Sotto il Campanile 9 Aprile 2023 – Pasqua

Pubblicato giorno 5 aprile 2023 - Avvisi, In home page, NOTIZIARIO

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Domenica di Pasqua

09 Aprile 2023 –Foglio n. 220

“Questo è il giorno che ha fatto il Signore; rallegriamoci e in esso esultiamo”

 

È Pasqua! Quel Gesù, che gli uomini condannarono a morte sulla croce, è vivo, è qui, è in mezzo a noi. Questa notizia strepitosa risuona ancora oggi in ogni angolo della terra. Corre su tutte le strade del mondo, mentre il nostro cuore si riempie di speranza e il volto si illumina di gioia. Spesso gli eventi dolorosi della vita ci portano dalla parte di Maria di Magdala, una donna sconsolata, schiacciata dal peso del dolore, alla ricerca di un perché senza risposta. Non la convinsero gli angeli, neppure lo sconosciuto, scambiato per il guardiano del giardino. Quando poi s’accorse che la pietra del sepolcro era stata rovesciata e lo vide vuoto, fu sopraffatta dall’angoscia, divorata da una tristezza infinita.

Davanti alla morte di Dio e al suo silenzio, cadono le speranze, si è assaliti dalla paura, avvolti dall’oscurità del non senso e delle ostilità, persi nelle acque infide del male, condannati a scomparire nel niente. Quando l’uomo rientra in se stesso, trema, si interroga, cerca disperatamente un appiglio a cui aggrapparsi. C’è una frase che mi è rimasta impressa, quando il curato di Torcy dice al giovane curato di campagna nell’omonimo romanzo di Georges Bernanos: “Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste”. L’uomo da sempre attende che il Signore gli parli.

Il profeta Elia, stanco di soffrire, fuggì nel deserto e si nascose sul Sinai. Aspettava una risposta. Consapevole della sua debolezza, invocava una forza dall’alto per tornare a combattere contro le ingiustizie e le apostasie. Forse si aspettava che il Signore si presentasse “nel vento impetuoso e gagliardo, capace di spaccare i monti e di infrangere le rocce. E invece il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu una folgore, ma il Signore non era neppure nella folgore” (1 Re 19, 11-12). È alla fine che accadde la grande sorpresa: “Una voce di silenzio sottile”.

Il vero Dio non appare nel clamore, nella vendetta, nel frastuono di una potenza faraonica. Si rivela nella quiete, nella costanza paziente, nell’umiltà, nel sussurro di una voce amica, che chiama per nome: “Maria!” Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì”, che significa “Maestro!” (Gv 20, 16), mentre il cuore le sobbalzava dentro.  Da quel mattino Gesù sbuca da tutte le parti. I discepoli lo videro ovunque. Provarono la gioia di una amicizia ritrovata, una pienezza d’amore, che scaldava il cuore e non li abbandona più. Divennero intrepidi, coraggiosi. Osarono annunciare ciò a cui nessuno avrebbe mai creduto: un uomo se ne è andato per sempre dal sepolcro che lo rinchiudeva. Subirono persecuzioni e violenze, ma la loro voce si alzò sempre più forte, sicuri di una promessa: “Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Gerusalemme, la Città Santa, fu l’ultima tappa conclusiva di un lungo viaggio in Terra Santa. Da ogni direzione si provenga, Gerusalemme invita a salire alle sue alture per contemplare il mistero, che custodisce, perché da Sion “bellezza perfetta, Dio risplende” (Sal 50, 2). Quella mattina, piena di sole, mi vennero incontro una luce chiara e un profumo ineffabile, quasi a stringermi in un abbraccio simile a quello di una madre, quando si avvicina e dice: “Bentornato a casa”! Sentii la Sua voce sottile. Riconobbi nel cuore il dono di un Amore vivo, che mi rigenerava, mi faceva star bene, ravvivava gli orizzonti stanchi prossimi a imprigionare e spegnere lo Spirito. Salire a Gerusalemme fu fare Pasqua! Percorsi la Via dolorosa fino al Calvario. Mi inginocchiai in silenzio e affondai le mani dentro la roccia per toccare il dramma e la gloria di quella croce conficcata nel grembo della terra. Il cuore mi batteva forte per l’intensa emozione e lo Spirito mi suggeriva uno sguardo nuovo sulla vita. Nel Crocifisso contemplai il volto di Dio e la mia pochezza. Capii che cosa significa: “Amare da morire”. Ricordai le parole del Cardinale Martini: “Gesù non ha inventato la croce. L’ha trovata anche lui sul proprio cammino, come ogni uomo.

La novità che egli ha introdotto è stata quella di mettere nella croce un germe di amore”. Scesi ed entrai nel sepolcro vuoto. Pochi passi ma decisivi per la mia fede. Baciai la lastra dove fu adagiato il corpo di Gesù. Mi stesi a prenderla in me e a immedesimarmi in Colui che si è donato e la morte non ha trattenuto. La luce brillava nel mistero di quell’assenza e della Parola che la spiegava: “È risorto, non è qui” (Mc 16, 6). Avrei voluto rimanere, sostare a lungo, mettere una tenda. La Sua voce mi chiamava di nuovo e mi inviava.

Ero pronto a fare ritorno alla mia terra con un cuore rinnovato, riconsegnato alla Vita. Avevo fatto Pasqua! . “La risurrezione non è una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali”, così scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Sono ancora tanti i testimoni del Risorto. Il mondo ne è pieno. Sono coloro che sanno ricucire la speranza, distribuiscono bagliori di luce e sprazzi di grazia, non si spaventano delle debolezze, non si approfittano dei limiti umani, raccolgono il pianto dei poveri, si chinano sulle ferite di chi incontrano per strada, si fanno fratelli e sorelle su ogni cammino. In attesa della liberazione definitiva. Anch’io vorrei essere uno di loro, un segno del Risorto.

Buona Pasqua

don Franco Colombini