte, l’amore spegne la guerra, il perdono è la via della pace. È mandata
a svelare che Gesù risorto è sulle nostre tracce. Ci cerca dove siamo, operiamo, soffriamo,
moriamo. Ci viene accanto per consolarci, aprirci agli orizzonti eterni, stimolarci a vivere gesti
di amore, misericordia, perdono, mitezza, umiltà, coraggio della verità. È inviata a far nascere
dalla Pasqua nuovi figli di Dio. Agli occhi del mondo sembrano pazzi, ubriachi, fanatici. Ma
sono quelli che nella fede hanno visto il Risorto, credono nella sua presenza che guida la
storia, perseverano nell’ostinazione della carità che illumina la terra di speranza.
Quest’anno la Pasqua sarà di nuovo blindata, ma non deve essere triste.

L’alba della vita nuova ci chiede di bandire la paura, la troppa solitudine, per aprirci a ogni spazio di relazio-

ne che ci è permesso. Incontrare persone, fare esperienze, avvicinare luoghi diversi non è

più una cosa scontata. Rischia di sfuggirci di mano. Ci stiamo abituando a vedere le nostre

immagini sugli schermi, parlarci da lontano, sempre meno disposti a vivere il gioco delle ami-
cizie profonde, che affondano le radici nel mistero. Ogni relazione è un’esperienza mistica, un

incontro con il divino che abita nell’altro. Subito dopo la resurrezione, Gesù andò a cercare i
suoi discepoli. Ad uno ad uno. Aveva una voglia matta di rivederli e di averli con sé. Così è
nata la Chiesa.

Ora tocca a noi cercarci, donarci la gioia di aver visto il Signore, raccontarlo insieme su ogni
strada con l’entusiasmo della Maddalena, affrontare le nuove situazioni di povertà, farcene
carico con la vicinanza, l’amicizia, il sostegno morale, l’aiuto. Lo sguardo fisso sulla Pasqua
ci apre il cuore ad accogliere la Resurrezione, che oggi fatichiamo a vedere. Con Gesù la
speranza continua a farci credere alla possibilità del ritorno alla vita piena, sebbene tutto, al
di fuori, ci dica il contrario. Ci sono tempi e momenti in cui è difficile ricominciare, perché la
stanchezza prende il sopravvento. Oggi ci sentiamo un po’ tutti così. Ma la fede ci fa sperare
contro ogni speranza, guardare oltre la pietra, che chiude il sepolcro, e credere che là dentro
la vita può ricominciare davvero, anche oggi , nel 2021.

il 4 aprile 1968 fu assassinato Martin Luther King. Era il giovedì prima della Settimana San-
ta. La notizia ci fu portata in classe dall’insegnante di Lettere. Facevo il quarto anno di Li-
ceo Classico. Ricordo che in quel momento noi compagni di scuola ci guardammo in faccia

smarriti, in silenzio, come se avessero ucciso i nostri sogni giovanili. In quei mesi King stava
battendo le contee d’America per organizzare un movimento dal basso, composto da bianchi
e neri, contro la povertà e l’ingiustizia sociale, in una fase dello sviluppo in cui si allargava a
dismisura il divario tra ricchi e poveri per gli investimenti eccessivi a sostegno della guerra
in Vietnam, ormai entrata in una progressiva escalation. Militarismo, materialismo, razzismo:
una triade violenta, causa di nuove povertà e del disfacimento dell’animo. King predicava

la “beloved community”, una comunità riconciliata nel nome dell’amore, un “fronte delle co-
scienze” per riconquistare la dimensione morale dell’America e dell’Occidente, rimettere l’uo-
mo al centro, vincere le piaghe che offendono la sua dignità, costruire un mondo migliore. Un

sogno che i testimoni del Risorto devono fare proprio e continuare. Gesù è vivo. Possiamo
cambiare la società, la storia, con la pazienza dei piccoli gesti, come tanti artigiani di pace,
che nel silenzio della vita quotidiana fanno nuova la terra.

                                                                                                                    don Franco Colombini