Sotto il Campanile 6 Gennaio 2019

Pubblicato giorno 4 gennaio 2019 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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 Epifania del Signore 06 Gennaio 2019  – 

Foglio n. 55

“Si prostrarono e lo adorarono” (Mt 2, 11) Cristo è il centro. Cristo è il Re. Cristo è il sole dell’umanità “

La nostra prima preghiera, in un certo senso, è stato il vagito che ha accompagnato il primo respiro. In quel pianto di neonato si annunciava il destino di tutta la nostra vita: la nostra continua fame, la nostra continua sete, la nostra ricerca di felicità”, lo ha detto Papa Francesco pochi giorni prima di Natale. Le sue  parole mi hanno fatto riflettere.

Il primo vagito è stata la mia prima preghiera. Non ci avevo mai pensato. Nell’istante in cui, strappato dalla pace del grembo materno, venivo gettato nel fiume della vita, mentre la luce mi accecava e, per la prima volta, avvertivo sulla pelle il freddo; e l’aria irrompeva con forza nei polmoni bruciando, lanciai il primo vagito, io pregavo. La mia voce fu respiro, paura, istinto vitale, stupore, gratitudine, supplica, invocazione. E ora, nei giorni del Natale, mi viene da immaginare quella giovane donna, nella notte di Betlemme, in una stalla, all’addiaccio, con un indicibile mistero, che custodiva nel cuore. Quando giunse l’ora, Gesù venne al mondo come un qualsiasi uomo. Anche lui lanciò, sotto il cielo costellato di stelle, il primo vagito, uguale a quello di ogni bambino. Il freddo, la fame, il flotto d’aria, che invase i polmoni, ritornarono in un grido. Fu la sua prima preghiera. Per il mondo. Per tutte le creature. Per ogni dolore bisognoso di essere sanato. Ai pastori, richiamati dai pascoli attorno, sembrò il pianto di un neonato. Ma era il farsi carne del Verbo: e lacerò la notte di Betlemme, tagliò per sempre il tempo e la storia. Avanti Cristo, dopo Cristo. Duemila anni dopo i giorni si contano ancora da quell’attimo in cui venne come deposto un divino germe di rivoluzione. La croce e la resurrezione erano ancora lontani. Ma già quel grido di Gesù, che veniva al mondo, era domanda al Padre, per ognuno e per tutti. Il tramonto della fede ha ceduto il posto al consumismo. Insieme hanno annullato la memoria storica del “Bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia”.

Il silenzio, la preghiera, la contemplazione non esistono quasi più. C’è la frenesia dei regali, delle tavolate imbandite, delle settimane nei mari caldi o sulle cime innevate dei monti. Si è dimenticato quell’attimo, quel pianto, che ha creato una nuova umanità. Fu lo sgorgare di una sorgente. Pura vita che sovrabbondava e iniziava a diffondersi.  Acqua limpida da bere. Ho pensato anche al mio primo vagito, alla domanda inconsapevole che conteneva. In quel momento ero totalmente sincero, lontano da ogni presunzione, mendicante di tutto. Forse dovrei tornare a pregare così. Rinascere da adulti – come chiedeva Nicodemo – è questo? Certo sono cresciuto. Ho fatto tanta strada. Ho sorriso, sofferto, ferito. Ho studiato e letto libri. Ho pesi sulle spalle ed esperienza. Ho commesso errori e sbagli irreparabili. Come tornare alla semplicità dell’affidamento infantile? “Gesù nella preghiera non vuole spegnere l’umano, non lo vuole anestetizzare. Non vuole che smorziamo le domande e le richieste, imparando a sopportare tutto. Vuole, invece, che ogni sofferenza, ogni inquietudine, si slanci verso il cielo e diventi dialogo”. Questo invito mi fa tornare piccolo, umile, in “un’abitudine al grido”. Ogni giorno, ogni ora, è una domanda da buttare a Dio: come una supplica, un interrogarmi, una provocazione, un abbandono. Me lo chiede la voce di ogni bambino che nasce. Me lo dice il ricordo del mio primo pianto. Me lo rammenta la memoria di quel vagito, simile a quello di tutti gli altri neonati, eppure straordinario: la prima preghiera di un Dio che si fece carne ed entrò nella storia. Forse fu proprio il pianto di Gesù a smuovere i Magi dalle comodità, dalla pigrizia, dai dubbi, dalle paure e  metterli in cammino verso Betlemme. Essi rappresentano l’inizio, il paradigma, della convergenza degli uomini e delle nazioni verso Cristo. L’incarnazione del Figlio di Dio non ha confini. È destinata all’umanità. Riguarda tutti i popoli, tutti i tempi, tutti i luoghi. Trascende ogni limite etnico, storico, geografico e irradia la sua luce su l’intero panorama umano. “Cristo è il centro. Cristo è il Re. Cristo è il sole dell’umanità” (S. Paolo VI). Gli uomini sono attratti a Cristo e Cristo corre incontro a loro. “Attirerò tutti a me” (Gv 12, 32): con l’amore, con il sacrificio della vita, con la preghiera, dal primo vagito al grido straziante sulla croce. Il racconto dei Magi – diceva l’Arcivescovo di Milano Card. Giovanni Battista Montini nell’omelia del 6 Gennaio 1963 – “ci lascia capire che il movimento verso Cristo, o da Cristo, deve essere generato da convinzioni profonde, dalla magia percettiva di valori occulti e superiori, da una chiamata interiore che muove i passi esteriori, da una confluenza di segni celesti e di consigli terrestri, da una capacità di dono e di sacrificio che tutto offre per avere in cambio la previsione del Regno e la visione del Re, e che non teme di curvarsi all’adorazione d’un Bambino, in uno squallido presepio, quando la gioia delle celesti cose già canta nel cuore” .

don Franco Colombini