Sotto il Campanile 5 marzo 2023

Pubblicato giorno 3 marzo 2023 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

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II Domenica di Quaresima
05 Marzo 2023 – Foglio n. 215
“Non avrai altri dei di fronte a me” (Es 20, 3)

Nel tempo di Quaresima avverto più forte che mai il bisogno di andare alla radice del Vangelo, soprattutto quando mi parla di un’acqua viva che “zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14). Tutto cominciò con una deviazione di percorso. Per recarsi in Galilea dalla Giudea, Gesù scelse il cammino più lungo. Abbandonò la strada del Giordano e s’inoltrò nella regione dei Samaritani, gente ostile ai Giudei ed eretica, che preferiva adorare Dio sul Monte Garizim e non nel tempio di Gerusalemme. Mi stupisce e mi piace questo Gesù fuori dagli schemi! Devia, sconfina, cambia itinerario, pur di incontrare qualcuno che porta nel cuore. Il mondo sarà salvato da chi – come Lui – sa innamorarsi, appassionarsi, intenerirsi per le paure, le fatiche, i sogni, le speranze della gente.
Forse le pagine del Vangelo non riescono a catturare tutta la bellezza di questo incontro, fatto di sguardi, di parole sussurrate, di timidi gesti velati di pudore e di mistero. Gesù fece colpo. Si lasciò ferire. Ruppe con le convenzioni secolari del tempo. Infranse la legge che proibiva ai rabbini di parlare alle donne. Preso dalla commozione per il vuoto di lei, chiese quanto neppure il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe avrebbe mai osato domandare: “Dammi da bere!” (Gv 4, 7).

Gesù e la donna Samaritana si cimentarono in un dialogo intenso, sconfinato.
Dalle cose banali, scavando nel profondo, arrivarono a Dio, l’unico che può donare l’acqua che “zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14) e placa la sete del cuore. Fu un’esperienza straordinaria, un fuoco impetuoso, una luce abbagliante, la gioia di essere compresa, lo stupore del perdono, l’inizio di una vita nuova, una presenza densa di amore “Sono io che parlo con te!” (Gv 4, 26). Ecco Dio! Un Dio dal volto umano, diverso da come ce lo si immaginava, impaziente di incontri, con la voglia di consolare, accarezzare, prendere in braccio, toglierci dai mali, ricolmarci di felicità, vederci vivi, amarci. Questo desiderava dire Gesù alla donna samaritana.
E ci riuscì.

Dio cammina sulle nostre strade. Ci cerca instancabile. Sa che in ognuno si nasconde “un crepaccio assetato di Infinito” (Soren Kierkegaard). Non si ferma. Ci insegue nelle lontananze più buie e remote. Non perde occasione per bussare alla porta del cuore, farsi sentire. Ci vuole. Un amore impossibile il suo, immenso, forte, eterno, debole, che non può fare a meno di noi. Sono le vie del Vangelo per una Chiesa che ancora oggi vuole condividere i sentimenti del suo Signore e seguire le orme del Maestro.

Ricordo che da studente liceale lessi con avidità “L’uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse, uno scritto che fu tra quelli di riferimento dei movimenti di contestazione del ’68. Il filosofo denunciava come il sistema economico e sociale dominante inducesse alla standardizzazione e all’omologazione della persona umana, la cui esistenza veniva impoverita, ridotta a una sola dimensione, dettata dai teoremi e dalla prassi di un sistema totalizzante, che incanalava e strozzava i bisogni, le domande, i desideri, le aspirazioni più profonde. Tutto era ridotto a produzione e consumo con la sola possibilità di scegliere tra i diversi beni materiali.

La libertà di “essere” non esisteva più. Restava quella di un fantoccio, un burattino mosso da mani nascoste. “Le decisioni relative alle questioni di vita o di morte, di sicurezza nazionale o personale sono prese in luoghi sui quali gli individui non hanno alcun controllo”, che divengono così degli “schiavi sublimati, pur sempre schiavi, perché la schiavitù è determinata non dall’obbedienza, bensì dalla riduzione dell’uomo allo stato di cosa”. L’opposto di quello che fece Gesù con la donna samaritana. Un’analisi spietata, vera anche oggi. Le derive del disumano sono sempre in agguato.
Annullare lo spirito è uccidere l’uomo.

Guerre, devastazioni ambientali, povertà, siccità, ingiustizie razziali, migrazioni di popoli, crisi delle democrazie, … . L’umanità sembra precipitare verso la catastrofe, dinanzi alla quale si è impotenti. La politica non consola. Tampona l’immediato senza costruire il futuro. Dilagano la paura, l’angoscia, lo smarrimento per la nullità dell’esistenza. Un certa ecologia radicale descrive l’uomo come il peggior animale della terra. Se scomparisse, si salverebbe il pianeta. Non è proprio così. L’uomo è una bellissima creatura. Spesso sbaglia, ma sa anche correggersi. Va ripensata la sua presenza nel mondo. In questo frangente della storia, più che di tecnica e di economia, servono nuove prospettive umanistiche. Perché se la terra ha sete di acqua, l’uomo ha sete di senso.

“Perché credere? È proprio necessario?”. Tanto volte mi è stata posta questa domanda. In apparenza credere non serve a niente, tranne che a farmi sentire piccolo di fronte all’amore infinito di un Padre attento e misericordioso, desideroso di stringere tutti i suoi figli nel medesimo abbraccio, imparare l’arte “disumana” del perdono, cercare la bellezza anche negli angoli più sporchi del cuore, riconoscermi parte di un’unica grande famiglia, vivere in pace come fratelli e sorelle, guardare il mondo con gli occhi di Dio, eliminare dal vocabolario la parola “nemico”, scoprire a poco a poco quei semi di “eterno” che saranno la trama del “dopo” che mi attende, trovare la radice della speranza, che non è sterile ottimismo, ma la promessa che il Signore Risorto non farà mai mancare la sua presenza nella storia, che porta la vita. L’incontro con il Signore è la cosa più bella che ci possa capitare!

Don Franco Colombini