Sotto il Campanile 7 Gennaio 2024

Pubblicato giorno 5 gennaio 2024 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

 

scarica === >  sotto il campanile 07 Gennaio 2024

 

EPIFANIA DEL SIGNORE
06 Gennaio 2024
BATTESIMO DEL SIGNORE
07 Gennaio 2024

Mi viene spontaneo alcuni momenti guardare in alto e contemplate la bellezza del cielo stellato. Mi sento piccolo, fragile, un granello di polvere sospeso nel vento dell’immenso universo e intanto una presenza amica mi avvolge di pace. I Magi hanno avuto la grazia di scorgere una stella più luminosa delle altre, l’hanno seguita, fidandosi, e sono arrivati là dove mai avrebbero pensato di arrivare. L’Oriente è il paese degli inizi.

La religione di quegli uomini saggi si è unita all’intelligenza di chi cerca l’Infinitamente Grande, che tutto spiega, e hanno osato scommettere su un Bambino, desiderando solo di poterlo incontrare, vedere, adorare. A qualcuno verrà da dire: “Tutto qui?”. Sì,  proprio tutto qui. Da quella aurora della vita di Dio dentro un Bambino prende inizio una nuova storia.

Sulle rive del Giordano avvenne lo stesso Mistero, quando Gesù si presentò a farsi battezzare da Giovanni, mettendosi in fila con i peccatori e aspettando il suo turno. Al Padre piacque tale comportamento come fosse il suo stesso agire. “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc …). Quel giorno non ci fu nulla di straordinario. Ma nel silenzio si manifestò chiara la decisione di Dio di mescolarsi col male del mondo e guidare l’umanità sulle strade dell’amore.

Abbiamo da poco lasciato alle spalle un anno di un decennio, che sta ribaltando equilibri, sicurezze, consuetudini, prospettive. La pandemia da Covid, le guerre in Ucraina e in Terra Santa con i loro riflessi militari, geopolitici, economici; l’impennata dei costi energetici e il ritorno al galoppo dell’inflazione; i sempre più incalzanti e spaventosi disastri ambientali associabili al cambiamento climatico e all’esasperante lentezza con cui i centri di potere mettono in agenda misure concrete di mitigazione;

la fuga inarrestabile dai paesi martoriati dai conflitti e dalle povertà; i recentissimi e devastanti terremoti in Turchia-Siria, Marocco, Afghanistan; la violenza omicida in continuo crescendo: ciascuno di questi eventi basterebbe da solo a riempire di angoscia un intero decennio e invece ce li siamo ritrovati addosso tutti insieme in un solo triennio.

Di fronte a un panorama tanto cupo come non essere tentati di sconforto e rassegnazione? Quello che non bisogna fare è cedere alla logica dell’emergenza, come se gli accadimenti, che ci troviamo a fronteggiare, fossero castighi inflitti agli uomini da Dio, dal Caso, dal Destino, dalla Natura a seconda delle credenze.

Questi mali vengono da lontano. Affondano le radici in cattive politiche, in modelli economici e sociali escludenti, in relazioni tra Stati non improntati al primato della pace, in pratiche di consumo e produzioni non sostenibili. Per fortuna al cristiano – ma anche a ogni uomo e donna di buona volontà – non manca un principio di speranza, inestinguibile, resistente anche ai rovesci più inaspettati e sanguinosi. È possibile cambiare.

La storia di questi anni ci riserva sfide aspre ma anche l’opportunità di continuare ad affermare che un mondo più giusto, più fraterno, più pacificato, in definitiva più umano è possibile. Gesù ha indicato la strada. I Magi l’hanno percorsa. Ora tocca a noi. Come ha fatto Angelo C. Mi ha colpito con quanta delicatezza d’animo e sentimento ha costruito il suo presepe. La stessa umanità dovrebbe vibrarci nel cuore mentre ci accingiamo a deporre il nostro nell’attesa del prossimo Natale.

QUEL VECCHIO PRESEPE
Se le statuine del mio presepe potessero parlare ne avrebbero di cose da dire! Ogni volta che le vedo, riaffiorano ricordi e immagini dei momenti lieti vissuti in famiglia; ritorno un po’ il bambino fremente in attesa del Natale, dei dolci e dei piccoli regali; rivedo mio padre e mia madre abbellire la casa e sorridere di più. Emergono anche i ricordi di altri tempi, di quando i miei figli erano delle piccole pesti e di quando era ancora in vita mia moglie.

Mi sembra di sentire dalla cucina la sua voce cantare e il profumo dei biscotti alle mandorle. Cerco di scacciare la malinconia. Ogni anno in questo periodo tiro giù la cassa natalizia dalla soffitta, ne spazzo via la polvere, con attenzione estraggo i diversi personaggi di terracotta dagli involucri di carta, giornali di epoche passate, risalgono agli anni ’70-’80, ma mi dispiace buttarli via; c’è anche qualche ritaglio della Gazzetta dello sport quando il calcio era un gran bel gioco. Porto, aiutato da mio figlio, il tavolo vicino alla finestra e preparo lì sopra il terreno dove mettere le statuine: il muschio fresco, verde e profumato del bosco per le pecore, la sabbia per indicare ai pastori il percorso verso la grotta.

La stella cometa invece la metto già là, pronta e luminosa. Gesù deve ancora nascere e lo lascio nella scatolina fino alla vigilia di Natale. Le statuine del mio presepe hanno la loro veneranda, anzi di più, venerandissima età. A memoria d’uomo appartenevano a un vecchio cugino di mia madre, e io adesso ho più di 80 anni. Indicativamente originarie della Grecia salentina ne rispecchiano i colori, i lineamenti e l’abbondanza delle prelibatezze che vogliono portare a Maria, a Giuseppe e al piccolo Neonato.

Così, seppur riprendendo la scena evangelica di Betlemme, ecco la casalinga portare una bella ciotola con tante polpette, il pastore con i formaggi di capra e il latte, altri con il pane di grano duro appena cotto, dei giovani con degli agnellini sulle spalle. Donano i frutti della terra e del lavoro con generosità, senza calcolo, e la sacra Famiglia sembra proprio appezzare questi regali autentici e quei volti stanchi ma sereni.

Certo, anche per le statuine l’età si fa un po’ sentire, a una pecora la lana è diventata gialla, il grembiule della massaia scolorito, un pastore è rimasto senza una gamba ed è costretto al riposo, a un altro manca un braccio, anche un angelo è senza un’ala. Fanno parte della storia anche i piccoli incidenti casalinghi, ma non per questo il mio presepe è meno bello. Se le statuine del mio presepe potessero parlare ne avrebbero di cose da dire! Quante voci, quante storie avranno udito, da quante mani saranno state toccate con cura, quanti bambini e adulti avranno fatto felici. Potrebbe sembrare poca cosa un semplice e vecchio presepe, ma sono tante le emozioni e lo stupore che dopo tanti anni mi fa ancora provare.
don Franco Colombini