Sotto il Campanile 6 marzo 2022

Pubblicato giorno 5 marzo 2022 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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Prima domenica di Quaresima
06 Marzo 2022 – Foglio n. 175
Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto (Mt 4, 10)

Inizia la Quaresima con la guerra nel cuore dell’Europa. Invasione, truppe, bombardamenti, distruzione. Il vocabolario bellico, che pensavamo di aver consegnato per sempre alla storia, è tornato improvvisamente a turbare i cuori e impensierire le menti, proprio come due anni fa, quando la pandemia ci sorprese, piombandoci addosso. Non sono un esperto in scienze politiche, però da tempo le mosse dei grandi della terra mi erano motivo di preoccupazione. Avevo notato l’assenza di ampi ideali planetari e l’insipienza di chi pensava di comperare tutto, anche la pace, sbandierando il denaro e stringendo al collo degli avversari missili di nuova generazione. Erano tornati al gioco del più forte, sfidandosi di nascosto. Papa Francesco li aveva messi in guardia sulla “terza guerra mondiale a pezzi” in atto. Scrisse l’Enciclica “Fratelli tutti” per dare un nuovo respiro alla politica, ripensare il cammino della globalizzazione, superare gli interessi di parte, condividere i beni della terra e le conquiste della civiltà. Pochi presero sul serio le sue parole.
La globalizzazione mosse i primi passi con la caduta del muro di Berlino. La crescita economica e il libero mercato divennero il motore del nuovo corso della storia verso l’unificazione generale, ritenuta un ideale possibile. Un’euforia quasi messianica spingeva avanti il cammino. Presto apparvero i fronti di tensione, che ancora permangono. Il terrorismo internazionale, l’edificazione di muri e fili spinati, i conflitti armati, le guerre civili, le violente contestazioni, le persecuzioni delle minoranze etniche e religiose sono le tante espressioni del disordine e del malessere sociale. La ricchezza, il benessere, il progresso sono concentrati nelle mani di pochi privilegiati e gli esclusi non ci stanno. Ma si continuò a marciare nella stessa direzione.
Nel tempo si formarono aree politiche-economiche-culturali omogenee. Ognuna cercò di definire il suo posizionamento strategico, superando l’altra, in conflitto e competizione. Oltre alle iniziative imperialiste del Presidente Russo, ci sono le pretese della Cina, le ambizioni della Turchia, il nuovo ruolo dell’India, l’emergenza dei Paesi Arabi, la crescita della Nato. E tanti Paesi poveri affamati. Credo sia questo il meccanismo che in profondità muove le grandi faglie del mondo e rischia di generare terremoti devastanti, come sta avvenendo. Se non ci si impegna a comporre le tante fratture, che spaccano il mondo, dialogando e perseguendo il bene comune, temo che la guerra diventi uno stato permanente, una condizione cronica. È a questo piano superiore che occorre guardare per percorrere la via della pace
Tutte le guerre sono fratricide. Questa tra Russi e Ucraini è un “gemellicidio”. L’assassinio di un fratello, considerato troppo uguale a sé, per poter essere altro da sé. Un’arroganza annientatrice, uno schiaffo al diritto internazionale, su cui si fonda la concordia dei popoli. È doloroso assistere impotenti allo scandalo dei cristiani che – contendendosi l’evento del Battesimo dei popoli della prima Rus’ – si fanno guerra con le armi del ventunesimo secolo e la ferocia d’un passato, che speravamo sepolto per sempre.
La fede cristiana autentica, fedele al Vangelo, è un dono per l’Europa e il mondo. Possiede la forza di costruire l’utopia dell’unità geopolitica spirituale, culturale, civile, umana, universale. Conferisce un volto nuovo alla globalizzazione, che tornerà ad essere una grande occasione di sviluppo, se le leadership politiche saranno amiche dei loro popoli e le dirigenze economiche, disciplinando e facendo tacere le pulsioni predatorie, contribuiranno a far diventare globale l’economia sociale di mercato, di cui ha bisogno l’interdipendenza pacifica del pianeta. La via del cosmopolitismo e della pace oggi è possibile: fratelli tutti.
La tentazione più grande è abbandonare e demolire la fede nell’unico Dio, sostituendolo con la seduzione delle cose. Anche Gesù nel deserto subì il suo fascino. L’idolatria toglie il respiro della libertà, sottomette alla schiavitù del possesso, porta – a lungo andare – al male, alla distruzione, alla morte. I gaudenti distratti non se ne accorgono e, quando ne prendono coscienza, è troppo tardi.
L’invito della Chiesa in Quaresima è tornare al deserto come luogo di essenzialità, sobrietà, verità, desiderio struggente di ciò che manca, confrontandoci con la volontà del Padre, rimettendoci in sintonia profonda con i desideri di Dio. Nel silenzio dello spirito il male prende vigore, fa sentire con forza la sua voce, seduce e inganna con false promesse. È l’ora della verità, della lotta, del no secco e deciso, della resa a Dio e al suo mistero di amore. Senza deserto non si può stare. Gli Ebrei, una volta passati alla vita sedentaria, ne sentirono la nostalgia e inventarono la Festa delle Capanne. Ancora oggi, nei giorni di Sukkot, montano le tende accanto alle case, per riprovare l’emozione di sentirsi erranti, nomadi, cercatori di Dio, della terra promessa. La parola piena, che “pesa”, sazia il cuore, nasce dal Silenzio, dove Qualcuno mi guarda, mi aspetta, mi ama, mi afferra, mi prende. “Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte e dunque vieni sempre, Signore”, scrisse in una poesia Padre David Maria Turoldo.
Noi uomini e donne siamo “maniaci di Dio”, alla ricerca perenne delle sue tracce, inquieti mendicanti di un amore desiderato e sempre sfuggente. Sentiamo l’urgenza di inseguirlo, incalzarlo, affrontarlo in un perenne corpo a corpo, fino a raggiungerlo in Gesù. L’Essere lontano e chiuso nella sua indifferente perfezione lascia il posto a un Dio scandaloso che “pena nel cuore dell’uomo”, scende dalle altezze inaccessibili, si salda alla sorte dell’umanità, regalandole il compito esigente di rendere accogliente il mondo. Il nulla non è il vuoto, il niente, che spaventa e inquieta. È la spoliazione da ogni possesso e dalle false immagini, per mettere in pratica la Parola, che chiede di non avere altro Dio all’infuori di Lui e amare il prossimo – anche il nemico – con il suo stesso amore, che si spinge fino alla morte e alla morte di croce.
don Franco Colombini