Sotto il Campanile 6 novembre 2022

Pubblicato giorno 4 novembre 2022 - Avvisi, In home page, in primo piano, NOTIZIARIO

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Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo Giornata mondiale dei poveri – Giornata Diocesana Caritas
06 Novembre 2022 – Foglio n. 198

 
In questi giorni, così difficili, pieni zeppi di dolore e di preoccupazione per gli squilibri in atto nel mondo, mi viene spesso alla mente un canto, che ha ritmo di gioia, nato dalla sofferenza e dalle lacrime di uomini e donne, resi schiavi da altri esseri umani:

“Oh when the Saints go marching in: oh Lord, I want to be in that number, vhen the Saints go marching in … (Quando i Santi arriveranno marciando: o Signore, vorrei essere parte di quel gruppo, quando i Santi arriveranno …”.

Uno spiritual che tutti abbeiamo cantato almeno una volta nella versione originale d’America.
Verrà il Giorno del Giudizio, ma è anche adesso, in quest’ora, dove fatti terribili continuano a segnare la condizione umana, ac- cumulando macerie di odio, scavando fosse comuni e trincee, mentre i poveri si lasciano morire di fame e di sete e le famiglie lottano da sole per un futuro migliore. Di una cosa però siamo certi: ci sono i Santi, uomini e donne che si sono messi in cammino, stanno facendo tanto bene in nome di Dio e dell’u- manità, non si risparmiano, si danno anima e corpo nel grande male delle solitudini, della guerra, delle ingiustizie, di ogni miseria umana. E “arriveranno marciando”, anche se le bombe cadute, il nucleare minacciato, le lotte di po- tere, gli egoismi fanno rumore e strage di vite. Ogni morto conta, merita pietà, preghiera e impegno per il futuro.
La Festa di Cristo, Re dell’universo, ci regala un orizzonte nuovo e carico di speranza. Gesù è risorto. Ha attraversato il buio assoluto della morte ed è en- trato definitivamente nella vita luminosa di Dio Padre. È vivo per sempre. È il Vivente. Possiede una signoria sul mondo, sulle cose, su ogni uomo e donna. Domina l’intero universo creato. Tutto, proprio tutto, sta sotto il suo sguardo, persino la morte non gli sfugge più. Coinvolge l’umanità nel suo amore ap- passionato, nel farsi dono per ogni creatura. Non sappiamo quando sarà il giorno del Giudizio, quando “i Santi arriveranno marciando”. Ma quell’alba è già sorta, perché ognuno di noi può fare qualcosa di essenziale, tessere reti di rispetto e di pace, educare le giovani generazioni, donare tempo e energia alla carità, al servizio degli ultimi, dei poveri, degli ammalati, di chi sta in car- cere, di tutti coloro che aspettano una speranza per rinascere nel bene. Solo l’amore resta.
Non abbiamo mai avuto così tanti poveri. Le statistiche raccontano il 2021 nero dell’Italia nascosta, che lotta ogni giorno con una miseria assoluta, schizzata ai massimi storici. Aumenta il numero di persone che si mettono in fila alla Ca- ritas per mangiare, pagare le bollette, avere medicine, acquistare libri di scuola, essere ascoltate e consigliate. La povertà materiale si accompagna spesso con la condizione di chi ha perso la stima per se stesso, sprofondando in una cupa solitudine, anticamera della disperazione. L’ascensore sociale si è bloccato, anzi sembra funzionare solo in discesa. La città degli ultimi si allarga sempre di più. Davanti ai poveri vanno bene i grandi discorsi programmatici, ma prima ancora occorre rimboccarsi le maniche, farsi coinvolgere, mettere in campo la preghie- ra, la fratellanza, la solidarietà concreta, fatta di condivisione anche nel poco, perché chi ha meno sia messo in grado di stare al mondo con dignità. Non è solo questione di denaro, pur importante, ma di compassione, di vicinanza, di amicizia, quella che Papa Francesco chiama “la cultura dell’incontro”.
Abbiamo bisogno di speranza. Una virtù antica, importante, solenne, molto più grande delle risorse e delle energie umane, perché, quando c’è, le moltiplica. Sperava Martin Luther King (“I have a dream”). Sperava Madre Teresa di Cal- cutta (“Posso fare poco, ma è ciò che dà valore a tutta la mia vita”). Speravano Falcone Borsellino, don Pino Puglisi (“La mafia è fenomeno umano e come tale finirà”; “Chi ha paura muore ogni giorno, chi ha coraggio muore una volta sola”). Sperava Gino Strada e continuano a sperare coloro che portano avanti la sua opera. Spera il direttore del carcere, quando non rinuncia a lavorare perché “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Così recita l’Art 27 della Costituzio- ne, scritta da gente che sperava. Spera l’insegnante, che ogni giorno si rimbocca le maniche ed entra in classe col sorriso, per trasmettere ai ragazzi la cultura, i valori, la bellezza, cose sempre nuove da scoprire, convinto che, quando, diventeranno cittadini, potranno contribuire a cambiare il mondo. Spera il prete, che non si ferma di fronte agli insuccessi, ma animato dalla fede annuncia il Vangelo “a tempo e fuori tempo” e lo testimonia con l’amore, perché sa che lo Spirito può far nascere figli di Dio anche dalle pietre. Spera il povero che si imbarca su uno scafo scassato, perché sogna un paese accogliente oltremare, dove lavorare, farsi un destino più bello, aiutare da lontano i vecchi genitori rimasti al villaggio. Sono uomini e donne con dentro “qualcosa di Enorme”, il fuoco di Dio, che vuole la vita. Hanno realizzato imprese più grandi di loro, mettendo l’amore, dove non c’è. Come una formula matematica al contrario, esso si moltiplica nella condivi- sione. Ci fa ricchi impoverendoci. Così si costruisce il Regno di Dio.
don Franco Colombini