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Domenica di Pentecoste
05 Giugno 2022 – Foglio n. 188
“Io sto facendo cose nuove. Non ve ne accorgete?” (Is 43, 19)
La Scrittura parla spesso dello Spirito senza
definirlo. Lo presenta attraverso delle immagini,
che lo ritraggono in movimento, in azione pe-
renne. “Venne all’improvviso dal cielo un frago-
re, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e
riempì tutta la casa dove stavano … . Apparvero
loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si
posarono su ciascuno di loro … e cominciarono
a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2, 2-4).
Lo Spirito è qualcosa di fragoroso, incontrollabile, un uragano. Appena arriva tutto cambia. Invade la neonata comunità
cristiana e non lascia le cose come prima. Le smuove, le purifica, le apre al
mondo, alla storia. I discepoli, chiusi nel cenacolo per timore, vengono spinti
fuori, affrontano il popolo, vanno allo sbaraglio, parlano con forza, decisione,
liberi da ogni paura. Tutti li capiscono nella diversità delle lingue, delle abitu- dini, delle culture, delle civiltà.
Gesù disse una notte a Nicodemo: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la
voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3, 8).
Indimenticabile rimane una pagina del Cardinale Carlo Maria
Martini: “Lo Spirito c’è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli apostoli:
c’è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi
non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo,
assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è e non si è mai perso d’animo
rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvol-
ge, arriva anche là dove mai avremmo immaginato. Di fronte alla crisi nodale
della nostra epoca, che è la perdita del senso dell’invisibile e del Trascenden-
te, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell’invisibilità e nella pic-
colezza, la sua partita vittoriosa”. Solo un uomo di Dio alto spessore poteva
parlare così. Ed eravamo nel 1997.
A chi ha l’impressione di appartenere a un’epoca smorta, senza slanci, priva
di profeti, la voce del Risorto risponde convinta: “Io sto facendo cose nuove!
Non ve ne accorgete?” (Is 43, 19). È tempo di riconoscere lo Spirito all’opera
e credere che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito
per il bene comune” (1 Cor 12, 7). Soffia forte e sta spingendo la nostra comu-
nità e la Chiesa Italiana verso le nuove frontiere della testimonianza cristiana,
Sotto
il campanile
Domenica 05 Giugno 2022
incarnata nella storia, in dialogo con le tante anime del territorio: dal ragazzo
difficile, allo straniero, all’intellettuale, al detenuto. Non più una pastorale sche-
matica, ripetitiva, burocratica, d’élite, monotona, da scrivania.
Qualche giorno fa Papa Francesco ha nominato il Cardinale Matteo Maria Zuppi
nuovo Presidente della Cei. Un pastore, una vocazione sacerdotale segnata
fin dall’inizio dalla passione per il Vangelo in uscita. L’impegno per la pace e la
fraternità cominciò prestissimo, quando da liceale negli anni 70 si avvicinò alla
Comunità di S. Egidio e fece volontariato con i bambini delle periferie, i rom
delle baraccopoli, gli anziani soli, i senza dimora. Poi la chiamata, il seminario
e, giovane prete, andava in giro per i quartieri a trovare i più poveri, portava i
clochard al bar, li ascoltava e ne convinse più di qualcuno ad abbandonare la vita
di strada. Negli anni 80 tessé con pazienza la trama per la pace in Mozambico. E
ancora in Africa, in Burundi, fu a fianco di Nelson Mandela per la riconciliazione
tra i paesi della Regione dei Grandi Laghi.
Da Arcivescovo di Bologna non ha smesso di spendersi per le tragedie contem-
poranee. Qualche anno fa levò alta la voce in occasione dell’ennesimo naufragio
di migranti a largo di Tripoli il 23 aprile 2021: “Non si è risposto a un Sos e quei
poveri corpi sono una grande accusa per tutti di omissione di soccorso: se non
si salva, si uccide”. Profughi uguali ai tanti ucraini, scappati in questi ultimi tre
mesi dalle devastazioni dell’invasione russa. A inizio aprile ha avuto parole di
condanna contro la corsa al riarmo, scatenata dal conflitto: “È la cosa peggiore
che possiamo fare: servono aiuti e ci serve il disarmo”, perché una cosa è “il di-
ritto alla difesa dell’Ucraina, ma correre al riarmo no. Dobbiamo trovare una fine
alla guerra e dobbiamo ripudiarla, come sta scritto nella Costituzione, perché
non sia più lo strumento per risolvere i problemi”.
La sua scelta è un dono dello Spirito. Incarna la Chiesa del Buon Samaritano,
che, seguendo l’esempio di Gesù, si distanzia dal clericalismo ritualistico e fred-
do, per chinarsi su chi è ferito dalla vita. Una Chiesa in uscita verso le periferie
umane, come non si stanca di ripetere Papa Francesco.
Mi piace una Chiesa così, che sta per strada, cammina insieme, cerca il cuore
della gente, si sporca le mani, parla alla babele di questo mondo con l’unico lin-
guaggio dell’amore, comprensibile a tutti. Accoglie coloro che stanno alla porta,
vengono da vicino o giungono da lontano, assetati di Dio e di giustizia, affamati
di pane e di pace, in cerca di cielo o solo di ascolto. Se incontra qualcuno che
“non ha il cavallo”, se lo carica addosso. Ma non lo lascia indietro. San Giovanni
Paolo II, rivolgendosi alla comunità di Sant’Egidio agli inizi della sua avventura,
la invitò ad avere come unico confine quello della carità. E “la carità non ha con-
fini”.
L’unico posto che Gesù ha assegnato a chi lo vuol seguire è la strada. Ogni pic-
colo sentiero del mondo. Oggi, mentre trionfa la violenza assassina della guerra,
che fa a pezzi il mondo, e gli artigli del Covid continuano a mietere vittime tra i
più fragili e deboli, lo Spirito ha acceso una nuova luce. È la luce di Cristo che
annuncia e fa vedere il cammino.
don Franco Colombini