Sotto il Campanile 8 dicembre 2019

Pubblicato giorno 7 dicembre 2019 - Avvisi, NOTIZIARIO

 

 

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IV Domenica di Avvento

08 Dicembre 2019 – Foglio n. 90

Osanna al Figlio di Davide!

Tutti conosciamo il racconto dell’Annunciazione.

È uno dei più belli, che anticipa la dolcezza del Natale.

Lo sappiamo quasi a memoria. Eppure ogni volta che lo leggiamo è come se fosse la prima. Desta sempre meraviglia, suscita stupore, immerge nella serenità della pace. L’arcangelo Gabriele va a Nazareth, nella casa di una ragazza ebrea, di nome Maria, e le porta un annuncio sconvolgente, grandioso. Le comunica un progetto inconcepibile, al di là di ogni attesa: Dio l’ha scelta per essere mamma, non di un bambino come tutti gli altri (e già questo è un evento portentoso!), ma del Figlio di Dio. Come non turbarsi? Nella sua mente si affollano tante domande.

Il cuore le scoppia dentro: “Come lo dirò a Giuseppe? Dove troverò il coraggio di parlarne ai genitori? Che cosa dirà la gente?”. A Dio che chiama, bisogna dare una risposta. Maria dice di sì. Si fida. Ignora il futuro. Non chiede garanzie. La sua fede è certa. La storia, le persone incontrate, le esperienze vissute le daranno le risposte per comprendere il suo disegno. La disponibilità di Maria ha permesso il realizzarsi del desiderio di Dio di incontrare l’uomo, di farsi carne per essergli vicino, di volergli bene più della propria vita.

Qualcosa di grande sta per iniziare. Niente può fermare la follia dell’Amore. Maria lo sa. Non si tira indietro. Guarda lontano, custodendo il Mistero nel silenzio del cuore. Grazie, Maria, per il tuo sì pieno, trepidante. Grazie, perché hai creduto. Grazie, perché hai sperimentato la tenerezza di Dio e l’hai riversata su di noi. Grazie, perché ci comunichi la gioia di sentirci cercati, di essere unici e importanti per il Signore. Grazie, perché ci insegni a rispondere: “Sì, avvenga secondo la tua parola”. In questi giorni di vigilia appaiono vistosi i segni del Natale: festoni, abeti, luci colorate, neve finta spruzzata sulle vetrine, addobbi, slitte, Babbi Natale, musiche, zampogne, … , non un’immagine di Gesù Bambino o della Sacra Famiglia. Solo nelle chiese. Qualche parrocchia ben organizzata riesce ad allestire il presepe vivente. L’altro ieri chiesi ad una coppia di amici tutta presa a stendere la lista della spesa: “Che cosa festeggiate?”. “Il Natale!”, mi risposero con convinzione. “Allora siete cristiani? Ma sapete qual è il significato di questa festa?”, insistetti. “Non proprio. Per noi è solo un’occasione di ritrovarci insieme in famiglia, scambiarci regali, dimenticare gli affanni della quotidianità, sorridere, riposare”.

La risposta mi rattristò, ma poi mi allontanai contento.“C’è ancora tanto spazio per annunciare la Buona Novella”, pensai. Oggi noi cristiani siamo un po’ disorientati. Ci troviamo di fronte a una società che vive il Natale con lo sguardo distratto. Mettiamo l’accento sul fatto che la fede ha perso terreno, la gente va poco in chiesa, i giovani stentano a credere. E dimentichiamo la cosa più importante: annunciare che Dio lascia la tranquillità del cielo e si getta nel fiume della storia come un uomo qualunque, nella povertà di una stalla, lontano dal baccano della città, distratta e opulenta. “Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14), per dirci che ci vuole bene e possiamo vincere i mali del mondo con l’amore. Non c’è tempo di lamentarsi. La Madonna non l’ha fatto. Non ha avuto paura dell’oscurità dei tempi. La luce del mondo stava per nascere proprio da lei. La freddezza dei cuori ci ricorda che c’è una splendida notizia da portare. L’entusiasmo di aver visto “un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 12) ci spinge a ritornare sulle strade e raccontare che Gesù ci viene a cercare con il dono della pace. Desidera instaurare una convivenza fraterna. Ci promette una casa dove non ci sarà più né lutto, né morte, né lamento, né affanno (cfr Apc 21, 4). E tutto tornerà a brillare nella luce di una nuova terra e sotto un nuovo cielo” (cfr Apc 21, 1).

Ricordo con commozione l’attesa del Natale a casa mia. Sento ancora la voce della nonna cantare in dialetto la ninna nanna a noi bambini, prima di chiudere gli occhi al sonno della notte. L’aveva imparata nelle stalle nelle rigide sere invernali. La mamma ci rimboccava le coperte, accarezzandoci con un’ultima preghiera. Ci addormentavamo con la gioia che ci scoppiava dentro, aspettando la visita di Gesù Bambino, contando i giorni e le ore. Proprio come ha fatto Maria. Natale spalanca a orizzonti infiniti, sorprendenti, luminosi, pieni di pace. Agli uomini di oggi, fragili e vulnerabili nella loro autosufficienza, dobbiamo annunciare Cristo “in dialetto”, con l’allegria dei piccoli, la semplicità della gente umile, la forza dei profeti, facendoci “tutto a tutti”. Senza tentennamenti, né paure, entusiasti, padroni di niente. Coscienti solo di essere “servi inutili”, che hanno avuto la grazia immensa di aver conosciuto Dio. L‘invito di Isaia risuona oggi attuale più che mai per noi: “Sali su un alto monte …, alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio!” (40, 9). E in coro sentiremo rispondere:

“Osanna al Figlio di Davide! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!”(Mt 21, 9).

don Franco Colombini